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Fake Papers

Una nuova rubrica a cura di Claudio Bonanno

Le riviste scientifiche specializzate usano nel processo di scelta degli articoli da pubblicare la cosiddetta “peer review”, ossia la revisione tra pari: a garanzia della buona qualità di un articolo proposto per la pubblicazione al comitato di redazione della rivista, uno degli editori sceglie uno o più esperti dell’argomento trattato nell’articolo e chiede il loro parere. Tipicamente la peer review è “blind”, ossia gli autori dell’articolo proposto non sono a conoscenza dei nomi degli esperti scelti come revisori e a volte è “double-blind”, ossia anche i revisori non conoscono il nome degli autori dell’articolo. Ma siamo sicuri che questo processo funzioni sempre bene?

Con il proliferare del numero di articoli e di riviste specializzate il sistema appare infatti sempre più in crisi: è in aumento il numero di articoli pubblicati che vengono poi ritirati dalle riviste. È quello che succede, per esempio, con gli articoli che sono stati copiati da altri già pubblicati. Di recente è stato creato il sito Retraction Watch, che svolge un servizio di pubblica utilità: raccogliere le segnalazioni di articoli ritirati dalle riviste. 

Chiaramente, nel nostro campo, bisogna distinguere in maniera chiara tra articoli che presentano errori di tipo matematico sfuggiti alla peer review (e può succedere!) da articoli che sono invece frutto di comportamenti quanto meno poco attenti da parte del comitato editoriale della rivista o truffaldini da parte degli autori e che possono essere a tutti gli effetti chiamati “fake papers”. In questa rubrica ci vogliamo occupare di questi ultimi e, in particolare, di quelli che non risultano ritirati, descrivendo il problema di cui un fake paper si occupa – spesso problemi molto famosi. Ogni segnalazione di fake papers da parte dei lettori è benvenuta.

Fake papers #1: La Zeta di Riemann non è un polinomio

Qualche settimana fa è apparsa sui media la notizia che il Prof. Opeyemi Enoch, della Federal University di Oye-Ekiti in Nigeria, avesse dimostrato l’“ipotesi di Riemann”, uno tra i più celebri problemi aperti in matematica, se non il più celebre, e l’unico ad apparire come problema da risolvere sia nella lista dei “Problemi del Millennio” del Clay Mathematics Institute, sia nella lista dei “Problemi di Hilbert”, presentati al Congresso Internazionale di Matematica del 1900 dal matematico David Hilbert.

Non ci occuperemo della presunta dimostrazione che il Prof. Enoch avrebbe presentato all’“International Conference on Mathematics and Computer Science” tenutasi a Vienna nel novembre scorso (vedi il servizio della BBC), ma dell’articolo

O.O.A. Enoch, On the turning point, critical line and the zeros of Riemann Zeta function, Australian Journal of Basic and Applied Sciences, vol. 6 (2012), pag. 279–282

di un certo O.O.A. Enoch. In quest’articolo l’autore asserisce di dimostrare l’ipotesi di Riemann. Saranno i due professor Enoch la stessa persona? Ogni matematico sogna di ottenere fama imperitura dimostrando l’ipotesi di Riemann ma credo che nessuno abbia mai sperato di darne addirittura due dimostrazioni diverse, stando all’abstract della comunicazione alla conferenza di Vienna, in soli 3 anni!

La congettura, nota con il nome “ipotesi di Riemann” a causa del grandissimo numero di articoli in cui si ottengono risultati di grande importanza supponendo la congettura verificata, fu formulata da Bernhard Riemann in un articolo apparso nel 1859, in cui si occupava del problema della distribuzione dei numeri primi, problema studiato per la prima volta da Gauss.

A differenza di molti altri noti problemi di teoria dei numeri, la formulazione dell’ipotesi di Riemann non è affatto semplice, né lo è tanto meno la sua piena comprensione. Ci occuperemo più volte dell’ipotesi di Riemann, e cercheremo ogni volta di parlare di un suo diverso aspetto. Forse, però, è il caso di fare prima un po’ di “riscaldamento”: per una presentazione ancora più elementare, leggete prima l’articolo di Alessandro ZaccagniniUna versione elementare della Congettura di Riemann“, e  poi tornate qui.

Bentornati. In questo primo articolo sarà sufficiente riuscire a dare l’enunciato della congettura nella formulazione originale. Faremo allora conoscenza con una funzione particolare che si chiama “funzione zeta di Riemann”. La congettura ha infatti come protagonista questa funzione, indicata con il simbolo \(\zeta(s)\), che fu già studiata da Eulero per dimostrare che i numeri primi sono infiniti, ma le cui proprietà, e soprattutto il fine legame con la distribuzione dei numeri primi, furono studiate appunto da Riemann.

La prima cosa da capire è che la funzione \(\zeta(s)\) è una funzione in cui \(s\) è un numero complesso. In secondo luogo, la funzione zeta è definita come la somma di una quantità infinita di termini (come si può vedere nel nostro Approfondimento n.1, sotto) e, se questo non fosse già abbastanza complicato, questa definizione ha in realtà senso soltanto per alcuni valori complessi dell’argomento \(s\).

Il primo risultato importante di Riemann fu di riuscire a dimostrare, tramite una procedura nota come “continuazione analitica”, che è possibile assegnare alla funzione \(\zeta(s)\) un valore anche per tutti i numeri complessi \(s\) diversi da 1. Per afferrare meglio l’idea della continuazione analitica, potremmo dire che si applica quando si scopre che una certa funzione, sul suo intervallo di esistenza, è esattamente uguale a un’altra funzione, che però ha senso su un intervallo più esteso, che comprende l’intervallo A. Quello che si fa allora, grosso modo, è dire che anche la nostra prima funzione si estende usando la seconda al di fuori dell’intervallo A (sono uguali su A, sono uguali anche fuori di A). Maggiori chiarimenti si possono avere consultando il nostro Approfondimento n.1, che si trova qualche riga più sotto.

Per farsi un’idea di come questa procedura sia di difficile comprensione per i non esperti, usando la continuazione analitica si arriva a scrivere \[1+2+3+4+\dots “=” -\frac{1}{12}\] dove i puntini a sinistra dell’uguale indicano che vanno sommati tutti i numeri naturali, mentre l’uguale è scritto tra virgolette proprio ad indicare che non si tratta di una vera uguaglianza, ma di un’uguaglianza che ha senso usando la procedura di continuazione analitica. Non ha infatti molto senso pensare che la somma di tutti i numeri naturali, infiniti e tutti positivi, sia uguale a un numero razionale e per di più negativo! In effetti la formula nasce dalla continuazione analitica proprio della funzione zeta di Riemann, e ci dice che \(-\frac{1}{12}\) è il valore della funzione \(\zeta(s)\) per \(s=-1\). Se volete saperne di più su somme di questo tipo, senza usare la continuazione analitica, potete consultare l’articolo tecnico sul blog di Terence Tao.

Approfondimento n1 sulla funzione Z di Riemann

La funzione \(\zeta(s)\) è definita da \[\zeta(s) := \sum_{n=1}^\infty\, \frac{1}{n^s}\] per \(s\) con parte reale maggiore di 1, e su tutto \(\mathbb C \setminus \{1\}\) per continuazione analitica. Possiamo spiegare il senso della continuazione analitica con un semplice esempio. Definiamo la funzione \[F(z) = \sum_{n=0}^\infty \, z^n\] La teoria delle serie numeriche ci dice che la funzione \(F\) è ben definita se \(|z|<1\). Consideriamo poi la funzione \[G(z)= \frac{1}{1-z}\] che è ben definita se \(z\not= 1\). La teoria delle serie numeriche ci dice anche che \(F(z) = G(z)\) se \(|z|<1\), ossia \[ \sum_{n=1}^\infty \, z^n = \frac{1}{1-z} \] per ogni \(z\) di modulo minore di 1. Ma un attimo! Visto che la funzione \(G\) a destra è definita su un insieme più grande rispetto a quello in cui vale l’uguaglianza, allora possiamo usare l’equazione per dire che la funzione \(F(z)\) vale anch’essa \(\frac{1}{1-z}\), anche dove non è definita come serie geometrica. Diciamo quindi che \(F\) si continua analiticamente a una funzione su tutto il piano complesso tranne \(z=1\). Potremmo scegliere altri modi di definire \(F\) fuori da \(|z|<1\)? No, se vogliamo che sia una funzione analitica (ossia derivabile rispetto ad un parametro complesso). Questo dipende dalle proprietà dell’analisi sui numeri complessi. Un’interpretazione fuorviante della continuazione analitica di \(F\) sarebbe scrivere \[\sum_{n=0}^\infty\, 2^n = -1\, .\] Ma ovviamente questo ha senso solo se interpretato come \(F(2)=-1\), dove il valore di \(F\) in \(z=2\) è calcolato tramite la sua continuazione analitica, ossia \(F(2)=G(2)\).

 

La funzione \(\zeta(s)\) è definita da \[\zeta(s) := \sum_{n=1}^\infty\, \frac{1}{n^s}\] per \(s\) con parte reale maggiore di 1, e su tutto \(\mathbb C \setminus \{1\}\) per continuazione analitica. Possiamo spiegare il senso della continuazione analitica con un semplice esempio. Definiamo la funzione \[F(z) = \sum_{n=0}^\infty \, z^n\] La teoria delle serie numeriche ci dice che la funzione \(F\) è ben definita se \(|z|<1\). Consideriamo poi la funzione \[G(z)= \frac{1}{1-z}\] che è ben definita se \(z\not= 1\). La teoria delle serie numeriche ci dice anche che \(F(z) = G(z)\) se \(|z|<1\), ossia \[ \sum_{n=1}^\infty \, z^n = \frac{1}{1-z} \] per ogni \(z\) di modulo minore di 1. Ma un attimo! Visto che la funzione \(G\) a destra è definita su un insieme più grande rispetto a quello in cui vale l’uguaglianza, allora possiamo usare l’equazione per dire che la funzione \(F(z)\) vale anch’essa \(\frac{1}{1-z}\), anche dove non è definita come serie geometrica. Diciamo quindi che \(F\) si continua analiticamente a una funzione su tutto il piano complesso tranne \(z=1\).

Potremmo scegliere altri modi di definire \(F\) fuori da \(|z|<1\)? No, se vogliamo che sia una funzione analitica (ossia derivabile rispetto ad un parametro complesso). Questo dipende dalle proprietà dell’analisi sui numeri complessi.

Un’interpretazione fuorviante della continuazione analitica di \(F\) sarebbe scrivere \[\sum_{n=0}^\infty\, 2^n = -1\, .\] Ma ovviamente questo ha senso solo se interpretato come \(F(2)=-1\), dove il valore di \(F\) in \(z=2\) è calcolato tramite la sua continuazione analitica, ossia \(F(2)=G(2)\).

A voler essere precisi, per dimostrare la possibilità di estendere la definizione della sua funzione zeta, Riemann definì una nuova funzione \(\xi(s)\), la “funzione xi di Riemann”, come \[\xi(s) = \frac 12 \, s\, (s-1)\, \pi^{-\frac s2}\, \Gamma\Big(\frac s2\Big)\, \zeta(s)\] dove \(\Gamma(s)\) è un’altra importante funzione, la “funzione gamma di Eulero”. Dimostrò poi che la funzione \(\xi(s)\) può essere definita su tutto il piano complesso, e gode dell’importante, ai nostri scopi, proprietà di avere gli “zeri”, ossia dei valori \(s\) in cui la funzione \(\xi(s)\) assume valore nullo, in posizione simmetrica rispetto a una retta. Queste proprietà della funzione \(\xi(s)\) sono il punto di inizio dell’analisi del prof. O.O.A. Enoch nel suo articolo del 2012, da cui trae inizialmente conclusioni note e francamente elementari (vedi l’Approfondimento n.2).

Approfondimento n.2 sulla funzione zeta di Riemann

La funzione \(\xi(s)\) verifica l’equazione funzionale \[\xi(s) = \xi(1-s)\, ,\] che esprime la sua simmetria rispetto al punto \(s=\frac 12\), e serve a definirla su tutto il piano complesso. Il Teorema dei Numeri Primi di Hadamard e de La Vallée Poussin afferma che la funzione \(\xi(s)\) può assumere valore nullo solo per \(s\) compresa nella striscia di punti con parte reale compresa strettamente tra 0 e 1. Inoltre se si annulla in un punto \(s\), si annulla anche sul suo complesso coniugato \(\bar s\). Da quest’ultima proprietà e dalla sua simmetria si ricava, abbastanza facilmente, che gli zeri si trovano in posizione simmetrica rispetto alla retta \( s=\frac 12 +it\), e che la derivata di \(\xi(s)\) si annulla per \(s=\frac 12\), che è la prima proprietà che ricava il prof. O.O.A. Enoch nel suo articolo. In realtà è noto di più, ossia che la funzione \(\xi(s)\) ha serie di Taylor in \(s=\frac 12\) della forma \[\xi(s) = \sum_{n=0}^\infty\, a_{2n}\, \Big( s- \frac 12\Big)^{2n}\, ,\] e i coefficienti \(\{a_{2n}\}\) hanno un’espressione esplicita.

Avendo completato il procedimento di definizione della funzione \(\zeta(s)\) possiamo finalmente enunciare l’ipotesi di Riemann. Una proprietà importante della funzione \(\xi(s)\) (e della funzione \(\zeta(s)\) di conseguenza) per quanto riguarda le applicazioni alla distribuzione dei numeri primi, è la posizione dei suoi zeri, di cui sappiamo che si trovano in posizione simmetrica rispetto alla retta \( s=\frac 12 +it\). Riemann affermò nel suo articolo che è molto probabile che gli zeri si trovino tutti sulla loro retta di simmetria. Questa è la sua congettura, l’ipotesi di Riemann.

Approfondimento n.3: Cosa dice veramente l'ipotesi di Riemann

Dalla definizione e dalle proprietà della funzione \(\xi(s)\) e della funzione \(\Gamma(s)\), si deduce che la funzione \(\zeta(s)\) si annulla per \(s\) intero negativo pari. Questi sono noti come gli “zeri banali” della funzione zeta. Riemann congetturò il seguente enunciato.

Ipotesi di Riemann. Gli zeri non banali della funzione \(\zeta(s)\) hanno parte reale uguale a \(\frac 12\).

L’articolo del prof. O.O.A. Enoch si conclude con una presunta dimostrazione di questa congettura. Il punto essenziale è la sua affermazione che la funzione \(\xi(s)\) si “comporta” come un polinomio di grado due vicino alla retta di simmetria. Se fosse vero, anche Riemann, o qualcuno dei tanti matematici che ha considerato il problema in seguito, se ne sarebbe probabilmente accorto.

Concludiamo qui l’analisi dell’articolo di Enoch, che ci ha permesso di iniziare a parlare dell’ipotesi di Riemann. Come avete visto, non è stato semplice enunciare la congettura, e nemmeno definire gli oggetti in questione. Approfitteremo di altre presunte dimostrazioni per cercare di spiegare la relazione della funzione zeta con la distribuzione dei numeri primi e magari anche idee che negli anni sono state esposte come possibili strade per una dimostrazione della congettura.

Claudio Bonanno

 

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