Quando un meme comincia a diffondersi, diventa difficile fermarlo, come un’epidemia. Per questo, si usa la matematica dell’epidemiologia per studiare e comprendere questo fenomeno. Ce ne parla Marco Menale.
È l’epoca dei meme, le immagini, e non solo, che diventano virali sui sociali. Ne troviamo tantissimi, con sfumature diverse rispetto alla più recente attualità. Siamo così esposti che appena succede qualcosa di particolare, come quando un personaggio televisivo reagisce con una curiosa smorfia facciale, diciamo subito “questa è proprio da meme”. Il meccanismo di successo dei meme, in termini di diffusione, può essere modellato e, poi, compreso, con una matematica molto simile a quella delle epidemie.
Facciamo prima un passo indietro. Il termine meme è stato introdotto per la prima volta da Richard Dawkins nel 1976 nel suo saggio “Il gene egoista”. Dawkins lo concepì come un’unità di trasmissione culturale, analoga al gene nella biologia, che si replica attraverso l’imitazione. Nel contesto odierno dei social media, i meme rappresentano contenuti come immagini, video o frasi che si diffondono rapidamente tra gli utenti, modellando tendenze e influenzando opinioni.
L’aggettivo virale per descrivere la diffusione dei meme non è così casuale. In questo schema si sono mossi J. Zhai e B. Xu nell’articolo del 2021 “Research on meme transmission based on individual heterogeneity”.
L’idea è partire da un modello epidemiologico ben noto: il SEIR o SEIRS. La popolazione è divisa in quattro compartimenti: suscettibili, esposti, infetti e rimossi. I suscettibili sono gli individui che non hanno ancora visto il meme. Gli esposti coloro che lo hanno visto, ma non lo hanno ancora condiviso, a differenza degli infetti che lo diffondono attivamente. Infine, i rimossi sono gli individui che hanno smesso di condividerlo. Dall’interazione tra suscettibili e infetti avviene la diffusione del meme, proprio come di un virus.

Figura 1. Confronto tra SEIR(S) e SIR-EIR. Fonte: Research on meme transmission based on individual heterogeneity.
Tuttavia, questo schema è un po’ rigido nel caso dei meme. La diffusione dei meme nelle reti sociali è un fenomeno complesso, influenzato non solo dal contenuto stesso, ma anche dalle caratteristiche individuali degli utenti e dalla struttura della rete. Questa complessità è solita quando si parla di interazioni su di una rete, come i litigi. Per questo, Zhai e Xu hanno leggermente modificato il modello, arrivando a un modello chiamato SIR-EIR, dove hanno aggiunto ulteriori passaggi tra i vari compartimenti, così da tener conto delle caratteristiche degli individui che interagiscono. Ad esempio, nello schema epidemiologico SEIR un individuo nel compartimento S non può passare in R senza essere passato prima per I, ossia deve prima contagiarsi. Invece, nel modello SIR-EIR, è possibile questo passaggio così da poter considerare anche l’atteggiamenti di chi non condivide un meme nemmeno se lo vede.
I due non si fermano qua. Per rendere ancora più realistico il modello ne presentano una versione che tiene conto dell’eterogeneità della rete e che chiamano IHSEIR. Tra gli altri, inseriscono: l’interesse dell’utente, il suo livello di fiducia e la percezione del rischio. Queste caratteristiche influenzano la diffusione dei meme. Il modello IHSEIR viene testato con simulazioni realizzate con approccio multi-agent. In primo luogo, emerge (a conferma) che l’interesse personale gioca un ruolo cruciale nella diffusione dei meme: se basso, molti utenti si disinteressano immediatamente, riducendo l’impatto del contenuto. Inoltre, un ambiente sociale con alta percezione del rischio e bassa fiducia rende le persone più esitanti e meno propense alla condivisione, rallentando o bloccando la propagazione del meme. Infine, emerge un ulteriore aspetto interessante dalle simulazioni. Eventuali interventi regolatori, come moderazione o fact-checking, sono efficaci solo se applicati nelle primissime fasi della diffusione, altrimenti sono inutili se non (forse) controproducenti.
Il modello IHSEIR consente di descrivere e comprendere il meccanismo di diffusione dei meme. Certo, è possibile arricchirlo aggiungendo ulteriore eterogeneità all’interno della rete. Tuttavia, modelli come l’IHSEIR rappresentano continui passi verso una modellistica matematica della complessità sociale e cognitiva dei fenomeni che regolano i social. Solo così possiamo aspirare a comprendere davvero come un meme riesca a scatenare un’epidemia culturale, con tutte le sue conseguenze.
Conosci Nathalie Ayi? Ho visto una súa conferenza su questi temi al festival di matematica di Tolosa.
beh, nathalie è una delle migliori divulgatrici francesi
Interessantissimo! Ho alcune curiosità e ti chiedo se conosci studi che le affrontino.
1) Qual è l’influenza della topologia della rete sulla diffusione di un meme?
2) Ci sono coratteristiche di nodi della rete che ne facciano dei diffusori privilegiati?
3) Capisco bene come un modello epidemiologico si adatti bene alla diffusione di un singolo meme, ma come si spiega (meglio: come si può modellare) il fatto che un meme diventi virale e uno anche molto simile no?
Grazie,
Massimo