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Più siamo convinti di un’idea, più cerchiamo solo informazioni che la rafforzano. E vediamo continue sue conferme. È il bias della conferma. Ce ne parla Marco Menale.

Sei nel mezzo di una conversazione con un gruppo di amici. E sei proprio convinto di una certa idea; ma qualcuno ne dubita. Così prendi il tuo smartphone e cominci a googlare. I risultati sono tanti, eppure a te interessa quel link che sostiene la tua tesi. Trovato! Lo mostri agli amici e arriva la gloriosa sentenza: “vedete che è come dico io!”. Capita di agire così, in modo più o meno consapevole. E lo possiamo fare su diversi argomenti. Ecco, siamo di fronte a un bias: il bias della conferma (in inglese, confirmation bias).

Il bias della conferma è la tendenza delle persone a cercare, affidarsi o interpretare informazioni che confermano o rafforzano le loro credenze o valutazioni, detta anche “idee a-priori”. Il nome lo si deve allo psicologo cognitivo inglese Peter Cathcart Wason. Lo introduce nel libro “The psychology of judgment and decision making” del 1993. In questo lavoro Wason sintetizza i suoi studi teorici e sperimentali per rispondere alla domanda “come prendono decisioni le persone?”. E in questo contesto viene scovato il bias della conferma, noto in letteratura anche come myside bias e congeniality bias.

Negli anni sono stati condotti diversi studi sia per comprenderlo che per descriverne funzionamento e conseguenze. Studi che ancora continuano. E tra questi troviamo quelli che fanno uso della matematica, o meglio della probabilità. Questa guarda al funzionamento e le conseguenze del bias. In letteratura ci sono sia approcci bayesiani che non-bayesiani. In entrambi, il bias della conferma è modellato come una alterazione di qualche quantità tale da determinare la sovrastima di una nostra convinzione.

Tra le conseguenze del bias della conferma c’è la polarizzazione (qui e qui per approfondire). La polarizzazione è la tendenza per cui le idee delle persone, su di un certo argomento, tendono a concentrarsi in determinati gruppi, in generali estremi e opposti. Ad esempio, emerge in politica nel confronto tra gli elettori di due schieramenti. Ciascun gruppo tende a rafforzare le proprie convinzioni, portandosi sempre più verso uno dei due estremi.

Un gruppo di ricercatori ne ha studiato le causa nell’articolo “Modeling confirmation bias and polarization”. Gli autori usano la fisica statistica per descrivere il confronto via web tra gli utenti. Consideriamo un sistema di \(N\) agenti (ossia utenti), ognuno con opinione \(x_i\), per \(i \in \{1, 2, \dots, N\}\). Lo scambio di opinioni segue un questo schema. Siano \(x_i^v\) e \(x_j^v\) le opinioni precedenti lo scambio, mentre \(x_i^n\) e \(x_j^n\) quelle seguenti lo scambio. Allora

\[x_i^n=x_i+\mu(x_j-x_i)
x_j=x_j+\mu(x_i-x_j),\]

con \(\mu\) parametro reale. In particolare, lo scambio di opinione avviene solo se \(|x_i-x_j|< \epsilon\), con \(\epsilon \in [0,1]\). Ossia lo scambio può avvenire solo se i due agenti hanno già opinioni sufficientemente vicine. E questo significa inserire il bias della conferma nel modello. In queste condizioni i ricercatori dimostrano che avviene la polarizzazione delle opinioni, con la coesistenza di due opinioni stabili.

Ma non solo la politica. Il bias della conferma agisce anche in altri contesti. Anzi è una naturale tendenza al rafforzamento delle nostre credenze, al punto da non voler vedere quanto a favore di credenze opposte alla nostre. Dunque non possiamo eliminarlo, ma solo gestirlo, coltivando il pensiero critico. E dicendo, talvolta: “Ma forse non ho proprio tutte le ragioni…”.

 

Marco Menale

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