John D. Barrow, cosmologo, matematico e astrofisico, professore all’Università di Cambridge, autore del testo teatrale “Infinities” e di decine di saggi e articoli divulgativi, è morto il 27 settembre scorso all’età di 67 anni. Ci ha lasciato un ultimo libro, edito da Il Mulino, pubblicato in italiano sotto la supervisione di Pino Donghi. Lo ha letto e ce ne parla Roberto Natalini.
Teorie del tutto di John Barrow è uno dei primi libri di divulgazione che abbia mai letto (era il 1992!). Quando uno decide di fare lo scienziato solitamente non ha molto tempo per leggere esposizioni non tecniche di teorie scientifiche. Gli sembra sempre di leggere la “versione per bambini” della cosa vera, quella su cui dovrebbe lavorare se avesse altro tempo da dedicare alla scienza, oltre a quello sprecato per produrre dei piccoli progressi infinitesimali nel proprio ristretto ambito di ricerca. Eppure, se so qualcosa, in questo momento un ricordo confuso, sulla teoria delle stringhe, sui problemi cosmologici, e poi su alcune questioni di fondo della filosofia matematica, il principio antropico e la matematicità dell’universo, è proprio per la lettura dei libri di divulgazione di questo collega britannico di pochi anni più grande di me.
Questo libro, 1+1 non fa (sempre) 2. Una lezione di matematica, non è un libro come gli altri. Si legge in poche ore, è come una lunga chiacchierata con un amico che racconta qualcosa sui numeri, sulle domande su cui ha riflettuto per tutta la vita, sul senso del fare matematica e del ricercare le leggi matematiche che governano il mondo. Si parte dai numeri, dal significato del contare, da cosa abbia voluto dire arrivare all’astrazione dei numeri per tutta l’umanità. Certo, tutti i sistemi di numerazione al mondo, ma più in generale tutta la nostra scienza e tecnologia, poggiano su questo semplice fatto di addizionare uno a uno. All’inizio non doveva essere semplice riuscire a concettualizzare il concetto di numero. Popoli come gli indigeni della British Columbia avevano, per esempio, parole diverse per diversi oggetti. Le parole che si riferivano alle quantità uno e due cambiavano a seconda che si riferissero a oggetti piatti o curvi, uomini, oggetti lunghi, canoe o misure. Per contare come facciamo noi, bisogna avere l’idea di “una cosa” che sommata a “una cosa” venga vista come “due cose”. Da qui parte il ragionamento di Barrow, che non vuole essere sistematico e nemmeno dettagliato. È un libro pieno di suggestioni e di echi, che fa venire voglia di saperne di più, che accenna ad alcuni snodi importanti del pensiero matematico, li connette tra loro, ma lascia a noi il compito di approfondire. Si parla del contare e delle basi, quando 1+1 può fare 10, di come la somma di due vettori unitari possa fare 2 o 0 o altro ancora, della definizione di numero da Frege a Peano, e della celebre dimostrazione di Whitehead e Russell, che dura per centinaia di pagine nei loro Principia Mathematica, del fatto che 1+1=2.
E poi, a un certo punto, Barrow argomenta su come la funzione successore possa sembrare naturale per la nostra mente, e parrebbe seguire dalla nostra esperienza dello scorrere del tempo e dal principio di causa ed effetto. E qui, come per minare la nostra certezza sulla naturalità di questo concetto, richiama il racconto La storia della tua vita, di Ted Chiang, per me il più grande autore di fantascienza contemporaneo, da cui è stato tratto il film Arrival di Denis Villeneuve. In cui si racconta che degli alieni comunicano con spruzzi di inchiostro che si trasformano in strani vortici. E la linguista Louise Banks, interpretata nel film da Amy Adams, che li decifra in parte, capisce che questi alieni non hanno il senso del tempo, per loro è una dimensione come le altre, e i messaggi che ci mandano comprendono tanto il nostro passato che il nostro futuro.
[ascoltate la bellissima colonna sonora del film Arrival composta da Max Richter, ottima come colonna sonora del libro]
E questa citazione mi ha fatto piuttosto pensare alla struttura stessa del libro. Un libro circolare, che ritorna spesso sui suoi passi, ma che ogni tanto parte in un’altra direzione, dai numeri transfiniti di Cantor, al teorema di incompletezza di Gödel, alla legge di Benford, per ritornare sulla questione centrale su cui Barrow, come tanti di noi, deve aver ragionato per tutta la vita: ma insomma, alla fine, che cos’è questa matematica? E perché funziona così tanto bene nelle nostre vite? Se è vero che la nostra intelligenza si è sviluppata per rispondere alle sfide del mondo circostante, sviluppando schemi e modelli capaci di garantirci la sopravvivenza, queste osservazioni nascono e si sintetizzano nel momento in cui riconosciamo l’identità degli oggetti, e di come, in tanti modi diversi, è molto utile sapere come e quando 1+1 sia uguale o non sia uguale a 2. E il libro ricomincia.
Roberto Natalini
1+1 non fa (sempre) 2. Una lezione di matematica
John D. Barrow
Editore: Il Mulino
Collana: Intersezioni
Anno edizione: 2020
In commercio dal: 29 ottobre 2020
Pagine: 128 p., Brossura
Qui trovate il video con un breve saluto di John Barrow, registrato pochi giorni prima della sua morte (@Edizioni del Mulino)
“Popoli come gli indigeni della British Columbia.. Le parole che si riferivano alle quantità uno e due cambiavano a seconda che si riferissero a oggetti piatti o curvi, uomini, oggetti lunghi, canoe o misure”
Molto interessante e molto stimolante è stato per me riflettere su come popoli primitivi rappresentavano e comunicavano la realtà del loro mondo, del loro vivere.
La matematica non esisteva come astrazione, ma già c’era la consapevolezza che due oggetti sono diversi da un solo oggetto, ma per loro era importante anche la forma, la lunghezza, il colore ed altro ancora.
La realtà non si risolveva nel contare, vi erano altri concetti rappresentativi nel loro mondo.
D’altra parte anche oggi la matematica, la scienza dei numeri, del contare e del calcolare non può essere sola a poter rappresentare e farci capire la realtà. Anche se la matematica ha cambiato e cambia la nostra realtà. Formidabile catalizzatore e base del progredire della scienza e delle tecnologie.
Rifletto:
a)1 mela + 1 mela fa 2 mele
In questo caso il contare rappresenta in gran parte la realtà. Tralasciando dimensione, colore, qualità, ed altro ancora delle due mele.
b)1 mela + 1 pera fa cosa? ..diciamo 2 frutti.
Abbiamo bisogno dell’astrazione frutto, del concetto di frutto. In natura non esiste l’albero del frutto.
Il frutto esiste solo come prodotto dell’intelletto umano che integrando virtualmente tutti i frutti esistenti sulla faccia della terra ne astrae l’intima essenza.
All’astrazione di frutto aggiungiamo l’astrazione di due, come numero.
Due frutti non esistono in realtà se non come espressione dell’intelletto umano.
La somma di 1 mela + 1 pera diventa 1 frutto + 1 frutto in quanto mela e pera hanno in comune il concetto astratto di frutto.
È la capacità astrattiva di trovare, nella complessa realtà, elementi di somiglianze, ricorrenze e costanti per classificare e dare un senso al variopinto mondo. Di dare un senso umano, di dimensione, prospettiva e convenienza umana.
Non sarà il mondo reale ma è un mondo fatto per l’uomo, un mondo in perenne divenire, che storicamente l’uomo si dà. Per l’uomo è il mondo “più reale possibile”. Esiste poi una realtà assoluta? o tutto è relativo?
Si potrebbe continuare con altri esempi simili per dimostrare che contare e calcolare non è tutto. Bisogna capire cosa si conta e cosa si calcola, e per cosa o per chi.
Oggetti simili si possono contare e calcolare, anche se diversi.
Se dovessi però sommare una tela di ragno e una tela di pittore già avrei qualche difficoltà a dare un risultato.
Sicuramente le unisce l’astrazione 2.
Ma 2 di cosa?
La mente umana è talmente fervida e autonoma che potrebbe dare questa risposta:
Una tela di ragno + una tela di pittore = due opere d’arte.
Credo che chiunque capisca che si tratta di una risposta che comunque ha un significato. Un significato umano complesso.
Ma quante astrazioni abbiamo dovuto compiere?
Dobbiamo ricorrere in questo caso e in casi simili a concetti astratti come analogie, simboli, metafore, e così via.
Non ho letto il libro (l’ho comunque ordinato) ma ho voluto solo andare a ruota libera, partendo dal contare di un popolo primitivo, proprio per rendermi conto di quanto è difficile ( a volte) fare 1+1.
E fare delle riflessioni di filosofia della matematica, proprie e da dilettante con la passione della matematica senza il rigore e la conoscenza dei matematici, dopo aver letto la stimolante, appassionata e viva presentazione del libro fatta dal Prof. Roberto Natalini.
Dopo la lettura del libro di John Barrow, potrei ritornare, arricchito, su questo tema.