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Elisabetta Rocca (1976) lavora al Weierstrass Institute for Applied Analysis and Stochastics (WIAS) di Berlino ed è professore associato in analisi matematica presso il Dipartimento di Matematica dell’Università di Milano.

 

Per quale motivo hai deciso di fare matematica?

Perché a scuola mi risultava facile, molto più facile rispetto a tutte le altre materie. Con poco sforzo potevo ottenere buoni risultati e tante soddisfazioni. Inoltre, credo che abbia contribuito molto alla mia scelta la fortuna di incontrare sulla mia strada insegnanti di matematica molto brave, ma soprattutto appassionate. Solo all’Università ho scoperto che questo poteva diventare un lavoro e ho deciso di provare a farlo diventare tale.

Qual è il tuo campo di studi?

L’analisi matematica e più in particolare lo studio di sistemi di equazioni alle derivate parziali e le loro applicazioni all’ingegneria, alla fisica e, più di recente, alla biologia. La cosa che trovo più interessante nel mio lavoro è proprio quella di stare un po’ al bivio tra le applicazioni e la matematica e credo questo sia uno stimolo in più a fare meglio in entrambe i settori.

Qual è il risultato che ti ha dato più soddisfazioni finora?

E’ forse un risultato che ho recentemente ottenuto in collaborazione con Riccarda Rossi, ricercatrice dell’Università di Brescia. Siamo riuscite a dimostrare l’esistenza di soluzioni deboli (che abbiamo chiamato entropiche) per un sistema di equazioni a derivate parziali che descrive processi di danneggiamento in materiali termoviscoelastici. Da parecchio tempo stavamo studiando questo problema, che avevo per la prima volta considerato nell’ormai lontano 2007, quando sono stata a Praga per un mese come Junior researcher presso il Necas Center a lavorare con Eduard Feireisl, un esperto in campo internazionale riconosciuto di equazioni di Navier-Stokes e sistemi collegati. Lui aveva introdotto con altri suoi collaboratori a Praga una nozione simile di soluzione per un sistema di tipo Fourier-Navier-Stokes che accoppia cioè l’evoluzione della variabile temperatura alle famose equazioni di Navier-Stokes perla dinamica di fluidi, nel suo caso comprimibili. Dalle discussioni avute con lui e con Hana Petzeltovà, dell’Institute of Mathematics of the Czech Academy of Sciences, abbiamo per la prima volta applicato questa tecnica a un modello di transizioni di fase (in cui non si considerava però l’equazione del bilancio del momento) e abbiamo così dimostrato il risultato allora ancora non noto dell’esistenza di soluzioni deboli globali in tempo. Con Riccarda Rossi abbiamo poi esteso tale risultato al caso del danneggiamento in cui le difficoltà sono maggiorate per la presenza dell’evoluzione degli spostamenti, cioè l’equazione di bilancio del momento (la stress-strain relation). Questo è stato anche il problema che ha ispirato il mio Progetto Europeo, il cui titolo è appunto “Entropy formulation of Evolutionary phase transitions’’ (EntroPhase).

Per questo progetto, nel 2011, hai vinto un finanziamento European Research Council (ERC), uno starting grant di 5 anni. Cosa si prova? 

Vincere un ERC è una grande soddisfazione perché rappresenta il riconoscimento di un’attività di ricerca ma anche uno stimolo a fare meglio, a crescere imparando a gestire un piccolo gruppo di ricerca. Cosa molto diversa questa dal fare ricerca in maniera autonoma, come avevo sempre fatto fino al momento dell’inizio del mio progetto europeo. Da un lato le molte responsabilità tolgono un po’ di tempo alla ricerca pura e semplice, ma dall’altro si impara molto di più a collaborare con le altre persone, perché si hanno più occasioni per invitare ospiti e viaggiare presso altri Istituti o Università. Inoltre, cosa non meno importante, si ha un’occasione unica: quella di finanziare giovani post-Doc e dottorandi e si ha la possibilità di lavorare con loro e imparare da loro.

C’è un risultato scientifico a cui stai puntando, in questo momento?

In questo momento sono più interessata a problemi di natura biologica, come il problema delle crescite tumorali. Alcuni risultati su modelli base in cui si considera una sola fase tumorale e si trascurano diversi altre componenti significative, come la velocità dei fluidi coinvolti, sono stati già ottenuti in collaborazione con ricercatori dell’Università di Pavia, del Politecnico di Milano e del WIAS di Berlino, ma attualmente stiamo cercando di includere anche le multicomponenti e la velocità e un progetto futuro sarebbe quello di poter collaborare direttamente con medici o esperti del settore in modo da avere un feedback anche a livello di esperimenti e non solo numerico.

Hai due possibili contatti, Milano e Berlino? come mai? dove ti trovi al momento?

Al momento lavoro presso il Weierstrass Institute for Applied Analysis and Stochastics (WIAS) di Berlino e sono in aspettativa senza assegni all’Università di Milano. E’ stata una decisione difficile quella di chiedere l’aspettativa a Milano, specialmente per la fiducia che molti dei colleghi del Dipartimento di Matematica mi avevano accordato, e accettare un’offerta – quella del WIAS – che rappresentava in quel momento una scelta importante soprattutto per la gestione del progetto europeo che coordino dall’aprile 2011. Devo dire di aver fatto questa scelta a malincuore perché da italiana mi spiace molto non poter contribuire nel mio piccolo a incrementare le posizioni di ricerca e i progetti italiani. Avrei preferito poterlo fare e spero che in futuro il sistema italiano cambi (in meglio) e gli studenti brillanti non decidano più di andare all’estero, come stanno facendo ora purtroppo, ma preferiscano restare o tornare nel nostro paese, non solo per una questione di campanilismo o di legami personali, ma perché’ si saranno create condizioni davvero favorevoli per loro.

Quali sono i tuoi “dream problems”?

Non credo ce ne sia uno in particolare, per fortuna nuovi problemi stimolanti da risolvere sono sempre dietro l’angolo. Devo dire inoltre che mi hanno sempre stimolato più le persone che i problemi e anche grazie alla gestione del progetto europeo, i contatti con le persone non mancano. Credo che da loro e dalle discussioni con loro siano sempre venuti i miei ‘dream problems’’, se così li vogliamo chiamare, e credo e spero che in futuro ancora tanti ce ne saranno…

… a parte la matematica, come passi il tempo? Cosa fai quando non fai matematica?

Passo il tempo con la mia famiglia. Ho un bambino che compie un anno il 14 giugno ed è letteralmente uno spasso stare con lui e condividere tutto il mio tempo libero con lui e con mio marito. Ci piace molto la natura, per cui facciamo passeggiate al mare e in montagna o in bicicletta. Niente di particolare, anche se a me sembra ancora un miracolo aver avuto questa fortuna di avere una famiglia così bella con cui condividere la mia vita. Sono loro che mi danno la serenità per poter lavorare al meglio e per questo li ringrazio.

[Intervista di Maya Briani]

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