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Una recensione del volume “Classical Measurements in curved spac-times” della Cambridge University Press.

 

La Teoria della Relatività Generale, formulata da Einstein nel 1915, riveste la duplice funzione di teoria fisica della gravitazione (intesa quest’ultima come un fenomeno fisico i cui effetti noi sperimentiamo quotidianamente) e di algoritmo matematico con cui rappresentare, descrivere e applicare tutte le altre leggi della fisica.

Da  questo  punto di vista, la logica che sottende la formulazione della teoria vuole, almeno nella sua elaborazione originaria, che la gravitazione sia concepita come il supporto strutturale della realtà, un substrato formale che accomuna in uno stesso linguaggio matematico tutti i fenomeni fisici palesemente non quantistici. I due volti della relatività generale sono tuttavia strettamente connessi fra loro assicurando alla stessa il carattere di una genuina teoria fisica, sottraendola alla semplicistica e riduttiva connotazione di mero modello matematico. Ciò che stabilisce questo legame è il concetto di misura attraverso cui si estrinseca tutta la sua potenza predittiva oltre che  interpretativa della realtà che ci circonda. La definizione di misura e il metodo che conduce alla sua strutturazione formale compatibile con la particolare situazione in esame è l’obiettivo del libro di Fernando de Felice e Donato Bini, edito dalla Cambridge University Press, nella collana“Cambridge Monographs of Matheamatical Physics” lo scorso Agosto 2010. Pur nella complessità dell’argomento,  questo libro ambisce subito a essere di estrema utilità perché raccoglie in  forma consequenziale un gran numero di argomenti e di nozioni che altrimenti rimarrebbero sparpagliati nella letteratura senza argomentazioni che ne rivelino l’essenzialità. Si parla infatti di osservatori, di sistemi di riferimento, di tetradi, di leggi di trasporto, di confronto fra osservatori, di ambiguità nell’interpretazione di una misura e altro. Tutte queste nozioni tuttavia devono potersi esprimere in forma matematica per essere utilizzabili e ciò è quanto il libro persegue con metodicità e rigore al prezzo di un’inevitabile complicazione formale. Un’attenta lettura, tuttavia, rivela una scorrevolezza inaspettata resa più evidente dalla presenza  di un filo logico che, come già detto, collega le varie parti rendendole parti di un unico disegno.  L’essenza di ciò è riassunta nel protocollo di misurazione  che riassume i passaggi necessari per giungere alla definizione di misura. 1)      Identificare le equazioni covarianti che descrivono il fenomeno in esame. 2)      Identificare l’osservatore che compie la misura. 3)      Scegliere un sistema di riferimento tetraedale  adattato all’osservatore per poter effettuare la scomposizione dello spazio-tempo nello spazio e nel  tempo dello stesso. 4)      Decidere se la misura in questione sarà locale o non-locale rispetto alla curvatura geometrica di base. 5)      Identificare le componenti tetraedali delle quantità che vogliamo siano oggetto di misura. 6)      Trovare un’interpretazione fisica delle componenti di cui sopra. 7)      Verificare il grado di ambiguità nell’interpretazione della misura e pensare a come ridurla al minimo. Pregevole appare la scelta di discutere in modo approfondito alcune misure collegate a fenomeni di grande interesse astrofisico e spaziale, quale la determinazione operativa dei parametri di un buco nero e la realizzazione di un nuovo effetto di relatività generale detto  relativistic thrust anomaly che illustriamo brevemente. In situazioni normali, i seggiolini di un carosello al Luna Park si distendono in direzione uscente rispetto all’asse di rotazione della giostra tanto di più quanto più alta è la rotazione. In tal caso, per essere trattenuti a una certa distanza dal detto asse, occorre che le catene a cui sono legati  i seggiolini esercitino una forza“entrante” (Vedi Fig. 1). Esistono tuttavia situazioni, anche nel campo gravitazionale terrestre, in cui accade il contrario, cioè con l’aumentare della rotazione della giostra i seggiolini sono vieppiù spinti verso l’asse di rotazione invece che lontano da esso. In tal caso, per mantenerli a una distanza fissa, occorre che le catene esercitino una forza uscente contrariamente al senso comune (Vedi Fig. 2). Ovviamente, la giostra rappresenta figurativamente un corpo gravitante in rotazione e l’effetto delle catene sui seggiolini va pensato come il campo gravitazionale bilanciato, dove necessario, da una spinta (thrust) mediante un propulsore di qualche tipo.

Il libro si conclude con cento esercizi le cui soluzioni rappresentano un banco di prova della validità  educativa del libro, che rimane una dei più interessanti lavori degli ultimi anni.

 

di Fernando de Felice e Donato Bini

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