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La teoria della relatività generale è (oggi) la teoria standard del campo gravitazionale e il 14 settembre 2015 si è avuta una clamorosa conferma di questa teoria con l’osservazione delle onde gravitazionali. Donato Bini dell’IAC-CNR ha lavorato con il grande fisico-matematico francese Thibault Damour al modello matematico che ha permesso di validare in modo matematico questa scoperta. Dopo una breve introduzione al problema, e il racconto della sua storia personale, Donato ci propone una piccola intervista allo stesso Damour. Attenzione, alcuni passaggi sono solo per addetti ai lavori, forse, ma valeva la pena di arrivare in fondo per scoprire dova sta andando la nuova fisica.

di Donato Bini

La teoria della relatività generale è (oggi) la teoria standard del campo gravitazionale. È stata formulata da Albert Einstein nel 1915 e finora ha ricevuto diverse importanti conferme sperimentali; tra queste, storicamente, la deflessione dei raggi di luce da parte di oggetti massivi e l’avanzamento del perielio di Mercurio, già osservati dopo pochi anni dalla sua formulazione. Si tratta ovviamente di una teoria fisica, condizionata come tutte le teorie fisiche dal “perfetto riscontro” galileiano con i dati osservativi, per la cui formulazione lo stesso Einstein è dovuto ricorrere a una matematica nuova per i suoi tempi, e cioè al calcolo differenziale assoluto di Levi-Civita, Bianchi ed altri.

L’evento osservato dai due interferometri di LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) il 14 Settembre 2015 riguarda l’interazione gravitazionale di due buchi neri molto massivi (rispettivamente 36 e 29 masse solari circa) che, a seguito di un processo di coalescenza, si fondono a dare un nuovo buco nero di 62 masse solari circa. La massa mancante al bilancio (circa 3 masse solari) è quella irradiata sotto forma di onde gravitazionali durante tutto il processo, ovvero il segnale osservato  dagli interferometri di LIGO.

In pratica, quando due oggetti massivi  (in questo caso due buchi neri) vengono in interazione (gravitazionale) tra loro, la teoria prevede lo sviluppo di diverse fasi: c’e’ un “inspiralling” (quando i due corpi sono ancora lontani e orbitano spiraleggiando intorno al centro di massa), un “plunge” (un “tuffarsi” l’uno sull’altro) e quindi un “merger”  (quando i due corpi sono vicinissimi e quindi sottoposti ad una azione gravitazionale  molto intensa, il più grande sta per ingoiare il più piccolo anche se ormai sono i due come entità singole sono poco distinguibili); infine c’è un “ring-down”, il momento in cui nasce un nuovo black hole, con massa un po’ minore della somma delle masse dei due buchi neri interagenti, perché nel processo parte della massa-energia disponibile è stata irradiata sotto forma di onde gravitazionali. Di fatto si ha emissione di radiazione gravitazionale durante tutto il processo. La schematizzazione di questo in diverse fasi ne permette una trattazione teorica soddisfacente. 

Per esempio, sappiamo che l’inspiralling si può descrivere con l’approssimazione PN (post-Newtoniana, correzioni ai valori Newtoniani con termini che coinvolgono potenze sempre più alte dell’inverso della velocità della luce, 1/c) del problema; il merger invece coinvolge il campo forte e quindi può essere trattato per lo più numericamente  (relatività numerica, NR); dopo il ringdown la perturbazione si spegne ovvero torna debole e si può addirittura usare la teoria delle perturbazioni standard (PT).

Dal 1999, Thibault Damour, Professore permanente all’IHES, Parigi, scienziato insignito tra gli  altri riconoscimenti  della prestigiosa Einstein Medal nel 1996, dell’Amaldi Prize nel 2010 etc., dapprima in collaborazione con A. Buonanno, attuale Direttore al Max Planck Institute for Gravitational Physics Head of the division Astrophysical and Cosmological Relativity,  e successivamente con altri collaboratori tra cui gli italiani A. Nagar ed il sottoscritto, ha introdotto un formalismo innovativo, detto effective-one-body (EOB), il cui vantaggio è  quello di poter raccogliere facilmente informazioni provenienti da altre teorie/formalismi come appunto PN, NR, PT in modo sinergico, facendole confluire sostanzialmente in una teoria di tipo campo medio. Con l’EOB il moto dei due corpi è descritto da una Hamiltoniana (effettiva) e si può seguire praticamente in tutte le diverse fasi.

Nell’Hamiltoniana EOB intervengono diversi “potenziali” gravitazionali che possono essere determinati mediante una opportuna espansione  in serie di potenze  di una variabile radiale adimensionalizzata. La sfida degli ultimi tre anni  è stata quella di determinare analiticamente tali espansioni, mediante un uso nuovo e mirato della teoria delle perturbazioni in relatività generale. Avendo avuto un ruolo in quest’ultima parte, ho anch’io una storia da raccontare. Dopo una piccola premessa…

La scuola italiana ha contribuito da sempre alla teoria della relatività generale, sia da un punto di vista teorico che sperimentale. Per i teorici, dopo Bianchi e Levi-Civita, negli anni ’60, a Roma, Carlo Cattaneo era un riferimento internazionale. Tanti si sono formati alla sua scuola. Tra questi Remo Ruffini, poi finito a  Princeton a lavorare con John Wheeler, ed un vero e proprio  “talent scout” nel senso che ha scoperto e avviato alla ricerca numerosi grandi scienziati di oggi tra cui per esempio lo stesso Damour. Per parlare di relatività generale classica in Italia, menzionerei Tullio Regge a Torino, Bruno Bertotti a Pavia, Fernando de Felice a Padova e Valeria Ferrari a Roma. Ma ci sono tanti altri…non me ne vogliano! Tra gli sperimentali, Edoardo Amaldi ha iniziato la costruzioni delle prime antenne gravitazionali (le barre), e dopo di lui Guido Pizzella, Adalberto Giazotto, etc. Per tanti anni la gravitazione è sempre stata messa in secondo piano nella fisica teorica italiana. Insomma “i particellari” cercano il quark top e lo trovano effettivamente, cercano il bosone di Higgs e lo trovano…in fisica della gravitazione non ci sono stati grandi eventi da festeggiare per tanti anni fino alla scoperta delle onde gravitazionali annunciata  qualche mese fa!

Ebbene, tanti forse meglio del sottoscritto  potrebbero a buon diritto raccontare la loro storia… io vi racconto di un  “calcolo” del 2013 fatto in collaborazione con (o meglio “sotto la guida di”) Thibault Damour, che ha aperto la strada a numerosi lavori seguenti, specifici, di settore. Sostanzialmente se si pensa ad una particella  nel campo gravitazionale di un buco nero statico, di Schwarzschild, questa perturba la metrica di base, ma la nuova metrica, buco nero più  particella, si può determinare. Concettualmente non è un problema difficile, e ci sono anche molti lavori su questo problema a partire dagli anni ’70. Riscrivere l’informazione associata alla perturbazione in un modo gauge-invariante (cioè, indipendente dal sistema di coordinate usato) numericamente si era già fatto, analiticamente mai…

In pratica, il tensore momento energia della particella è la sorgente della perturbazione indotta sulla metrica del background. Tale tensore è singolare, tipo Dirac delta, alla posizione della particella. Le equazioni di Einstein con a sorgente questo tensore (singolare) – se risolte – forniscono la metrica perturbata. Nel caso di perturbazioni di un  buco nero di Schwarzschild  sia il tensore momento-energia della particella che la metrica associata alla perturbazione si espandono in armoniche sferiche (tensoriali) separando cosi’ la “parte angolare” del problema. Ciò che resta è un’equazione radiale tipo Schrodinger non omogenea con termini di sorgente tipo Dirac delta e sue derivate. L’equazione si risolve con opportune condizioni al contorno multipolo per multipolo ed i vari (infiniti) multipoli si devono risommare.

La sommatoria è però generalmente divergente a meno che non si rimuova la sua parte singolare, cosa necessaria e tipica di processi di regolarizzazione comuni in altre branche della Fisica Teorica moderna. Chiaramente, fare delle sommatorie sugli infiniti multipoli dal punto di vista numerico significa solo fare una somma finita (diciamo un centinaio di multipoli,per il calcolo in questione) e  controllare l’errore. Dal punto di vista analitico queste somme si devono fare effettivamente, con il numero quantico l (associato al momento angolare) variabile da zero fino ad infinito. Entrando un po’ più nel merito (ma non troppo, per ovvi motivi), l’equazione radiale (omogenea) di tipo Schroedinger di cui abbiamo detto prima, è della classe di Heun. Le soluzioni che hanno le corrette condizioni  al contorno sono esprimibili con funzioni di Heun e rappresentabili analiticamente da una serie infinita di funzioni ipergeometriche a coefficienti complessi. Se si vuole una soluzione valida fino ad un certo  ordine post-Newtoniano, queste somme infinite di funzioni ipergeometriche diventano finite. Le ipergeometriche stesse si esprimono in serie di potenze e si troncano all’ordine richiesto. Con tali soluzioni (dell’equazione omogenea) utilizzando il metodo di Green si costruisce la soluzione dell’equazione completa.

Nessuna di queste soluzioni si può “scrivere” e mostrare: è tutto nella memoria dello strumento utilizzato per il calcolo simbolico (in questo caso, MapleTM). Combinando parte radiale ed angolare si somma prima sul numero quantico azimuthale m, variabile da -l ad l, e poi su l, variabile da zero ad infinito. La serie in l diverge. Nessun problema: si regolarizza rimuovendo la sua parte singolare…(analiticamente nota o calcolabile utilizzando soluzioni tipo JWKB della stessa equazione di Shroedinger). Con la metrica perturbata si forma una opportuna quantità gauge-invariante e… si arriva al risultato finale, da confrontare con la predizione di relatività numerica. Nel nostro caso, tutto questo sforzo doveva portare a determinare analiticamente una costante numericamente nota essere pari a

$$a5c_{num}=23.50190(5)$$

Il nostro risultato analitico era:

$$a5c_{th}=-4237/60+(128/5) \Gamma+(256/5) \ln{2}+(2275/512)\pi^2=23.5033892426…$$

Per la prima volta questo coefficiente veniva determinato analiticamente e mostrava una ricca struttura trascendente. Tale numero è un coefficiente del potenziale radiale principale del formalismo EOB, fondamentale per l’analisi teorica di un sistema di due corpi in interazione  gravitazionale. Poi come sempre succede non ci si accontenta, e si è passati a considerare buchi neri rotanti dove le armoniche angolari non sono più sferiche ma sferoidali, ad orbite eccentriche, a particelle con spin, a forze mareali. Insomma un numero di lavori notevole nel giro di un paio d’anni. Sono grato a  Thibault Damour! Soprattutto per avermi invitato a questa sfida, e anche a Remo Ruffini, che mi ha spinto 5 anni fa a iniziare la collaborazione con Thibault.

Per concludere, fino a prima del 14 Febbraio 2016 delle onde gravitazionali si aveva solo una evidenza indiretta (diminuzione del periodo della pulsar binaria PSR 1913+16, che ha portato al premio Nobel per Russell Alan Hulse e Joseph Hooton Taylor nel 1993). Sembrava che tutto questo sforzo teorico fosse un po’ eccessivo, perché tanto le onde gravitazionali non si facevano catturare in nessun modo! LIGO, con questa sua recente scoperta,  ha aperto una nuova finestra sulla fisica teoria del campo gravitazionale.

Di seguito, il punto di vista di  Thibault Damour, che risponde ad alcune domande sul tema.

1) Quali possono essere le conseguenze dell’osservazione delle onde gravitazionali sul paesaggio della fisica teorica moderna?

A mio avviso, l’aspetto più importante di questo evento non è la scoperta in sé, perché si era già trovata una prova indiretta dell’esistenza delle onde gravitazionali. La cosa importante è aver trovato la prima prova dell’esistenza dei buchi neri guardando direttamente la dinamica di spazio fortemente curvo che c’è intorno all’orizzonte degli eventi del buco nero finale. Il secondo aspetto di fondamentale importanza è l’apertura di un’astronomia delle onde gravitazionali, con la buona notizia che ci sono più segnali di buchi neri binari in coalescenza del previsto. Questa scoperta potrebbe avere un enorme impatto sul panorama cosmologico e astrofisico. Per le ricadute sulla fisica teorica moderna si dovranno attendere altri segnali legati a onde gravitazionali, come:
1. un segnale dalla coalescenza di buchi neri binari che NON SIA in accordo con le previsioni della Relatività Generale, in quel caso, allora, significherebbe che dobbiamo andare oltre la teoria di Einstein
2. Una seconda possibilità che mi viene in mente è il caso in cui le collaborazioni LIGO/Virgo osservassero onde gravitazionali emesse da cuspidi di stringhe cosmiche (o fondamentali). Qui alludo al mio lavoro con A. Vilenkin,  “Gravitational wave bursts from cosmic strings, Thibault Damour (IHES, Bures-sur-Yvette), Alexander Vilenkin (Tufts U.). Apr 2000. 4 pp.” in Phys.Rev.Lett. 85 (2000) 3761-3764, in cui abbiamo scoperto questo fenomeno di scoppi di onde gravitazionali dalle stringhe. 
Se questi scoppi saranno osservati, e SE (un grande SE) si dimostrerà che provengono da stringhe FONDAMENTALI, ci potrebbero essere grandi impatti sulla fisica teorica.

2)  Quali sono le possibile linee strategiche di ricerca da seguire per migliorare lo stato attuale del formalismo EOB?

Con Alessandra Buonanno e altri abbiamo introdotto intorno al 2000 un nuovo metodo ANALITICO per la descrizione del moto, e dell’emissione di onde gravitazionali, in un buco nero binario coalescente (incluso il merger e il post-merger). A quel tempo non c’era nessuna simulazione numera della Relatività tale da fornire una computazione numerica (lasciatemi ricordare che una delle radici del metodo EOB è stato il calcolo numerico di Ruffini, David e Tiomno nel 1972 di impulsi di onde gravitazionali emessi da piccole particelle cadute in un buco nero). Dopo il 2005, ossia dopo che le simulazioni numeriche della Relatività hanno permesso di computare buchi neri binari coalescenti, si è potuto estrarre da queste simulazioni numeriche qualche informazione per migliorare le previsioni analitiche dell’EOB. Lasciatemi dire che la maggior parte del lavoro che ho compiuto sul metodo EOB l’ho svolto con scienziati italiani:  Alessandra Buonanno, Alessandro Nagar (per l’interfaccia tra i metodi analitici e le simulazioni numeriche), Luciano Rezzolla Luca Baiotti, Sebastiano Bernuzzi, (per le simulazioni numeriche) e Donato Bini e Andrea Geralico (per recenti lavori analitici che possono potenzialmente migliorare le previsioni EOB). Per arrivare a ulteriori miglioramenti nella nostra conoscenza dell’interazione tra due buchi neri, potrebbe essere il caso di sviluppare simulazioni dedicate allo scattering tra due buchi neri rotanti. Stiamo lavorando su questo.

3) Qual è la prossima sfida nella fisica teorica, dopo le recenti scoperte compiute sul bosone di Higgs e le onde gravbitazionali?
Le prossime sfide che ci auguriamo sono:

a) la scoperta di particelle superesimmetriche al CERN, oppure un secondo tipo di particella di Brout-Englert-Higgs;
b) La scoperta di particelle di materia oscura in laboratorio;
c) La comprensione della energia oscura;

Io spero inoltre che la missione satellitare MICROSCOPE scopra una violazione del Principio di Equivalenza, ossia una violazione della famosa idea di Galileo secondo cui tutti i corpi cadono nello stesso modo. Questo potrebbe aprire una nuova vista oltre l’attuale quadro della fisica teorica.

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