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di Leandro Arosio

È un’esperienza radicalmente diversa dai vari workshop o convegni a cui si è abituati quando si fa ricerca in matematica. La cosa migliore per iniziare a raccontarla è partire da un po’ di storia, e in particolare dai Lindau Nobel Laureate Meetings. Lindau è una piccola città tedesca sul lago di Costanza, dove nel ’51 due medici tedeschi decisero di organizzare un incontro tra premi Nobel della medicina e giovani ricercatori per rilanciare lo scambio scientifico internazionale che ristagnava dopo il secondo conflitto mondiale. Da allora, con cadenza annuale, nella stessa cornice si sono alternati premi Nobel in medicina, fisica, e chimica, e l’evento è diventato (con parole loro) un “forum universalmente riconosciuto per il passaggio della conoscenza tra generazioni di scienziati”. Ora, è noto che non esistono premi Nobel per la matematica e per l’informatica. Una lacuna colmata (finora) da ben tre premi, altrettanto prestigiosi: i premi Abel, Turing e la medaglia Fields. I primi due sono a tutti gli effetti dei sostituti dei premi Nobel rispettivamente per la matematica e l’informatica. La medaglia Fields è in un certo senso l’intruso: viene assegnata ogni quattro anni dall’International Mathematical Union a matematici che non abbiano superato i fatidici quarant’anni (Wiles quando ha dimostrato il Teorema di Fermat li aveva da poco superati, quindi niente da fare) e la si può ritenere responsabile della leggenda urbana secondo la quale un matematico dopo i quaranta ha “già dato” (e se proprio non vuole andare in pensione, almeno dovrebbe dedicarsi a fundraising o simili). Lo Heidelberg Laureate Forum è un incontro modellato sui Lindau Meetings, in cui giovani ricercatori in matematica e informatica hanno la possibilità di avere un incontro ravvicinato con i vincitori dei premi Abel, Turing e Fields nella splendida città di Heidelberg. Lo slogan non lascia dubbi sulle intenzioni: “Laureates meet the next generation”. Sono stati invitati tutti i novanta Laureates viventi, e quasi la metà ha raccolto l’invito. Per quanto riguarda i giovani ricercatori, ne sono stati selezionati cento tra i matematici e cento tra gli informatici.

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La macchina organizzativa: spazio anche per… l’Oktoberfest

L’ideatore e organizzatore di questo incontro è Klaus Tschira, il fondatore della nota software company SAP, che nel ’95 ha creato una fondazione per promuovere la matematica e l’informatica. Tschira è un uomo molto appassionato, con una disponibilità di mezzi impressionante. In effetti la macchina organizzativa dell’HLF lavora a tempo pieno senza mai un’incertezza o una sbavatura. Tutto è stato predisposto nel migliore dei modi, a cominciare dai badge al collo coi cordini di diversi colori a segnalare chi fosse Laureato, ricercatore, ospite, giornalista, blogger, fotografo, membro dello staff o quant’altro. Limando minuziosamente i tempi morti del programma (e i tempi di riposo) sono riusciti a inserire nello spazio di una settimana venti lezioni plenarie, tre mini-workshop, due tavole rotonde, due cene in due diversi castelli, gita in barca, concerto a tema alla Stadthalle, visita ai centri di ricerca locali e perfino a ricreare una Oktoberfest con tanto di barile di birra e di danzatori bavaresi intenti a riempirsi di schiaffi a suon di musica.

Si comincia con la marcia trionfale

La cerimonia di apertura inizia con un coup de théâtre che sfiora il kitsch. Nella sala principale della Neue Universität ricolma di giovani ricercatori i Laureati vengono fatti entrare, visibilmente imbarazzati, sulle note trionfali di “Pomp and Circumstance”. Poi una lunga serie di discorsi fortunatamente intervallata da quattro sassofoniste uscite dal nulla che propongono godibilissimi classici jazzati. Tschira nel discorso d’apertura si lascia andare a un piccolo sfogo: troppi Laureati matematici avrebbero declinato adducendo motivi di salute, viene da pensare che la matematica faccia male. Piccata la replica della presidente dell’IMU, Ingrid Daubechies: cita una qualche statistica secondo la quale i matematici risultano essere i più felici del proprio lavoro, quindi esclude categoricamente che la professione sia nociva per la salute. Ovazione poi per Vint Cerf, presidente dell’ACM e premio Turing, che termina il suo intervento chiedendo a gran voce “La prossima volta direi di lasciar perdere “Pomp and Circumstance”, ma richiamiamo le sassofoniste!”.

Dalla cerimonia di apertura ci si sposta alla Stadthalle per il concerto. L’orchestra è quella della SAP, e lo spettacolo si chiama “Mozartiana con spirito scientifico” (sic). Due attori discutono animatamente sulla seguente questione: può il computer creare arte? Ad esempio può generare un brano di musica classica bello come quelli di Mozart? Fanno sentire due brani invitando il pubblico a capire quale sia quello di Mozart e quale sia quello generato dal computer. Il pubblico è diviso, ma, colpo di scena, entrambi sono generati dal computer. Tutto molto divertente, un unico dettaglio stonato: l’intero spettacolo è in tedesco, senza sottotitoli.

Villani superstar

L’atmosfera tra i partecipanti è molto informale e rilassata, e questo è uno degli aspetti migliori del Forum. Cito dal discorso d’apertura di Tschira: “Lo scopo di questo Forum è costruire relazioni, trovare esempi e modelli, creare amicizie tra i vincitori dei premi e i giovani ricercatori”. Capita quindi spesso durante le pause tra i talk, oppure a pranzo e a cena, che si formino capannelli di ricercatori attorno a qualche Laureato che racconta aneddoti personali. La star in questo senso è indubbiamente Cédric Villani. Che sia in coda a mensa o durante la gita in barca, si sposta circondato da una nuvola di giovani interessati ai suoi racconti o semplicemente desiderosi di sapere perché porta sempre una spilla a forma di ragno (se la cosa incuriosisce anche voi, devo confessare che la sua risposta è stata decisamente elusiva). Tra i giovani ho notato con piacere una nutrita partecipazione di italiani, per poi apprendere con dispiacere che la maggior parte lavora all’estero.

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La “classifica” delle lezioni

Quanto alle lezioni, i Laureati sono stati lasciati completamente liberi nella scelta degli argomenti, con la sola preghiera di ricordarsi che la maggior parte del pubblico non conosceva nulla di quello di cui si occupano. Questo è stato a mio avviso fondamentale: nonostante non siano mancati i talk incomprensibili dall’inizio alla fine, la maggior parte dei Laureati ha cercato di far passare qualcosa a tutti. Nel mio piccolo è stato sorprendente riuscire ad apprezzare numerosi talk di informatica, di cui non so assolutamente nulla. Non potendo raccontare tutte le lezioni plenarie e i workshop, mi limito a darvi una mia personale classifica (a ogni modo tutte le lezioni sono registrate e si possono vedere gratuitamente sul sito dell’ HLF).

La più divertente: Reddy (Premio Turing)

Raj Reddy ha organizzato un torneo a eliminazione diretta tra i pretendenti al titolo “l’uomo che ha inventato il computer”. Partecipanti: Pascal, Leibnitz, Babbage, Atanasoff, Turing, Zuse, von Neumann e altri. Ha quindi proiettato una grossa matrice piena di YES e NO dove le righe corrispondevano ai partecipanti e le colonne ai requisiti che un computer deve soddisfare per definirsi tale, come l’essere programmabile, elettronico, binario, l’esistenza di un prototipo funzionante e quant’altro. Poi via con le eliminazioni: per primi ci lasciano Pascal, Leibnitz e Atanasoff per la mancanza di programmabilità. E così via tutti gli altri tranne Turing e Von Neumann che si affrontano nella sfida finale, vinta di misura dal primo. Conclude con un finale un po’ troppo buonista: in fondo hanno tutti diritto di fregiarsi del titolo “l’uomo che ha inventato il computer”.

La più Houdini: McMullen (Medaglia Fields)

Curtis McMullen ha deliziato i partecipanti del workshop sulla topologia quantistica con un trucco di “magia matematica”. Si tratta di attorcigliare una corda circolare attorno a due moschettoni aperti in modo che quando chiudiamo i moschettoni il tutto sia legato assieme e non sia possibile sciogliere la corda dai moschettoni. Poi si agganciano assieme i due moschettoni e la corda cade al suolo tra lo stupore degli astanti. Oltre ad essere una freccia in più al vostro arco per provare a convincere gli amici che la matematica serve a qualcosa, è un bell’esercizio sul gruppo fondamentale. Infatti la corda resta legata perché il gruppo fondamentale del complementare dei due moschettoni non agganciati non è abeliano, mentre quando agganciamo i due moschettoni diventa abeliano. Qui  potete vedere come si fa e perché funziona.

La più messianica: Voevodsky (Medaglia Fields)

Riguardo a questa lezione scenderò un po’ più nel particolare essendo quella che ha generato più “scalpore”. Dieci anni fa, cercando un nuovo argomento dopo aver vinto la medaglia Fields per i suoi lavori in teoria dell’omotopia, Vladimir Voevodsky si pone la seguente domanda (c’è chi può): “Di che cosa ha maggiormente bisogno la matematica per il suo sviluppo?” La sua risposta è che ha bisogno di un software che aiuti i matematici a controllare le dimostrazioni, in modo che possano andare a letto felici senza svegliarsi sudati nella notte avendo trovato un errore. Un interessante software di questo tipo esiste già: il francese Coq Proof Assistant, basato sulle teorie dei tipi di Martin-Löf. Studiando Coq, se ne esce con una nuova semantica per queste teorie, direttamente mutuata dalla teoria dell’omotopia. Solitamente i tipi sono interpretati come una sorta di insiemi, e questo è il punto che non convince Voevodsky. Giunge alla conclusione che i tipi non sono insiemi, ma vanno interpretati come tipi di omotopia, e questo lo porta alla seguente considerazione generale: la matematica in realtà studia le strutture sui tipi di omotopia. Quindi un buon linguaggio che scriva matematica in modo che sia controllabile da un software deve essere un linguaggio che lavori sui tipi di omotopia. E, sorpresa, il linguaggio delle teorie di Martin-Löf è adattissimo per questo nuovo approccio. Si mette quindi a formalizzare l’Algebra I di Bourbaki in questo linguaggio, e facendolo si convince di aver trovato la soluzione alla domanda che si era posto: un linguaggio che sia allo stesso tempo adatto agli uomini per lavorarci, e abbastanza formale per prestarsi alla verifica del software. È a questo punto che si rende conto che la teoria degli insiemi di Zermelo-Fraenkel non gli serve più, e che il suo approccio costituisce fondamenta completamente autosufficienti per la matematica: le chiama “Univalent Foundations”. La novità centrale è questa: mentre in Zermelo-Fraenkel una volta definito (ad esempio) il concetto di gruppo la maggior parte degli enunciati riguardanti gruppi non sarà invariante per isomorfismi (di gruppi), nelle Univalent Foundations ogni enunciato che coinvolga gruppi è automaticamente invariante per isomorfismi. La netta impressione che si ha è che Voevodsky sia sicuro che rivolterà la matematica come un calzino.

La lezione più stimolante: i consigli a un giovane matematico di Sir Atiyah (Medaglia Fields e Premio Abel)

Sir Michael Francis Atiyah ha carisma da vendere e tanta voglia di trasmettere la propria grande esperienza. Il titolo della lezione è una dichiarazione di intenti: “Consigli a un giovane matematico”. Inizia con un avviso che è un piccolo capolavoro: “Quella che segue è una visione personale basata sulla mia esperienza. Fortunatamente tra i matematici c’è una grande diversità, che serve a livello evoluzionistico per garantire una buona selezione. L’originalità, che è la più grande fonte di progresso si ottiene rompendo col passato e ignorando i consigli. Quindi io vi do i consigli, voi ascoltateli, ma non seguiteli”. I consigli toccano vari temi, ecco un breve sunto:

-Da giovane anche Atiyah ha avuto paura di non farcela ed è stato vicino a lasciare la ricerca. Poi ha parlato con Serre (a suo dire il più grande matematico della sua generazione) che gli ha detto che anche lui ha avuto paura di non farcela ed è stato vicino a lasciare la ricerca. Insomma, è normale, e passa.

-Si può addirittura azzardare che solo i mediocri sono eccessivamente sicuri delle proprie abilità: quanto migliori si è, tanto più in alto si tende a posizionare la propria asticella.

-Non chiudetevi a pensare soli nel vostro ufficio: parlate con gli altri, collaborate coi vostri colleghi e amici.

-Volete delle idee? Continuate a porvi domande: la curiosità è il motore della ricerca.

-Fatevi una lista di esempi basati sul vostro background su cui testare le vostre idee. Serve a tenere i piedi per terra.

-Non confondete il processo creativo con le dimostrazioni: quest’ultime sono un aspetto tecnico, l’ultima verifica di un’idea.

-I problemi migliori su cui lavorare sono quelli che ci si è posti da soli. Quando si lavora su un problema posto da qualcun altro non si ha controllo sulla reale difficoltà e sul background del problema.

-Createvi la vostra nicchia nella matematica, e mostratevi indipendenti.

-Gli articoli scritti male vengono ignorati, quelli scritti bene possono diventare dei classici.

Per finire, un’ultima citazione che non è un consiglio ma merita di essere riportata: “non esiste la matematica pura, esiste solo quella applicata e quella non ancora applicata”.

Un rientro (quasi) felice

Quest’ultima lezione in particolare è un bell’esempio di quello che spera di ottenere Tschira: che i Laureati riescano a trasmettere qualcosa di più di una serie di risultati, un misto di esperienza personale e di visione a volo d’uccello, quel qualcosa che è difficile ottenere a un normale convegno. Alla fine del Forum posso dire con sicurezza che l’obiettivo è centrato in pieno. Riprendo l’aereo per Roma con una piacevole sensazione, turbata soltanto dal ricordo dell’agghiacciante ricostruzione del premio Turing William Kahan di come un errore di programmazione del computer di bordo abbia causato la caduta del volo Airfrance Rio-Parigi.

Leandro Arosio è assegnista di ricerca in matematica all’Università di Roma “Tor Vergata”.  Si occupa di dinamica olomorfa in più variabili complesse. La sua partecipazione a questo evento è stata possibile grazie alla segnalazione e al sostegno dell’Istituto Nazionale di Alta Matematica.

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