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È necessario cambiare l’insegnamento della matematica a scuola? E in caso, come è possibile farlo in modo efficace per gli studenti e la società? A partire di recenti comunicati del ministro Valditara, Pietro Di Martino e Roberto Natalini propongono alcune riflessioni su questi temi.

Nei giorni scorsi il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha scritto una lettera alle famiglie in vista dell’apertura delle iscrizioni alle scuole secondarie di secondo grado che si aprono il 9 gennaio. Nella lettera si presentano alcuni dati statistici occupazionali, promuovendo da una parte l’istruzione tecnica e professionale, dall’altra sottolineando la necessità di formare figure professionali di profilo tecnico-scientifico. La lettera, dunque, investe due tematiche centrali per l’istruzione: quella di un orientamento scolastico consapevole e quella della promozione delle competenze di base nelle discipline STEM a livello di scuola dell’obbligo. Ci occupiamo di questa seconda tematica, considerando anche la dichiarazione fatta qualche giorno fa sempre dal ministro sulla necessità di cambiare l’insegnamento della matematica che dovrebbe diventare meno astratta (dichiarazione commentata anche dalla Presidente della Commissione Italiana per l’Insegnamento della Matematica, prof.ssa Maria Mellone sul quotidiano Domani e sul Quotidiano del Sud).

Crediamo sia necessario contribuire alla discussione su questa tematica così rilevante che, tra le altre cose, investe proprio i nostri interessi di ricerca in didattica della matematica e nelle applicazioni della matematica. Come premessa, sottolineiamo la convinzione che qualsiasi cambiamento nell’insegnamento della matematica parta da un confronto con chi la matematica la insegna e con la comunità di ricerca in didattica della matematica: per la nostra disciplina esiste questa importante tradizione di riflessione sulla didattica che ha permesso la realizzazione di progetti molto belli, come ad esempio la Matematica per il cittadino. Proprio quel progetto, nato a cavallo del nuovo millennio, discuteva i diversi valori formativi dell’educazione matematica, sottolineando come, al di là delle singole tecniche, proprio per i percorsi tecnici e professionali fosse fondamentale lavorare sullo sviluppo dell’approccio matematico, della razionalità tipica di questo approccio.

Deve essere chiaro a tutti che il senso dell’educazione matematica per tutti, e più in generale delle materie STEM (acronimo anglosassone per Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), non può e non deve essere ridotto in nessun caso alla sola spendibilità nel mondo del lavoro, ma non ci sottraiamo allo stimolo del Ministro che parte dalla necessità di figure professionali con alte competenze nelle discipline STEM. E allora diciamo subito che per diventare esperti di analisi dati, intelligenza artificiale, meccatronica o robotica servono basi solidissime di matematica e di logica. La tecnologia cambia molto velocemente, il mondo del lavoro richiede duttilità e versatilità, capacità di studio e aggiornamento. E dunque, anche nell’ottica della futura spendibilità per il mondo del lavoro, la scuola deve evitare la tentazione di ridurre il suo insegnamento a una trasmissione acritica di “saperi pratici” che, soprattutto nelle discipline STEM, possono diventare obsoleti in pochissimo tempo.

Noi crediamo che l’educazione matematica debba in primo luogo essere di base e dovrebbe sviluppare alcuni aspetti essenziali della competenza e del metodo matematico, che non consistono nell’applicazione di una serie di regole preconfezionate. In questo senso è sicuramente utile cambiare lo studio della matematica. È poco efficace dedicare un sacco di tempo alla risoluzione di lunghe espressioni costruite ad hoc per permettere semplificazioni o manipolazioni algebriche opportune, e d’altra parte, per citare un passo del Ministro, il coding può essere sì uno strumento per gestire la manipolazione dei simboli e sviluppre il senso della struttura di un linguaggio, ma lo stesso obiettivo può essere perseguito, a nostro avviso, lavorando sulla crittografia, sui codici a barre o sulla generazione di QR-code. Sicuramente si dovrà incentivare il lavoro sull’alfabetizzazione relativa alla statistica e alla probabilità di base, essenziali in un mondo nel quale la rappresentazione dei dati è forse la forma di comunicazione più diffusa e apparentemente immediata, e nel quale è diventato importante saper gestire l’incertezza.

In definitiva, crediamo che il cambiamento prospettato dal Ministro non debba andare nella direzione di una “matematica pratica” a scuola, se questo vuol dire trasmettere qualche regoletta che permette di affrontare specifiche situazioni di realtà simulata (spesso molto mal simulata tra l’altro). In questo senso, risuonano molto attuali le considerazioni fatte nei bellissimi programmi della scuola elementare del 1985, ove si sottolineava proprio l’opportunità (spesso poi mal sfruttata) per l’educazione matematica di andare oltre a questo approccio con l’avvento della scuola media unica e dunque di tempi lunghi per perseguire obiettivi più significativi e veramente utili alla crescita personale di ognuno e per qualsiasi percorso di vita.

Brano tratto da “I programmi della Scuola Elementare” D.P.R. 12 febbraio 1985, n 104, https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1985/03/29/085U0104/sg

Secondo noi, la direzione è proprio quella di spogliare la matematica insegnata a scuola degli aspetti meccanici dei quali non si spiega o non si condivide il senso, né si dà modo di usarli criticamente per affrontare problemi. Tali aspetti, in tale forma, sono sì molto “astratti”, ma nel senso deteriore della parola. Non sono più problemi, ma solo esercizi, e spesso ripetitivi e noiosi. Piuttosto, sulla base della conoscenza di alcuni strumenti di matematica essenziale, bisogna lavorare per sviluppare quelli che sono gli elementi più significativi dell’alfabetizzazione matematica: la capacità di comprendere analiticamente discorsi e situazioni, di dare senso alle cose che ascoltiamo e leggiamo, capendo cosa non è ben definito o cosa non ci è chiaro, di affrontare problemi in contesti diversi, sapendoli schematizzare, ridurre alle componenti fondamentali e lavorare su queste, di saper valutare e produrre argomentazioni, di riconoscere somiglianze e differenze in situazioni diverse.

Tutti aspetti che entrano in gioco quotidianamente nella vita di ognuno di noi, non solo lavorativa, e per il quale il più grosso contributo della competenza matematica viene proprio dall’insegnare ad affrontare la situazione specifica riuscendo ad astrarre e produrre conoscenza utile per altre occasioni apparentemente dissimili. Insomma, questo tipo di astrazione, intesa nel senso proprio della parola, è un valore della competenza matematica, forse uno dei più importanti: è chiaro che non può essere il punto di partenza del percorso, ma deve essere un obiettivo.

Un tale cambiamento richiede un ripensamento profondo dell’approccio all’insegnamento della nostra disciplina (e, tra le righe, anche delle modalità di valutazione), in particolare proprio negli istituti tecnici e professionali. Ripensamento che, scusate il gioco di parole, deve essere pensato bene, coinvolgendo tutte le componenti che possono dare un contributo alla discussione, a partire dall’Unione Matematica Italiana, con la sua “Commissione Italiana per l’Insegnamento della Matematica” (CIIM), e da associazioni come l’AIRDM che si sono sempre spese per costruire un percorso solido di didattica della matematica.

Pietro Di Martino, Professore di prima fascia di didattica della matematica, università di Pisa
Roberto Natalini, Direttore dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo del Cnr

Immagine di copertina: Photo by form PxHere

Roberto Natalini [coordinatore del sito] Matematico applicato. Dirigo l’Istituto per le Applicazioni del Calcolo del Cnr e faccio comunicazione con MaddMaths! e Comics&Science.

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