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È stato pubblicato di recente per le edizioni Einaudi il libro La seconda prova. Imparare la matematica vent’anni dopo, scritto da Pietro Minto, che parla del rapporto dell’autore, da adulto, con la matematica. Lo ha letto e commentato per noi Daniele Gouthier.

Al liceo, Pietro Minto odiava la matematica, come ci informa l’attacco dell’aletta: niente di strano, non è stato né sarà l’unico. La particolarità interessante è che “l’incontro mancato con la matematica rimane dentro di lui come una ferita non rimarginata” e Minto decide di rimediare. Questo libro è la cronaca dell’anno e mezzo che l’autore dedica a ristudiare, capitolo dopo capitolo, la matematica dei cinque anni del liceo scientifico fino al tema di matematica dell’esame 2005-2006. Lo fa sotto la guida del professor Antonio Melillo, suo insegnante al liceo, una figura presentata, secondo stereotipo, come “terribile” che nel tempo odierno, incontro dopo incontro, chat dopo chat, diventa un amichevole supporto.

Mi avvicino al racconto con curiosità e gratitudine per aver trovato un non-matematico che mette le mani in pasta. Era dai tempi di Tutto, e di più di David Foster Wallace che non mi capitava. Certo, l’enfasi con cui Minto racconta la sua “challenge” non è il mio stile preferito e la dichiarazione che “la matematica può essere piacevole, appassionante, divertente e addirittura salvifica” stride con parole ed emozioni che a me dicono l’esatto contrario. Mi appassiona però il tentativo di farsi guida, da ex-studente adulto, per le tante persone che sentono di avere una ferita non rimarginata creata dalla matematica e che potrebbero prendere ad esempio un non-matematico che ce l’ha fatta. Sono certo che le persone ferite dalla matematica che hanno maturato il bisogno di una riconciliazione, troveranno stimoli, sorrisi e ricordi che saranno loro d’aiuto. Però, loro e tutte le lettrici e i lettori, troveranno anche una miriade di errori da matita blu tali da far traballare il senso di questa seconda prova.

Pietro Minto fa errori che sarebbero imperdonabili per uno studente delle medie. Mi immedesimo quindi nel professor Melillo che, proprio in chiusura del volume, evita la responsabilità di leggere il testo prima della pubblicazione (“Non credo ce la farei a leggerlo prima, Pietro. Sono molto occupato”). Mi lascia invece costernato che una casa editrice con la storia e il prestigio di Einaudi che, per rimanere ai soli libri che riesco a vedere nello scaffale a fianco della mia scrivania, ha pubblicato Il mago dei numeri di Hans Magnus Enzensberger, Racconti matematici curati da Claudio Bartocci e La matematica è politica di Chiara Valerio, abbia fatto un editing così scadente per questo racconto dalle ottime intenzioni e dalle migliori premesse. Per non rimanere sul vago e sperando che Einaudi possa rimediare con una seconda edizione vi propongo una non esaustiva antologia di passi da matita blu.

Nell’introduzione agli insiemi numerici leggo che “Si prosegue con i numeri razionali, ottenuti dividendo due numeri interi primi tra di loro”. Certo, un numero razionale è sempre il quoziente di due interi primi tra loro, ma questo non è necessario: anche la divisione di 4 per 6 è un razionale. Poco oltre, la frase “L’insieme dei numeri Q, per dire, viene definito “denso” perché ciascun numero che gli appartiene non ha né precedente né successivo” non significa quello che dovrebbe significare, ovvero che tra due razionali distinti ne esiste sempre un terzo distinto da entrambi. Così come il termine “gruppo” non è sinonimo di “insieme”; e “rapporto” non lo è di “funzione”. Le funzioni, poi, sono protagoniste di un lapsus mentis: siamo sul piano cartesiano e vengono posti in relazione gli insiemi \(F=\){-6°, -2°, -6°, -4°} e \(G=\){12 gennaio, 13 gennaio, 14 gennaio, 15 gennaio}, temperature registrate e data di registrazione. Ebbene, anche se il grafico che illustra la situazione è un’inequivocabile spezzata, il testo dice che “si ottiene una retta che rappresenta la funzione \(F\to G\)”. Non è una retta e comunque rappresenta la funzione \(G\to F\).

Minto mi pesta un callo quando scrive che “matematica e geometria nascono intrecciate l’una all’altra”, dando fiato alla vulgata che la seconda non sia parte della prima. Poco dopo, i babilonesi calcolano la radice di due con sorprendente precisione, “1,414213 invece di 1,414214”, con buona pace delle infinite cifre decimali del suo sviluppo: 1,41421356… (correttamente evocato con i puntini d’obbligo a pagina 23). Lascio agli storici della matematica alcune ricostruzioni che non mi tornano al cento per cento, anche perché la mia attenzione è attratta dai numeri naturali che per i pitagorici erano “misteriosi pattern cosmici”: “il numero 1 era un singolo sassolino; il 2 era una coppia di sassi; il 3 formava un triangolo di ciottoli, mentre il 4 produceva due file di sassolini o un quadrato. Anche il 6 era un quadrato, però più grande”. Le cose non stanno del tutto così: 1, 3 e 6 sono i primi numeri triangolari e, mentre 4 è un quadrato, 6 non lo è. Come non è vero che sempre i pitagorici “scoprirono che la somma di due numeri triangolari consecutivi dava un numero quadrato (ad esempio: 3+3=6)”. Qui faccio fatica a non lanciare il libro invocando tutti gli dei delle redazioni: per il lettore non matematico va detto che 1, 3(=1+2), 6(=1+2+3), 10(=1+2+3+4), e di seguito tutte le somme dei primi n numeri naturali, sono i numeri triangolari; e che, in effetti, se ne sommiamo due consecutivi 1+3=4, 3+6=9, 6+10=16 e così via, otteniamo sempre un quadrato perfetto. Le parole dell’autore sono un esempio emblematico di come da due affermazioni false se ne possa tirare fuori una corretta. Qui le due premesse errate sono che 3 e 3 siano due numeri triangolari consecutivi (mentre sono lo stesso numero!) e che 6 sia un numero quadrato (mentre non lo è). La conclusione corretta è che 3+3 sia effettivamente uguale 6. I due errori in qualche bizzarro e insensato modo si compensano, ma certo il lettore può uscirne disorientato.

Facciamo un salto fino all’equazione esponenziale \(2^x=2^4\). Come primo passo l’autore la traduce correttamente nella più maneggevole \(x=4\). Poi si confonde e ci spiega che risolverla è lo stesso che domandarsi “Qual è quella quantità che, data come esponente a 2, dà 4?”. Le cose ovviamente non stanno così, come anche per l’affermazione che “la risposta è 2”, che risponde alla domanda ma non risolve l’equazione esponenziale. Qui avrei voluto suggerire a Minto e ai suoi editor un non troppo veloce ripasso sulle potenze, ma leggere poco più avanti che “con gli esponenziali siamo a un passo dai logaritmi e con i logaritmi siamo ormai nel terreno del calcolo infinitesimale” mi getta di nuovo nella confusione. Salto a piè pari – in questa recensione, beninteso, non certo nella lettura – pagine e pagine non meno ricche di imprecisioni e veri e propri errori e arrivo a leggere che “Il triangolo rettangolo di ipotenusa x con l’area più grande possibile è quello che ha i due cateti della stessa lunghezza, ergo è equilatero”, mentre tutti sappiamo che un triangolo equilatero ha tutti gli angoli di 60° e quindi non può essere rettangolo. E qui mi fermo per lasciare alla vostra pazienza i capitoli su trigonometria, derivate, integrali e studi di funzione. Non credo che il mio raccontarvi altro sarebbe di nessun aiuto. Piuttosto salutiamoci e facciamolo con uno spiraglio di speranza per Pietro Minto, per Einaudi e per tutti noi.

Il mio consiglio è che gli insegnanti della secondaria di secondo grado (non solo quelli del liceo scientifico) invitino i loro studenti a leggere La seconda prova, a riconoscere almeno cinque errori matematici e a spiegare perché sono tali. Lavorare sugli errori altrui, avere l’evidenza che non siamo gli unici a sbagliare, capire che la matematica è difficile e scivolosa per tutti e che un inciampo è sempre dietro l’angolo aiuta a rimarginare le nostre ferite, e a capire che non siamo gli unici a essere in difficoltà con l’arte di apprendere. In questo, La seconda prova può rappacificare molti con la matematica e aiutarli, per una via non del tutto lineare, a far sì che i conti tornino.

Daniele Gouthier

La seconda prova. Imparare la matematica, vent’anni dopo
Pietro Minto
Einaudi, 2024
18,00 €
Editore: Einaudi
Collana: Frontiere Einaudi
Anno edizione: 2024
In commercio dal: 26 marzo 2024
Pagine: 176 p., Rilegato
EAN: 9788806258931

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