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Le false credenze continuano a spopolare; è questione di distorsione della disponibilità. Ce ne parla Marco Menale.

Il 55° rapporto CENSIS filma la situazione dell’Italia. La sintesi è inequivocabile: la società irrazionale. Circa 3 milioni di persone, il 5,9% degli italiani, dice che il Sars-Cov-2 non esiste. Il vaccino è inefficace per il 10,9%. Il 12,7% del campione crede che la scienza crei più danni che benefici. Ed il 19,9% degli italiani considera il 5G uno strumento per il controllo della popolazione. In fine il 39,9% è convinto che identità e cultura nazionali spariranno a causa dell’arrivo degli immigrati per volontà di presunti poteri oscuri. L’irrazionale ha infiltrato il tessuto sociale, sentenzia CENSIS. Ma la matematica può trovarne una causa: distorsione delle disponibilità.

La distorsione della disponibilità (availability bias, dall’inglese) è uno dei bias da cui siamo affetti. Lo psicologo e Nobel israeliano Daniel Kahneman ed un altro israeliano Amos Tversky sono i primi a studiarne gli effetti. Tra gli anni ’60 e ’70 descrivono le modalità con cui si presentono i pregiudizi in situazioni di incertezza. Nel lavoro “Subjective probability: a judgment of representativness” dimostrano che i giudizi delle persone tengono a  basarsi su semplificazioni euristiche. Infatti, le persone si affidano al numero di esperienze piuttosto che a deduzioni razionali. Più vedo e sento di un fenomeno, maggiore è la probabilità che vi associo. Le influenze vanno dalla medicina alla sociologia, passando per giurisprudenza ed economia.

Vediamo il significato del bias da un punto di vista matematico. Le persone tendono a giudicare la probabilità di un evento sulla base della facilità con cui riescono a ricordare di un caso. Un esempio può chiarire la situazione. In generale tendiamo a stimare bassa la probabilità di un incidente aereo, come confermano i dati. Ma se ascoltiamo di qualche incidente al telegiornale, tendiamo ad aumentare la probabilità. Al punto di sviluppare un nostro pregiudizio, fino alla paranoia.

I social network amplificano questo meccanismo. Basti pensare alle notizie complottistiche rispetto alla pandemia. Al punto che il 10,9% degli italiani crede che i vaccini siano inefficaci. Si legge di tante persone positive ma vaccinate, ed ecco che l’associazione è immediata. Sia \(P\) l’evento “persona positiva” e \(V\) “persona vaccinata”. Allora la probabilità dell’evento “persona positiva e vaccinata” è

\[P(P\cap V)=P(P|V)\cdot P(V).\]

dove \(P(P|V)\) è la probabilità condizionata che una persona positiva sia vaccinata. Ma la probabilità precedente aumenta con il numero dei vaccinati, \(P(V)\). Ma questo numero aumenta con la campagna vaccinale e le persone fanno esperienza di sempre più casi di vaccinati che si infettano. La distorsione della disponibilità è servita; e con questa la tesi sull’inefficacia del vaccini.

Ma non tutti i mali vengono per nuocere. Gli improvvisi incrementi nei tassi di diagnosi di alcune patologie mediche ne sono un esempio. Se le persone sono bombardate di notizie sui segnali di una patologia, ecco che sono più attente a coglierli. Dunque la distorsione della disponibilità può anche essere un aiuto.

Siamo portati a fidarci delle nostre esperienze. È il come a fare la differenza.

 

[Illustrazione di Luca Manzo]

Marco Menale

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