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Le foglie della pianta acquatica del Fior di Loto sono idrorepellenti, ossia in grado di respingere l’acqua che cade su di esse, che tende a formare delle gocce che scivolano molto facilmente sulla superficie, quasi rotolando via. Nel 1982, il botanico tedesco Willhelm Barthlott ha scoperto perché: la superficie delle foglie del loto è caratterizzata da una tessitura di microscopiche protuberanze dell’altezza di alcuni micron per cui le gocce entrano in contatto solo con la sommità di queste microasperità e non bagnano le foglie. Questa configurazione facilita lo scorrimento delle gocce, e consente anche una più facile rimozione delle particelle di sporcizia che si depositano su di esse.

 

Dal Loto ai vestiti super-idrorepellenti

Una pellicola trasparente che avesse proprio queste caratteristiche, applicata sui vestiti, potrebbe dunque tenerli al riparo dalle macchie; usata sugli edifici, ad esempio, potrebbe difenderli dai graffiti e dali insulti del tempo realizzando il fenomeno della super-idrorepellenza. Le superfici idrorepellenti sono rugose e le gocce dei liquidi che cadono su di esse tendono a scivolare invece di aderire, come un fachiro su un letto di chiodi. Nella super-idrorepellenza, quello che tecnicamente si fa è partire da una superficie idrofoba e esaltarne la idrorepellenza rendendola rugosa a livello micoscopica. La matematica aiuta a capire quanto bisogna renderla rugosa.

La matematica della rugosità

L’equilibrio della goccia, ossia la sua immobilità sulla superficie, si ha, ad esempio, quando questa è in configurazione minima di energia, ossia quando la sua energia complessiva tocca il suo minimo valore possibile. Attraverso strumenti e tecniche di calcolo delle variazioni, alcuni matematici hanno prima trovato le formule per calcolare la grandezza dell’angolo di contatto fra la goccia di fluido e superficie che le conferisce l’energia minima. Questo angolo, chiamato angolo di Young, dipende da come è ‘ondulata’ la superficie oltre che, naturalmente, dai tipi di solido e fluidi a contatto. E da questo angolo dipende il grado di idrorepellenza della superficie. Una goccia può però restare in equilibrio anche se non si trova nella sua configurazione minima di energia. Questa situazione si puà avere con la gamma più o meno grande di altri angoli di contatto con la superficie. L’intervallo dei possibili angoli di contatto tra il liquido e la superficie – in grado di conservare ancora l’equilibrio – è chiamato isteresi. Il gruppo di ricercatori è riuscito a spiegare matematicamente come l’ampiezza dell’isteresi dipenda dalle asperità e qual è la ‘soglia di rugosità’ della superficie oltre la quale la goccia comincia a muoversi e rotolare. La conclusione è stata che una grande rugosità è vantaggiosa per avere poca adesione e far rotolare le gocce: aumentando la rugosità fino a farle ragiungere un valore critico, le gocce tendono progressivamente a salire in cima alle asperità e ad assumere una forma pressochè sferica per tensione di capillarità, mentre l’isteresi contemporaneamente diminuisce.

Superata questa soglia critica, le gocce rotolano. In questo caso l’ampiezza dell’isteresi è piccola, ci sono cioè piccole forze di adesione e quindi il peso della goccia la fa muovere.

 

Per maggiori informazioni: “A new model for contact angle hysteresis”, A. De Simone, N. Grunewald, F. Otto, Networks and Heterogeneous media, giugno 2007.

 

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