Il formalismo logico a scuola è spesso percepito come un ostacolo anziché come uno strumento utile. Nel percorso didattico Bul, ispirato ai cavalieri e ai furfanti di Smullyan, i simboli della logica diventano invece occasione di gioco, riflessione, e apprendimento. Questo articolo è stato scritto da Luigi Bernardi ed è l’ultimo di una serie che trovate qui.
In questa serie di articoli abbiamo discusso la diffidenza che spesso emerge nei confronti della logica a scuola. Questa diffidenza si avverte in particolare quando si affronta la questione del simbolismo. Vivianne Durand-Guerrier (2021) afferma che trascurare i legami tra gli aspetti semantici della logica e quelli sintattici porta al paradosso per cui il formalismo matematico — che dovrebbe servire a chiarire i concetti — diventa invece un ostacolo all’apprendimento. Il formalismo logico viene infatti spesso introdotto solo quando necessario per esprimere concetti matematici complessi non legati alla logica, e viene percepito più come un’abbreviazione simbolica che come uno strumento di chiarificazione del significato. Può accadere, ad esempio, che uno studente incontri i quantificatori per la prima volta nella formula che definisce il limite di una funzione — una formula che contiene tre quantificatori e un’implicazione — soltanto perché è troppo complesso esprimere il concetto a parole. Introdurre i simboli dei quantificatori così tardi nel percorso didattico ci sembra un’occasione mancata: il simbolismo non solo diverte e incuriosisce studenti anche più piccoli (un insegnante che insegni storia alla primaria sa quanto i bambini e le bambine siano affascinati dai geroglifici o da altri alfabeti del passato), ma è anche un modo per delimitare un significato e un contesto di uso.
Nel percorso didattico che presenteremo in questo articolo, chiamato Bul (in onore di George Boole e Mary Everest Boole), il simbolismo giocherà un ruolo centrale. Nel percorso saremo accompagnati dai personaggi che abbiamo già incontrato nella scorsa puntata: il cavaliere e il furfante. Una narrazione costruita intorno a personaggi che dicono la verità e personaggi che mentono possiede un ampio valore didattico, non solo perché “porre queste questioni in termini umani ha un enorme fascino psicologico” (Smullyan, 1987, introduzione), ma anche perché offre un approccio ludico e significativo all’errore, che diventa parte del processo di apprendimento. Se non adeguatamente affrontate, le affermazioni false rischiano di essere percepite dagli studenti come errori, e dunque come sinonimo di fallimento, e per questo da evitare senza nemmeno essere analizzate.
IL PERCORSO DI BUL
Il percorso di Bul è stato sperimentato in varie classi di scuola primaria, a partire dalla classe seconda. Spunti tratti dal percorso sono stati usati anche per progettare laboratori per studenti di scuola secondaria di II grado.
La prima attività
Nella prima attività del percorso, si introducono i personaggi del furfante e del cavaliere. Con l’ausilio di maschere rappresentanti i personaggi, mettendosi in cerchio, si fanno fare alla classe affermazioni vere e false (Figura 1).

Figura 1: Gli studenti fanno affermazioni indossando le maschere da furfante e da cavaliere
Gli studenti comprendono facilmente i concetti di affermazione vera e affermazione falsa: cominciano generalmente con enunciati relativi all’ambiente circostante per poi passare a verità di carattere generale. Succede a volte che alcune affermazioni siano soggettive (“il gelato è buono”) e altre non siano invece immediatamente verificabili (“mia sorella si chiama Maria”), il che è un’occasione utile per discutere la distinzione fra oggettivo e soggettivo e che cosa voglia dire essere verificabile. Gli studenti vengono inoltre invitati a fare affermazioni di carattere matematico come “2 più 2 è uguale a 4” (cavaliere) o “100 ha due cifre” (furfante).
Dopo aver introdotto e discusso i personaggi, si passa a qualche classico indovinello di Smullyan dove l’obiettivo è capire, in un dialogo, se chi parla è un furfante o un cavaliere basandosi sulle affermazioni fatte. Gli indovinelli sono proposti in maniera teatrale, con i docenti e qualche studente che interpretano il ruolo dei parlanti (girati di spalle, in modo che non si veda la maschera che indossano). La classe rimane usualmente affascinata dal fatto che “io sono un cavaliere” possano dirlo entrambi i personaggi mentre “io sono un furfante” non lo possa dire nessuno dei due.
La fase centrale della prima attività sono i circuiti booleani. I circuiti vengono realizzati con corde e cerchi e gli studenti ci navigano attraverso con il proprio corpo. L’idea è che si parte da un cerchio iniziale (nelle grafiche seguenti, un cerchio blu) e si sceglie una maschera da indossare; si segue una corda dove possono apparire “imprevisti” e bisogna arrivare in un cerchio finale (cerchio rosso) indossando la maschera da cavaliere (che — detto fra noi — vuol dire soddisfare il circuito). Il primo circuito che viene proposto è elementare e serve solamente a far familiarizzare la classe con le dinamiche di gioco (Figura 2). Nel circuito non sono infatti presenti imprevisti e lo studente deve semplicemente seguire la corda fino al cerchio di destinazione. La strategia vincente consiste ovviamente nello scegliere la maschera del cavaliere al punto di partenza e seguire la corda verso il cerchio finale. Se viene scelta la maschera del furfante lo studente perde, poiché raggiungerà il cerchio finale con la maschera sbagliata. Per rendere il gioco più dinamico, sono stati preparati più circuiti in modo che la classe potesse giocare simultaneamente in diversi gruppi.

Figura 2: Il primo circuito proposto in classe. Lo studente entra nel cerchio iniziale (fase 1), sceglie di indossare la maschera del cavaliere (fase 2) e percorre la corda fino a raggiungere il cerchio finale indossando ancora la maschera del cavaliere, soddisfacendo così il circuito (fase 3)
Il secondo circuito introduce il personaggio del Signor No, interpretato da uno studente, che obbliga chiunque lo incontri a cambiare maschera. Il Signor No indossa, come simbolo distintivo, il simbolo formale della negazione (ossia il simbolo ¬) e si posiziona lungo il percorso (Figura 3).

Figura 3: Lo studente indossa la pettorina con il simbolo della negazione e si posiziona in mezzo al circuito
In questo scenario, la strategia vincente consiste nell’iniziare con la maschera del furfante, poiché l’incontro con il Signor No comporterà un cambio di maschera, permettendo allo studente di raggiungere il cerchio finale con la maschera del cavaliere (Figura 4).

Figura 4: Il secondo circuito proposto in classe. Il Signor No è posizionato a metà del percorso (fase 1). Lo studente entra nel cerchio iniziale (fase 2) e sceglie di indossare la maschera del furfante (fase 3). Lo studente percorre la corda e incontra il Signor No, che lo costringe a cambiare maschera (fase 4). Lo studente prosegue lungo la corda e raggiunge il cerchio di destinazione indossando la maschera del cavaliere, soddisfacendo così il circuito (fase 5)
Nel circuito successivo sono inseriti due Signor No (Figura 5), uno dopo l’altro; in questo caso, la strategia vincente consiste nell’iniziare con la maschera del cavaliere, poiché la maschera viene cambiata due volte. Ulteriori circuiti introducono progressivamente un numero crescente di Signor No, portando la classe a riflettere sulla parità del numero di negazioni: se il numero di Signor No è pari (compreso il caso in cui non ce ne siano), la strategia vincente consiste nell’iniziare con la maschera del cavaliere; se il numero è dispari, occorre iniziare con la maschera del furfante.

Figura 5: A seconda del numero di personaggi Signor No presenti nel circuito, la strategia vincente consiste nell’iniziare con la maschera del cavaliere oppure con quella del furfante
Nei circuiti successivi, i cerchi iniziali (blu in figura) sono in numero maggiore di uno: questo vuol dire che gli studenti percorreranno il circuito insieme, come una squadra: se uno di loro arriverà al cerchio finale con la maschera da cavaliere, allora la squadra avrà vinto. Nei circuiti compaiono ora infatti due nuovi personaggi: il Signor AND e il Signor OR. Il Signor AND è un personaggio che preferisce i furfanti: se arrivano da lui un cavaliere e un furfante, farà passare il furfante; se arrivano due furfanti, farà passare uno dei due a sua scelta; se invece arrivano due cavalieri, sarà costretto — suo malgrado — a far passare un cavaliere. Il Signor OR è un personaggio simile ma opposto al Signor AND, poiché preferisce i cavalieri: se arrivano da lui un cavaliere e un furfante, farà passare il cavaliere; se arrivano due cavalieri, farà passare uno dei due a sua scelta; se arrivano due furfanti, sarà costretto — suo malgrado — a far passare uno dei due.
I due circuiti proposti sono rappresentati in Figura 6. Si osserva inoltre che, nel circuito con il Signor OR, esistono più strategie vincenti (è sufficiente che almeno uno dei due studenti sia un cavaliere per vincere).

Figura 6: Questo modo di utilizzare AND e OR — basato sulle preferenze del Signor OR e del Signor AND — corrisponde esattamente alle tavole di verità dei due connettivi, ponendo ciascun connettivo come una regola di deduzione piuttosto che come un simbolo dotato di un significato particolare
Gli studenti sono poi invitati a progettare circuiti personalizzati da proporre ai propri compagni, come quelli illustrati in Figura 7.

Figura 7: Gli studenti hanno inventato e proposto ai compagni circuiti più complessi, divertendosi ad affrontare la sfida di includere numerose negazioni
Il resto del percorso educativo
Nelle lezioni successive, si comincia a ragionare sul linguaggio e sul simbolismo: viene detto agli studenti che cavalieri e furfanti comunicano tra loro usando uno strano modo di scrivere. Per cominciare, si chiede di individuare gli elementi chiave di una frase come “la tigre è un animale”, identificando “tigre” e “animale” come parole essenziali per comprenderne il significato. Più precisamente, i componenti centrali della frase sono il predicato “essere un animale” e l’oggetto (in questo caso il soggetto della frase) a cui il predicato si riferisce.
Successivamente viene detto che cavalieri e furfanti usano le due parole ‘tigre’ e ‘animale’ insieme alle parentesi per scrivere la frase “la tigre è un animale”. Varie sono le notazioni che usualmente emergono in classe: TIGRE(ANIMALE), (TIGRE ANIMALE), ANIMALE(TIGRE). Si nota che ciascuna di queste tre notazioni può essere usata se c’è accordo nella comunità che la usa. Infine, viene comunicato agli studenti che la notazione effettivamente usata da cavalieri e furfanti è ANIMALE(tigre). Si tratta della notazione standard usata in logica e in matematica in generale, in cui l’oggetto del predicato, o della funzione, si colloca tra parentesi dopo il simbolo della funzione stessa.
Riteniamo che questa introduzione precoce alla notazione formale possa essere vantaggiosa: in primo luogo consente agli studenti di abituarsi all’uso di un linguaggio simbolico e dipendente dal contesto (questo linguaggio viene utilizzato esclusivamente sull’isola dei cavalieri e dei furfanti di Smullyan). In secondo luogo, si mette in luce il fatto che cambiare linguaggio non implica necessariamente cambiare vocabolario o alfabeto; il linguaggio formale qui introdotto condivide le stesse parole e simboli dell’italiano, ma li combina secondo regole diverse. In altre parole, si promuove una visione più ampia del linguaggio, che non sia definita esclusivamente dall’alfabeto o dal lessico, ma anche dalle regole che ne governano la costruzione delle frasi.
È stata posta particolare attenzione alla traduzione dalla forma simbolica al linguaggio naturale: ad esempio, ALBERO(quercia) non va letto come “albero quercia”, ma come “la quercia è un albero”. Agli studenti sono state proposte frasi da tradurre in entrambe le direzioni, con esempi di affermazioni vere — cioè scritte da un cavaliere — come ANIMALE(tigre), e affermazioni false — cioè scritte da un furfante — come ANIMALE(tavolo). Per concludere l’attività, agli studenti sono state distribuite schede di lavoro come quelle proposte in Figura 8.

Figura 8: Schede di lavoro completate da studenti di classe seconda
Nella lezione successiva, viene scritta alla lavagna la frase “la tigre non è un animale” e si chiede agli studenti di individuare le parole chiave, osservando che, oltre a “tigre” e “animale”, anche la parola “non” è fondamentale. Dopo aver introdotto il simbolo della negazione molti studenti hanno riconosciuto il simbolo che nei circuiti identificava il personaggio del Signor No.
La frase “il rosso non è un colore” si traduce in linguaggio formale come ¬COLORE(rosso). Allo stesso modo, la scrittura ¬DISPARI(4) viene letta “4 non è un numero dispari” (in Figura 9 sono riportati fogli di lavoro compilati dagli studenti).

Figura 9: Fogli di lavoro con il simbolo della negazione
È opportuno sottolineare che il simbolo della negazione viene affrontato seguendo due approcci differenti. Nei circuiti, il simbolo è introdotto come regola che modifica il valore di verità, cambia cioè la maschera indossata. In questa attività, invece, il simbolo della negazione è presentato come un connettivo logico dotato di valore semantico. Queste due interpretazioni (procedurale e concettuale) sono molto vicine tra loro: se un cavaliere o un furfante scrive la frase PREDICATO(oggetto), l’aggiunta del simbolo di negazione comporterà necessariamente uno scambio di personaggio, poiché la frase ¬PREDICATO(oggetto) potrà essere scritta solo dall’altro personaggio. Trattare l’aspetto concettuale è tuttavia essenziale per formare un modello mentale adeguato della negazione ed effettuare quindi conversioni dal linguaggio logico-simbolico a quello naturale.
Il percorso continua affrontando predicati con variabili e connettivi: per i più curiosi, il percorso è disponibile facendo clic qui.
IL GIOCO ONLINE BUL GAME
BUL GAME è un gioco online che accompagna tutto il percorso didattico, utile per consolidare conoscenze e abilità su valori di verità e connettivi logici. Il gioco si svolge premendo opportunamente i pulsanti A e B secondo le indicazioni che vengono fornite da furfanti e cavalieri. Se si preme il pulsante giusto si fa 1 punto, se si sbaglia la partita finisce. L’obiettivo è realizzare più punti possibile.
Nella pagina iniziale si sceglie come impostare la partita (Figura 10).

Figura 10: Homepage del gioco, dove si sceglie modalità di gioco, tipologia di predicati — se inerenti la matematica o la cultura generale, come ALBERO(quercia) — e il tempo a disposizione per la partita
Come prima tipologia di domande si ha “vero e falso”. In questo primo tipo di esercizi bisogna riconoscere affermazioni vere e false, facendo cioè attenzione al personaggio che le pronuncia. Precisiamo che ad ogni turno è necessario premere A o B per continuare (se non si preme niente non si passa al turno successivo). In Figura 11 è riportato un esempio di giocata.

Figura 11: Il furfante suggerisce di non premere B: la risposta giusta è proprio quella di premere B, poiché il furfante mente sempre
La modalità successiva è la modalità predicati, dove bisogna valutare il valore di verità di un predicato e rispondere di conseguenza. In Figura 12 è riportato un esempio di giocata.

Figura 12: Poiché Londra è effettivamente una città e parla un cavaliere, bisogna premere A
Vi invitiamo a sperimentare tutte le modalità, con negazione e connettivi!
Questa è l’ultima puntata della breve rubrica “È logico fare logica a scuola?”. Non penso di aver fatto cambiare posizione a nessuno riguardo l’utilità della logica a scuola, ma spero di aver suscitato qualche riflessione e qualche dubbio.
Dunque… ¬ alla prossima!















