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Nel 2022 l’Unione Matematica Italiana compie 100 anni. Nell’attesa delle candeline, che verranno spente il prossimo 31 marzo a Bologna e poi le più estese celebrazioni con il convegno di maggio a Padova, MaddMaths! inizia a festeggiare dando la parola ad alcuni dei personaggi che, di questo primo secolo, ci aiuteranno a ricostruire la storia.  Oggi è il turno di … Elisabetta Velabri e Milena Tansini Pagani, intervistate da Silvia Benvenuti. 

Incontro Elisabetta e Milena, una in smart working e l’altra nella piccionaia del tentacolare edificio del Dipartimento di Matematica cui siete tutti invitati per le celebrazioni di fine mese, già forte di qualche informazione avuta da Beppe Anichini. Mi ha colpito, nel racconto di Beppe, il profondo affetto che traspare dalle sue parole: non si tratta solo di stima, ma proprio di qualcosa di più, di un coinvolgimento anche emotivo peraltro normale dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco. Beppe è tra l’altro colui che le ha assunte entrambe, assieme a Enrico Obrecht, prima Elisabetta nel lontano 1990, poi Milena nel quasi altrettanto remoto 1996.

«Io allora ero proprio una ragazzina – dice Elisabetta – mi presentò la mitica Calandrino, mia ex   insegnante di matematica delle scuole superiori, che ho amato tantissimo». La quale aveva scoperto che all’Umi cercavano un’impiegata per informatizzare l’archivio dei soci: «io, unica tra le sue allieve, avevo seguito un corso di informatica a scuola; lei mi disse “se hai fatto il corso forse non fai esplodere i computer, perché non provi?”». Ed è così che un’Elisabetta di appena 18 anni salì per la prima volta le (innumerevoli) scale del dipartimento, diretta a quella piccionaia ancor più piccionaia del suo studio attuale, che era allora l’ufficio di Obrecht. Uscì dal colloquio convinta che non l’avrebbero presa, e invece «dopo 3 giorni mi chiamarono, proponendomi un contratto di prova». La sorte, forse invidiosa, cercò di metterci lo zampino: la neoassunta segretaria Umi, dopo solo una settimana di lavoro, ebbe un brutto incidente stradale che la costrinse a casa per 5 mesi. «Detti per scontato che la mia esperienza con l’Umi era finita lì». E invece Obrecht la chiama, le chiede quando sarà in grado di riprendere il lavoro e conclude che, quasi quasi, le fanno direttamente un contratto a tempo indeterminato. E qui mi sa che voi tutti, come me, state pensando che forse, quella ragazzina, oltre a “non far esplodere i computer” aveva fatto intravedere qualche attitudine che poi ha avuto modo di confermare nel corso della sua permanenza ormai più che trentennale alla contabilità dell’unione.

Sei anni dopo l’Umi cerca una persona per integrare l’organico, in modo da potersi occupare dell’organizzazione e gestione delle gare matematiche. Milena sale le stesse scale, che forse già un po’ conosce per aver qualche volta accompagnato il padre, che lavora in portineria da molti anni, sostiene un colloquio che l’emozione ha avvolto in colori «fumosi e vaghi», ed esce anche lei convinta che «figurati se prendono me». E invece anche qui arriva l’inattesa chiamata di Anichini, che butta là che da lì a poco c’è una riunione dell’ufficio di presidenza, alla quale può conoscere anche Conte, l’allora presidente. Il quale la accoglie con un bel contratto a tempo determinato – poi evidentemente stabilizzato.

Nasce così un sodalizio di cui l’Umi beneficia da quasi trent’anni, in cui Elisabetta e Milena si dividono i compiti in piena armonia, pronte a sostituirsi l’una all’altra qualora ce ne sia necessità. Come in ogni coppia che si rispetti, le due sono infatti opposte ma complementari: Milena è più timida, Elisabetta più espansiva; Milena parla solo se la interroghi, Elisabetta è una fucina di aneddoti; Elisabetta tifa Virtus, Milena Fortitudo; Elisabetta cura la contabilità, Milena gestisce i rapporti con soci, scuole, famiglie; Milena è il poliziotto buono, Elisabetta quello cattivo. E scopriamo quindi come «santa Milena», che essendo «quella più vicina al telefono» è colei che di solito risponde con amabilità a professori e familiari preoccupati all’idea di mandare le loro creature minorenni in giro per l’Europa, chiede soccorso ad Elisabetta quando «c’è da rispondere in modo cattivo» – e giù una risata a due gole!

Dal momento della loro assunzione il lavoro di entrambe è andato sempre in crescendo, di pari passo con l’impegno dell’Umi nella gestione delle gare. Come commenta Milena, «nel 1996 abbiamo iniziato gestendo le gare individuali, con due stage che si tenevano annualmente a Gaeta e Pavia, a cui venivano invitati una quindicina di ragazzi o poco più, mentre adesso i numeri sono 3 o 4 stage all’anno, lo stage a Pisa a settembre, le gare a squadre e poi tutte le competizioni internazionali, non solo le Egmo (https://www.egmo.org) ma anche le IMO (https://www.imo-official.org), le Romanian Master of Mathematics, le Balkan Mathematical Olympiads (http://www.massee-org.eu/index.php/mathematical/bmo), i giochi del mediterraneo (https://www.accademiamatematica.it), le Iranian Geometry Olympiad (IGO) (https://www.mtai.org.in/iranian-geometry-olympiad/)».

Mi è rimasta dall’intervista con Beppe la curiosità di capire perché tutte queste competizioni, oltre che un sacco di lavoro, portano all’Umi entrate in grado di consolidarne il bilancio. «Intanto le gare sono possibili grazie a convenzioni stipulate dall’Umi con il Ministero dell’Istruzione – o comunque quello che in quel momento si occupa della scuola: il comitato organizzatore delle Olimpiadi internazionali, infatti, invita l’Italia a partecipare, attraverso il ministero di riferimento, che poi si appoggia all’Umi per tutta la parte organizzativa e scientifica. Questo naturalmente non lo ottiene gratis: nonostante la curva dei finanziamenti sia oggi un po’ più in discesa, il ministero dà un contributo con cui l’Umi riesce a coprire abbastanza sia la fase nazionale che quella internazionale; poi le scuole che partecipano danno un contributo, piccolo perché sono tante, per la realizzazione di tutto il resto: eventi collaterali, prima fase delle selezioni, parte promozionale per tutti – non solo per le eccellenze». Tutto questo movimento attorno alle Olimpiadi, specie nelle fasi in cui è diretto non solo alla nicchia dei bravissimi, come sottolinea Milena, «fa si che l’Umi abbia visibilità non solo a livello universitario, ma anche nelle scuole». In questo, aggiunge Elisabetta, «è fondamentale l’azione della Ciim – che per me è stata ed è fonte di continua formazione e opportunità di mettermi alla prova non solo per le gare ma per l’organizzazione di tutte le loro attività (scuole, convegni, seminari ….)». «Chi vive l’esperienza di Cesenatico – dice Milena facendo esplicito riferimento alle prime volte di Gilberto Bini, di Veronica Gavagna e della sottoscritta – rimane stupito dal tipo di evento: i ragazzi e i docenti sono tutti molto coinvolti, è un’esperienza da fare». Nel mio caso era il primo anno delle Egmo, che mi vedevano un po’ prevenuta, vista la mia convinzione che il lavoro del matematico non abbia genere. Finii invece per convincermi che le gare femminili sono, come dicono adesso quasi in coro E&M: «un modo per far scoprire alle ragazze, in un ambiente per loro più sereno, che sono perfettamente in grado di mettersi in gioco anche in un contesto misto: e infatti rispetto ai primi anni, quando i 300 partecipanti individualisti delle olimpiadi (teoricamente) miste erano tutti uomini, adesso almeno una ventina di ragazze le abbiamo tutte le volte». Si tratta in realtà di una delicata operazione sociale e culturale mirata a eradicare, soprattutto nelle famiglie, la convinzione purtroppo assai diffusa che per una ragazza esser brava in matematica equivalga ad essere «una brutta racchia secchiona». Anche con la sua Commissione Pari Opportunità, di cui Elisabetta e Milena sono orgogliose, l’Umi è giustamente in prima linea in questa battaglia.

Il discorso è andato un po’ troppo sul serio, ed è quindi il momento di alleggerire l’atmosfera con un po’ di salutare gossip, cui Elisabetta e Milena non si sottraggono – e come potrebbero: chi meglio di loro (a parte Beppe Anichini!) può farci il ritratto dei presidenti che hanno visto avvicendarsi nel loro primo trentennio di segretariato?! Scopriamo quindi che, come inevitabile trattandosi di colui che «è stato il primo», il cuore di Elisabetta è rapito da Figà Talamanca: «era l’intellettuale che scriveva, e che io leggevo con ammirazione». Ma di ammirazione ce n’è per tutti quanti: Conte è descritto da entrambe, tra grandi sorrisi, come «una persona splendida, con cui abbiamo sviluppato un rapporto meraviglioso: essendo impegnato in tantissime attività anche extra matematiche, quando veniva a Bologna aveva modo di raccontarci di tutto e di più; una persona che ti mette sempre a tuo agio, con cui parlare con uguale entusiasmo di cultura, di politica o di nipoti». Da Torino a Napoli ecco che Sbordone viene definito «un vero gentiluomo mediterraneo, esponente della solarità del sud, nella sua accezione migliore». Brezzi è invece «energia pura: non stava fermo da nessuna parte – me lo ricordo sempre su un aereo, sempre in giro, ti chiamava sempre dall’altra parte del mondo – ma, magari con un fuso orario diverso, sempre sul pezzo». E per rendere più credibile come gli uffici di presidenza dell’era Brezzi fossero costellati di molte risate, oltre a ricordare le schermaglie calcistiche del duo Brezzi-Anichini (con il contorno di Elisabetta rossoblu), Milena racconta di quella volta in cui, a Cesenatico, «dovevamo vendere le magliette delle olimpiadi e non avevamo i volontari che ci davano una mano; inizammo io e Barbara Lazzari [allora e per molto altro tempo tesoriere], ma la svolta fu quando arrivarono a darci man forte lui con la moglie: Brezzi indossò sopra alla camicia una maglietta olimpica rosa, che con l’abbronzatura che aveva fece furore – la gente si precipitò alla bancarella e vendemmo tutto!»
Per contrasto Ciliberto è definito come il più austero (e anche in quanto tale molto apprezzato), mentre Cannarsa è il più istituzionale: «si espone coi comunicati, prende posizioni nette, è sempre presente, estremamente attento alle commissioni permanenti [Ciim e Olimpiadi], aperto sia al mondo della scuola che alla società in genere, uno che ci mette sempre la faccia e delega solo se proprio non può». Milena osserva come questo atteggiamento sia forse anche figlio dei tempi, di un’epoca in cui le comunicazioni devono per forza di cose essere più immediate. All’inizio della loro carriera, a luglio lei ed Elisabetta inizavano l’imbustamento manuale degli inviti alle scuole per le Olimpiadi e si ritrovavano in ufficio sommerse di carta, bloccate due mesi a chiudere buste e leccare francobolli; adesso lo fa lei da sola con un click, un giorno per l’altro. La stessa prontezza si richiede oggi anche al presidente, che deve essere all’erta e conoscere anche mezzi non classici, come tutto il mondo dei social e delle comunicazioni on line. È quindi una conseguenza dei tempi, oltre che ovviamente della volontà degli ultimi due presidenti, che l’Umi si sia dotato di un Comitato comunicazione che proprio in questo supporta l’associazione. Comitato che, assieme agli altri, vede la luce anche grazie all’ultimo personaggio di cui parliamo con Elisabetta e Milena, «una ventata di novità, una grandissima esperta, disponibile, piena di idee e di iniziative per coinvolgere un sacco di persone, dinamica e frizzante»: la prima vice-presidente donna, di cui scopriremo tutto nella prossima – e ultima – puntata!

Silvia Benvenuti

 

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