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Lorenzo Pareschi è professore ordinario di analisi numerica presso l’Università degli Studi di Ferrara. Marco Menale lo ha intervistato per parlare di modelli matematici, aspetti computazionali e sfide future.

Marco Menale: Ciao, Lorenzo. Come stai? E come hai vissuto questi quasi due anni di pandemia?

Lorenzo Pareschi: Bene, grazie. Il ritorno alle attività in presenza è stato sereno. Il lockdown e le successive restrizioni sono stati occasioni per trascorrere più tempo in famiglia e per recuperare il ritardo accumulato nelle attività scientifiche. In realtà il problema principale è stato la didattica, perché molte attività della ricerca erano a distanza già prima della pandemia. E per didattica non mi riferisco al problema del copiare il compito oppure del suggeritore nascosto dietro lo schermo. Ma penso ai corsi di laurea con numeri grandi. Io insegno ad Architettura ed ho due classi, con numeri tra i 100 ed 150. I più penalizzati sono stati studentesse e studenti con una formazione scolastica più debole.

MM: Parlaci un po’ del tuo percorso. Come sei arrivato alla matematica?

LP: Alla matematica arrivo quasi per caso; non ci avevo mai pensato seriamente. Frequentavo il liceo classico e la matematica mi piaceva, ma come hobby. Mi affascinava l’informatica ed il senso di onnipotenza della programmazione. I primi computer entravano nelle case: il Commodore VIC-20, lo ZX Spectrum ed il Commodore 64. E le persone non li vedevano come strumenti di lavoro, ma per programmare videogiochi.

Lorenzo Pareschi

Concluso il liceo, dovevo scegliere tra Matematica ed Informatica. Ma il corso di laurea in Informatica era presente solo a Milano e a Udine. In quel periodo giocavo in serie A di pallamano, così ho scelto il corso di laurea in Matematica dell’Università di Ferrara. Ed ho conseguito il dottorato di ricerca a Bologna, sotto la guida di Giuseppe Toscani. Poi ho approfondito i miei studi a Parigi con Benoit Perthame. E sono diventato ricercatore a Ferrara alla fine del dottorato, continuando lì la mia carriera. Ma ho viaggiato molto. Sono stato visiting professor in Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti. Ancora oggi i modelli numerici mi ricordano la programmazione di videogiochi.

MM: Da cosa sei partito nella ricerca? E di cosa ti occupi?

LP: Mi occupo di modelli matematici e metodi numerici. Durante la tesi di dottorato ho studiato metodi statistici e probabilistici, e  aspetti computazionali per sistemi complessi. Sono sistemi costituiti da numerose particelle interagenti e sono descritti su più scale. A livello microscopico le equazioni di Newton della meccanica classica tracciano l’evoluzione di ogni particella. La descrizione mesoscopica è una scala intermedia. Gli strumenti provengono dalla meccanica statistica, con le equazioni cinetiche. Siamo interessati al comportamento medio, non più a quello della singola particella. Il sistema è descritto con delle distribuzioni. E troviamo anche l’equazione di Boltzmann. I momenti delle distribuzioni forniscono la scala macroscopica, di cui le equazioni di Eulero o Navier-Stokes sono un esempio.

Per la dinamica dei gas rarefatti ho studiato il problema del limite fluidodinamico. Intendo il passaggio dalla scala cinetica a quella macroscopica. Assumiamo che il sistema sia vicino all’equilibrio termodinamico. Allora la distribuzione delle velocità delle particelle ha un andamento particolare detto di Maxwell-Boltzmann. Giustificare a livello analitico e numerico questo processo non è semplice. Inoltre mi occupo dei problemi descritti da equazioni alle derivate parziali di tipo iperbolico. E dei relativi metodi numerici con diverse scale spazio-temporali. E mi interesso della quantificazione dell’incertezza per queste equazioni. Si parte da un problema con aspetti non noti e si stima la probabilità di avere determinati risultati.

I modelli cinetici sono molto versatili. È il caso delle tecniche metaeuristiche per problemi di machine-learning. Risolvono problemi di ottimizzazione in dimensione elevata ispirandosi a dinamiche artificiali tra particelle. Oppure la sociologia computazionale.

MM: Perché è difficile il passaggio da una scala all’altra? Ci fai un esempio?

LP: Nel caso della gasdinamica la descrizione mesoscopica utilizza l’equazione di Boltzmann. E un primo problema consiste nel limitare l’effetto dell’elevata dimensionalità (curse of dimensionality) con la costruzione di algoritmi rapidi. Consideriamo i fenomeni di rarefazione di un velivolo spaziale al rientro in atmosfera. Il sistema non è vicino all’equilibrio. Le equazioni macroscopiche della fluidodinamica classica (Navier-Stokes comprimibile, ndr) non funzionano. Ma giustificare analiticamente e numericamente i passaggi tra le scale è un problema aperto. A livello numerico serve invece una discretizzazione non vincolata ai parametri di scala che renderebbero il metodo inutilizzabile. Ma le discretizzazioni temporali standard risultano troppo costose. Richiedono molte iterazioni per descrivere i profili termodinamici.

MM: Tra le altre cose ti occupi anche di modelli di distribuzione della ricchezza. Cosa può dire la matematica?

LP: I fisici applicavano gli strumenti della meccanica statistica all’economia ed alla finanza. Prendiamo un gas. L’interazione tra le molecole determina stati di equilibrio individuati da quantità macroscopiche di cui pressione e temperatura sono degli esempi. In un sistema economico gli agenti sono le particelle e la distribuzione della ricchezza emerge dalla loro interazione. Nel 1896 il matematica austriaco Ludwing Boltzmann pubblica la famosa equazione per le densità di molecole. E nello stesso periodo l’economista Vilfredo Pareto descrive la distribuzione della ricchezza lungo code di potenza. Per la prima volta le disuguaglianze sociali sono tradotte in termini matematici.

Lorenzo PareschiE ancora ci scandalizziamo a leggere che il 10% circa della popolazione mondiale detiene l’85% della ricchezza. È anche vero all’interno di una singola nazione. I modelli cinetici sono in grado di confermare tale comportamento. forniscono una descrizione  della distribuzione della ricchezza. Consideriamo un piano cartesiano. Rappresentiamo sull’asse delle ascisse la percentuale cumulativa di popolazione e l’ammontare del reddito sull’asse delle ordinate. Otteniamo allora la curva di Lorentz che misura la disuguaglianza. Il coefficiente di Gini fornisce lo scostamento tra la curva e la retta di perfetta uguaglianza. Le simulazioni numeriche confermano le analogie.

MM: Di recente ti sei occupato anche della relazione tra pandemia, come quella da Sars-CoV-2, e distribuzione della ricchezza. Cosa puoi dirci?

LP: Il lavoro “Wealth distribution under the spread of infectious diseases” nasce dalla situazione vissuta. Da matematico ho studiato le correlazioni tra la pandemia e la distribuzione della ricchezza e come si influenzano tra loro. Così cercavo le risposte a questa domanda in funzione della società e delle misure restrittive adottate. Con i miei coautori sono partito dal classico modello epidemiologico SIR. Ma l’abbiamo associato ad uno cinetico per lo scambio della ricchezza e abbiamo ottenuto risultati interessanti. Da un lato è emersa l’eterogeneità della diffusione della pandemia nelle diverse classi sociali. Dall’altro l’impatto della pandemia sulla distribuzione della ricchezza. E le simulazioni numeriche hanno evidenziato la contrazione della classe media. Questa è definita come la classe compresa tra il 20% più povero ed il 20% più ricco della società. Insomma, le disuguaglianze sociali e la povertà aumentano.

MM: Ma quali sono i vantaggi e i limiti dei modelli cinetici?

LP: Partiamo dal modello precedente. L’approccio classico non considera le interazioni socioeconomiche tra gli agenti. I modelli cinetici forniscono situazioni più realistiche dato che l’epidemia impatta diversamente sui vari strati sociali. Ma restano ancora ancora grandi sfide. Infatti si tratta di fenomeni complessi per cui non esistono principi fondamentali come nella fisica classica e per ora abbiamo solo risultati qualitativi. Ma la grande disponibilità di dati e la crescita esponenziale della potenza di calcolo fanno ben sperare per il futuro. Le tecniche di machine learning possono adattare meglio il modello ai dati. In questo modo potremo ottenere scenari sempre più plausibili.

MM: Prima di salutarti, un’ultima domanda. Cosa fai nel tempo libero?

LP: Sono appassionato di fantascienza, da Asimov a Guerre Stellari. Amo fare sport e attività all’aria aperta. Mi piace andare in bici perché la vedo come una filosofia di vita.

Marco Menale

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