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Nel sito dell’American Mathematical Society c’è il blog “On Teaching and Learning Mathematics” che propone spesso post sulla didattica della matematica. Nel mese di settembre due degli editors del blog, Paul Goldenberg e Al Cuoco, hanno proposto un’interessante riflessione sulla formazione degli insegnanti. La riproponiamo qui con il consenso degli autori e del blog nella traduzione di Elena Toscano (supervisione e revisione di Anna Baccaglini-Frank). Il post originale lo trovate a questo link

Il contenuto è essenziale; e altrettanto lo sono le strategie del mestiere di insegnare; ma c’è di più. Si dice spesso che «molti insegnanti della primaria non conoscono veramente il contenuto; che quello che “conoscono” non lo capiscono veramente; spesso non si rendono conto che c’è qualcosa da capire».

Per quanto questo possa avere un fondo di verità, pensiamo che questa caratterizzazione degli insegnanti della primaria dia un’indicazione sbagliata. Non esiste da nessuna parte un insegnante di scuola materna che non sappia contare, addizionare e sottrarre, che è la maggior parte di ciò che i bambini della sua classe incontreranno durante l’anno. E se l’insegnante non è sicuro del nome di una particolare forma geometrica, alla fine incide poco nel complesso di ciò che conta per l’insegnamento. La mancanza di informazioni matematiche – anche la mancanza di comprensione del perché determinati algoritmi funzionino – non è il maggiore ostacolo nel percorso dei primi gradi di istruzione. Il rimedio potrebbe coinvolgere più corsi di matematica, in particolare la matematica che insegneranno, ma riteniamo che la questione chiave non sia sapere di più, ma sapere in modo diverso, anche per gli insegnanti delle scuole secondarie.

A nostro parere, ciò che danneggia maggiormente l’insegnamento della matematica nella primaria – e che danneggia anche l’insegnamento superiore – sono alcuni casi in cui gli insegnanti conoscono “troppa” matematica senza un’idea moderatrice di cosa sia il fare matematica e di cosa non insegnare. Daremo due esempi, uno di quarta elementare e uno di algebra del primo anno delle superiori, per illustrare cosa intendiamo.

Quarta elementare. Nell’arco di alcuni anni e in diverse scuole abbiamo assistito alla presentazione da parte di molti insegnanti di quarta elementare dell’esercizio 7×(▢+O)=56, che nel loro programma si utilizza come problema di riscaldamento di due minuti prima di un’unità che introduce la proprietà distributiva che gli studenti applicheranno alla moltiplicazione di numeri a più cifre. Ogni volta abbiamo visto che molti bambini hanno sparato che (▢+O) doveva essere 8 non appena hanno visto il problema, contenti di far vedere che conoscevano il risultato della moltiplicazione 7×8. Lo scopo del problema, in quel contesto, era semplicemente che i bambini riconoscessero che l’8 potrebbe essere la somma di due numeri e far emergere le diverse possibilità per ▢ e O. In questa fase introduttiva, anche verificare che se (▢+O) è 8, allora (7×▢)+(7×O) avrebbe dato ancora 56, sarebbe eccessivo perché questo è esattamente il lavoro che gli studenti farebbero da soli. Eppure, tutti gli insegnanti hanno sentito il bisogno non solo di sottolinearlo subito, prima che l’unità iniziasse, ma anche di immergersi nella terminologia e in altre formalità.

Facendo riferimento al e O, diversi insegnanti hanno posto domande come «Cosa pensi che significhi “variabile”?» anche se il termine non viene utilizzato in nessun punto della lezione. I bambini generalmente non ne avevano idea. Alcuni insegnanti hanno quindi definito la variabile come «una lettera, per esempio x, che rappresenta un numero», anche se e O non sono lettere! Perché?! Gli insegnanti hanno riconosciuto qualcosa che loro sapevano e si sono sentiti in dovere di insegnare ai bambini il “modo giusto”. Un insegnante ha scritto come giustificazione per l’8 che i bambini avevano già tirato fuori. Un insegnante ha creato una tabella per mostrare come i valori per e O “dovrebbero” essere registrati. E dopo che i bambini avevano offerto alcune possibilità per e O, quello stesso insegnante ha impiegato del tempo extra per dire che 4 + 4 – che nessun bambino aveva suggerito – «non sarebbe stato corretto perché allora l’equazione avrebbe dovuto essere scritta con due quadrati o due cerchi».

L’ultima affermazione è sbagliata ovviamente, ma il problema principale, a nostro avviso, non è l’errore dell’insegnante, ma l’apparente sensazione dell’insegnante, comune a tutte le osservazioni che abbiamo fatto su questo problema (e ad un vasto numero di altre osservazioni di altri insegnamenti), che tutto ciò che l’insegnante conosce sull’argomento viene considerato rilevante in quel momento. Gli insegnanti devono sapere cosa (e quando) non insegnare.

Gli insegnanti devono sapere cosa (e quando) non insegnare.

Naturalmente, le buone pratiche di insegnamento implicano la ricerca di opportunità di apprendimento, a volte implicano anche sviscerare un problema più di quanto non appaia in superficie, ma parte della preparazione matematica degli insegnanti a tutti i livelli deve includere modi per decidere quando non fare: cosa non è rilevante in un determinato momento, o è essenzialmente una deviazione che, nella migliore delle ipotesi, distoglierà l’attenzione da un’idea importante e, nel peggiore dei casi, non significherà nulla per gli studenti. «Una lettera, per esempio x, che rappresenta un numero» era certamente uno di questi; non era necessario e non chiariva nulla. Lo scopo del problema era quello di gettare le basi per un’idea matematica chiave: una proprietà di moltiplicazione che i bambini di nove anni avrebbero prima esplorato, poi applicato, e solo dopo formalizzato per estendere la loro capacità di moltiplicare. La digressione sovverte (perverte!) la matematica. Peggio ancora, poiché tutto è diventato senza senso, gli studenti possono convincersi del fatto che la comprensione non sia né necessaria né, forse, nemmeno possibile per loro. Al contrario, quando agli studenti viene dato prima il tempo di consolidare un’idea, dare un nome all’idea in un secondo tempo diventa utile, perché li aiuta a parlarne e persino a vedere che l’idea è abbastanza importante da meritare un nome. Iniziare lezioni di matematica con la terminologia e la notazione sembra una prassi quasi universale, anche tra insegnanti che conoscono, in base ai loro principi pedagogici relativi alle arti linguistiche, che il vocabolario si apprende meglio se contestualizzato. E gli insegnanti di matematica della scuola primaria (e spesso delle superiori) sembrano non distinguere convenzioni e vocabolario da ciò che può essere argomentato o compreso. Abbiamo visto che mostrare che 7×(+O)=56 e chiedere «che cosa puoi dire?» incoraggia il pensiero vivace e la partecipazione anche se si tratta di notazione, perché la sua forma consente ai bambini di fare ipotesi ragionevoli al riguardo. D’altra parte, chiedere «cosa pensi che significhi variabile?» spegne il pensiero logico. Non c’è contesto. I bambini che sanno cosa vuol dire variare potrebbero concepire un pensiero ragionevole, rilevante o no, ma per questi alunni di quarta elementare variabile potrebbe significare qualsiasi cosa. Vocabolario e convenzioni sono necessari per la chiarezza e la precisione della comunicazione, ma la matematica è qualcos’altro: è la logica e la propensione a risolvere un problema e capirlo piuttosto che la disposizione a trattare ogni problema come qualcosa per il quale si deve prima insegnare regola o procedura risolutiva. Quando l’apprendimento della terminologia e delle formule diventa il fulcro dell’educazione matematica, i bambini si allontanano dalle abilità di cui hanno bisogno per essere matematici e non sviluppano fiducia nelle proprie capacità matematiche. Questo perché le persone possono risolvere i problemi con la matematica, ma come le cose vengono chiamate o come vengono indicate è una convenzione e non può essere “immaginato”. I bambini che affermano di «non essere bravi in matematica» probabilmente non hanno visto la matematica come un esercizio di logica e ragionamento, e probabilmente non hanno avuto abbastanza opportunità di vedere quanto possono essere bravi in questo. I lettori di un blog AMS (N.d.T.: e di MaddMaths! ovviamente) sanno che memorizzare il vocabolario e le formule, sebbene possa essere utile, ha poco a che fare con l’attitudine alla matematica, ma molti insegnanti sono stati preparati a pensare diversamente e quindi a sottolineare terminologia e notazione all’inizio di ogni lezione, dando agli studenti l’idea falsa e spesso distruttiva che quella sia la matematica. A nostro avviso, la soluzione di questo particolare problema con l’insegnamento elementare non consiste nel far sì che gli insegnanti imparino più contenuti matematici, ma che cambino la loro percezione di ciò che la matematica è – il loro senso di come funziona la disciplina – rimanendo per lo più all’interno dei contenuti che già conoscono o che una volta hanno conosciuto. Ad esempio, quanti insegnanti di quarta elementare fanno fare ai loro studenti ricerche (appropriate all’età) per trovare regolarità nei fatti moltiplicativi?

Ecco un modello particolarmente sorprendente che la maggior parte degli insegnanti non ha mai visto. Presentare un argomento agli studenti può essere fatto completamente in silenzio, senza “spiegare”. Sulla linea dei numeri, si sceglie un singolo numero, per esempio 4, si disegnano due frecce verso l’alto a partire da esso e si scrive 16, quindi due frecce dai suoi vicini 3 e 5 e il prodotto 15. Quindi si avvia il processo da un altro numero (ad es. 3), scrivendo il quadrato 9, disegnando le frecce vicine e lasciando che gli studenti dicano che il loro prodotto è 8. Se gli studenti hanno bisogno di un altro esempio per “capire” quello che stai facendo, si dà il risultato di 8 e si inizia una nuova coppia (ad esempio, 6) lasciando dire i numeri agli studenti. Si continua finché i bambini non saltellano su e giù entusiasti di descrivere la regolarità che vedono.

Quindi si suggeriscono nuovi progetti di ricerca che i bambini possano provare da soli. Ad esempio, cosa succede se la coppia esterna di frecce viene disegnata dai vicini che si trovano a due spazi di distanza dal numero originale (quadrato)? Oppure, se la coppia interna di frecce non proviene da un singolo numero (facendone il quadrato) ma proviene da numeri adiacenti (ad esempio 3 e 4) e la coppia esterna proviene dai loro vicini esterni più vicini (ad esempio 2 e 5)? Queste regolarità sono valide con numeri negativi? Quali regolarità vediamo se la linea è numerata con numeri dispari consecutivi? Quadrati consecutivi? Numeri consecutivi di Fibonacci? Gli studenti fanno un sacco di “esercizi” facendo progetti di ricerca come questo e inoltre hanno l’opportunità di descrivere ciò che vedono.

Per gli insegnanti in formazione, questo è un esempio di cosa significhi fare matematica in un territorio che già conoscono. Ce ne sono molti altri. Per gli insegnanti in servizio, ciò offre davvero l’opportunità di sviluppare nuove idee, termini e notazioni matematiche ma, se l’obiettivo del periodo di formazione degli insegnanti viene visto come “più matematica da conoscere” piuttosto che come fare matematica (ricerca, porre problemi, lavorarci sopra per trovare risultati), ricadiamo nelle problematiche che vediamo così spesso in classe. La formazione degli insegnanti non può ignorare i contenuti, ma non può riguardare solo i contenuti; deve trattarsi di modi di pensare matematici, usando i contenuti come opportunità per mediare tali modi di pensare. Gli studenti vedranno la matematica come la vedono i loro insegnanti. Ciò, a sua volta, è influenzato dall’esperienza della matematica che gli insegnanti fanno durante la loro formazione. Sebbene i programmi scolastici influenzino anche l’immagine della matematica degli studenti, gli insegnanti sono fondamentali.

Scuola superiore. Abbiamo osservato una lezione sulla rappresentazione grafica delle equazioni lineari usando il metodo “pendenza-intercetta “. Per i lettori al di fuori della cultura della scuola media e superiore, ciò significa trasformare qualsiasi equazione nella forma y=mx+b e, grazie a questo, produrre il grafico. Esiste, ovviamente, un metodo ragionevole e semplice per rappresentare graficamente un’equazione come 2x+3y=9 ma in quel caso l’obiettivo dell’insegnante era il metodo “pendenza-intercetta”. Così gli studenti hanno trasformato l’equazione in y=(–2/3)x+3. Dopo di che viene utilizzata una procedura in 3 passi: (a) sali di 3 unità lungo l’asse y e mettere un punto; (b) da qui, vai a destra di 3 unità e giù di 2, e metti un punto; (c) collega i due punti. La maggior parte dei ragazzi ha seguito la procedura e ha prodotto il grafico corretto. In un secondo momento, l’osservatore ha chiesto a uno studente se il punto di coordinate (1, 2.5) fosse sul grafico. Il ragazzo sembrava perplesso, lo ha tracciato e ha detto che sembrava che (1, 2.5) fosse sul grafico. Quando è stato chiesto se (300, -595) fosse sul grafico, il ragazzo non aveva idea di come fare a dirlo: era fuori dal foglio. Abbiamo visto questo fenomeno nella maggior parte delle classi. Per molti studenti, y=(–2/3)x+3 è una specie di codice; da esso si ottengono tre numeri (-2, 3 e 3) e li si utilizza per produrre un disegno. Manca del tutto l’idea di determinare se un punto si trova su un grafico testando se le sue coordinate soddisfino l’equazione del grafico. Le valutazioni non hanno rilevato questo errore perché, data un’equazione, gli studenti potevano trasformarla nella forma pendenza-intercetta e produrre un grafico corretto. L’obiettivo era la procedura, quindi la lacuna nella comprensione degli studenti è rimasto nascosto.

Questo esempio potrebbe sembrare semplicemente strano per molti lettori, ma questo genere di cose succede spesso nelle classi superiori. Esiste il “metodo della scatola” per formulare equazioni che modellizzano i problemi dati da un testo, un altro metodo della scatola per fattorizzare trinomi di secondo grado, il metodo “scambia x e y e risolvi in y” per invertire le funzioni e una miriade di altri metodi e terminologie per scopi speciali che non esistono proprio e non hanno alcuna utilità al di fuori della scuola. Si notino i parallelismi con l’esempio di quarta elementare. In entrambi i casi nell’insegnamento l’enfasi è stata posta sulla forma, su un modo particolare di scrivere e fare il problema, non su ciò che il problema significasse, cosa alla quale in quarta elementare sarebbero potuti arrivare naturalmente e velocemente, così come anche i liceali.

Cosa possiamo imparare da questo? Parte della formazione matematica degli insegnanti deve includere una comprensione dei risultati e delle metodologie fondamentali legati a specifici contenuti descritti negli standard ministeriali. Manca, tuttavia, l’aspetto della matematica che coinvolge ricerca, gioco, sperimentazione, attribuzione di significati e ragionamento. La matematica non riguarda quanto si sa, ma quanto si riesce a capire con quello che si sa. Il problema che illustrano queste storie non è solo ciò che manca, ma ciò che c’è – una visione della matematica che la maggior parte dei professionisti della matematica non riconoscerebbe. Hung-Hsi Wu [1 ]Ad esempio, Wu, Hung-Hsi. 2015. Textbook School Mathematics and the preparation of mathematics teachers https://math.berkeley.edu/~wu/Stony_Brook_2014.pdf Visto il 15 settembre 2019. ha scritto di “libri curriculari di matematica” come di un dialetto della disciplina che vive soltanto nei programmi pre-universitari.

La matematica non riguarda quanto si sa, ma quanto si riesce a capire con quello che si sa.

La critica principale di Wu è la mancanza di precisione, definizioni sciatte (o mancanti), assenza di sequenze logiche e distinzioni mancanti tra ipotesi (di nuovo, mal formulate) e risultati che ne derivano. Ma qual è il modo migliore per riparare a questi difetti? In molte classi che tentano di rimediare a queste carenze, la pratica attuale è quella di focalizzare l’istruzione sul vocabolario e sulla memorizzazione di forme e formule all’inizio, per insegnare senza prima (o forse mai) consentire agli studenti di costruire il senso matematico della logica sottesa. Questa pratica è destinata al fallimento. Wu chiede di ridurre il “deficit di conoscenza dei contenuti degli insegnanti”, per rimanere “coerenti con i principi fondamentali della matematica (PFM)”. Saremmo d’accordo, ma i suoi PFM si prestano ad essere interpretati male, consentendo agli insegnanti universitari che si occupano di formazione insegnanti di concludere che ciò conferma quanto hanno sempre fatto. I PFM di Wu iniziano con “ogni concetto ha una definizione”, il che è diverso dall’affermazione secondo cui l’insegnamento deve iniziare in questo modo. Ma è facile interpretarlo come tale.

Per noi, le storie di classe che abbiamo presentato illustrano qualcosa di più profondo e fondamentale della “piattezza” che innalza la convenzione allo stesso livello di importanza delle questioni relative alla sostanza matematica. E riguardano solo in parte i possibili deficit nella conoscenza dei contenuti. Ciò che illustrano è la mancanza di prospettiva secondo cui imparare la matematica significa sviluppare una collezione di pratiche che aiutano a immaginare cosa fare quando non si sa cosa fare, sviluppando le attitudini mentali che sono alla base della competenza flessibile nella disciplina. Questi esempi in classe trattano la matematica come una raccolta di metodi speciali che consentono di eseguire compiti specifici che sono i callistenici – gli esercizi con le dita – della matematica. La pratica è preziosa per la padronanza in qualsiasi campo, ma l’esercizio fisico fine a se stesso produce risultati muscolari che possono ostacolare le prestazioni. Saper trasformare un’equazione nella sua forma canonica è un’abilità importante, sviluppata al meglio attraverso l’esercizio orchestrato. Ma sapere quando usare una forma particolare è molto più vicino a ciò che riguarda la matematica. Più in generale, è il fare matematica che offre alle persone una comprensione della disciplina. Imparare fatti e procedure risolutive matematiche è assolutamente essenziale ma, di per sé, costruisce una visione dell’argomento che enfatizza il raggiungimento di una forma particolare piuttosto che comprendere la connessione tra un’equazione e il suo grafico. Di per sé, eleva ciò che si sa rispetto a ciò che si può capire. È una forzatura rintracciare le radici di tali storie nella formazione degli insegnanti? Noi non la pensiamo così. Certo, ci sono in gioco altre forze – curricula, pressioni per gli esami, condizioni di lavoro opprimenti, tradizioni scolastiche. Ma una preparazione matematica che si concentri sul fare e sull’apprendimento della matematica darebbe ai futuri insegnanti alcuni strumenti per superare i nonsense scolastici comuni nei curricula in commercio, per preparare gli studenti agli esami di stato immergendoli nella vera matematica e per minimizzare il disordine nei programmi distrettuali in modo che ci sia tempo per concentrarsi su ciò che è veramente importante. Ciò non significa ignorare i programmi del distretto – spesso un insegnante non può. Invece, si potrebbe cercare un contesto matematico, argomento o attività di autentico valore intellettuale come luogo per mettere alcune cose in discussione. Gli educatori degli insegnanti potrebbero esaminare seriamente i curricula scolastici, riflettere intensamente su come preparare gli insegnanti a trovare la matematica all’interno o dietro i termini o metodi solo scolastici come “il metodo della scatola” per qualche cosa, o termini idiosincrasici o specifici del curriculum come “amici del numero” o termini come “numeri amichevoli” che in effetti hanno una definizione matematica, ma compaiono a scuola con significati completamente scollegati. I bambini e gli insegnanti li sentiranno a scuola e a volte potrebbero persino essere utili a scuola, ma solo a scuola e non verranno mai usati al di fuori della scuola. Gli educatori potrebbero aiutare gli insegnanti a imparare come realizzare attività di ricerca adeguate all’età che rispettino i vincoli e i requisiti sul contenuto, ma che aiutino i bambini a sperimentare il fare matematica. Un modo è quello di offrire agli stessi futuri insegnanti tali esperienze di matematica. Gli insegnanti sanno che ciò che apprezzano viene comunicato ai loro studenti. Quando gli insegnanti arrivano a comprendere e valorizzare il vero significato della matematica, comunicano questa attenzione agli studenti anche quando la lezione di un giorno particolare deve riguardare “ciò che devi sapere per gli esami”.

Paul Goldenberg e Al Cuoco,
traduzione di Elena Toscano (supervisione e revisione di Anna Baccaglini-Frank)

Anna Baccaglini-Frank

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Note e riferimenti

Note e riferimenti
1 Ad esempio, Wu, Hung-Hsi. 2015. Textbook School Mathematics and the preparation of mathematics teachers https://math.berkeley.edu/~wu/Stony_Brook_2014.pdf Visto il 15 settembre 2019.
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