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La pandemia sta mettendo tutti duramente alla prova. Ma gli scontri televisivi tra esperti di turno non sono da meno. A colpi di dati, grafici e stime ognuno tira acqua al suo mulino. Assistiamo ad una lotta tra il partito de “il virus è più debole, stiamo esagerando” e quelli del “prepariamoci alla seconda ondata che il peggio è alle porte”. Il politico interessato trova il suo virologo di riferimento, da citare all’occorrenza.

Ma dove sta la verità?

I modelli epidemici utilizzati sono discendenti, con una serie di complicazioni, dell’originario SIR (dall’inglese Susceptible, Infectious, Recovered) sviluppato agli inizi del Novecento da Kermack e McKendrick. Si tratta di un sistema di equazioni differenziali ordinarie del primo ordine. Nulla di complicato per un matematico. La risoluzione numerica consente di avere i grafici finali del modello con, ad esempio, l’andamento di contagi, ricoveri, morti e guariti.

Peccato che a rovinare i piani ci pensino i tanti parametri presenti nelle equazioni: tasso di contagio, numero di interazioni tra infetti e sani, numero di riproduzione di base (per citarne una parte). È l’incertezza su questi parametri a determinare l’incertezza finale delle soluzioni.

Basta una piccola oscillazione su questi parametri ed ecco che ci si ritrova due soluzioni diverse, e quindi due diverse evoluzioni dell’epidemia. La lezione di marzo dovrebbe essere un mantra.

I virologi, e con loro i politici, che vendono la notizia di un virus più debole sbagliano due volte. Da un lato si appellano a mutazioni genetiche che nei virus sono difficilmente identificabili, dato l’enorme numero di replicazioni di questo agente (armatevi di combinatoria per farvene un’idea!). Dall’altro sconfessano la forma delle funzioni, perché dopo un massimo locale potrebbe essercene uno globale (vedasi la’influenza spagnola del ’18).

I secondi commettono lo stesso errore ma in un’altra direzione. Il parallelismo con quanto successo nei mesi di marzo e aprile è poco sensato alla luce dell’incertezza del modello epidemiologico. I parametri possono essere cambiati, e con questi le soluzioni del problema. Basti pensare al numero di contatti tra individui, l’effetto dissuasivo giocato dalle mascherine (se usate!) ed il più rapido tracciamento, nonostante gli ingorghi di questi giorni per fare un tampone.

La verità non è facile da trovare e richiede un grande investimento, mentre i “virologi televisivi” provano a vendere la loro di verità. E lo fanno giocando con il linguaggio e gli strumenti della matematica, in modo inopportuno. Se solo utilizzassero la matematica per studiare il virus e l’epidemia, saremmo tutti meno presi dal triste show della scienza.

 

[Illustrazione di Luca Manzo]

Marco Menale

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