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Sbagliando s’impara? Una nuova ricerca dell’École Polytechnique in Francia ha cercato di testare la veridicità di questo antico (e saggio) adagio, arrivando a conclusioni piuttosto spiazzanti.
Nella Teoria dei giochi, le persone sono generalmente rappresentate come agenti razionali che apprendono dalle esperienze passate per ottimizzare le loro prestazioni arrivando infine a uno stato stabile in cui sanno come massimizzare i propri guadagni. Jérôme Garnier-Brun dell’École Polytechnique e colleghi hanno sviluppato un modello matematico di un gioco che prevedeva centinaia di giocatori teorici. Ognuno di essi poteva scegliere tra due azioni, come comprare o vendere un titolo. I giocatori interagivano tra loro, e le loro decisioni venivano influenzate dalle azioni passate (ossia: possono imparare dall’esperienza). I ricercatori potevano regolare con precisione quanto le esperienze passate influenzassero le decisioni future e quanto i giocatori cooperassero o competessero tra loro.
Avendo a disposizione tutte queste “manopole di controllo”, gli scienziati, usando metodi di fisica statistica, hanno simulato al computer diversi scenari di gioco. Le teorie economiche suggeriscono che, con i parametri giusti, i giocatori virtuali dovrebbero raggiungere uno stato stabile di massima efficienza, ma così non è successo. Il risultato più probabile era uno stato che non si stabilizza mai.
La spiegazione fornita dagli studiosi è che in assenza di un giocatore centrale e onnisciente in grado di coordinare tutti, i giocatori normali riuscivano solo a raggiungere stati “soddisfacenti”, ma non ottimali. In altre parole, arrivavano a un livello che soddisfaceva aspettative minime, ma nulla di più: guadagnavano più di quanto avrebbero fatto scegliendo a caso (quindi imparare non era inutile) ma ottenevano comunque meno di quanto avrebbero potuto se l’esperienza passata avesse davvero permesso di ottimizzare le prestazioni. Quindi, “Sbagliando s’impara… un po’”.

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