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La paura delle varianti dilaga in Europa e nel mondo. Dall’inglese alla brasiliana, dalla sudafricana alla milanese, la sfida al Covid-19 passa per il controllo delle mutazioni del virus, anche se forse dovremmo trovare il modo di non chiamarle con il nome che ne indica la possibile provenienza, cosa che genera sempre sentimenti inopportuni. In Italia sono stati riscontrati diversi casi di infezione della cosiddetta variante inglese, il cui vero nome sarebbe VOC 202012/01 (lineage B.1.1.7). Per l’Istituto Superiore di Sanità a breve prenderà il sopravvento sul ceppo originario del Sars-Cov-2.  La Matematica può aiutare a capire come agiscono le mutazioni sull’evoluzione di un’epidemia.

Nel 2019, un gruppo di ricercatori delle  Università di Shaanxi, Xinjang e Toronto si è occupato delle varianti di un altro virus, il chikungunya virus (CHIKV, in breve), un virus febbrile dovuto alla punta di zanzara tigre. I risultati sono stati presentati nell’articolo “Modelling and Anlyzing Virus Mutation Dynamics of Chikungunya Outbreaks”.

Questo virus ha originato diverse epidemie in Africa ed Asia nella seconda metà del Novecento. Una sua mutazione si è presentata  nel 2006 nelle isole Reunion dell’Oceano Indiano. E poi nel 2007 alcuni focolai di CHIKV sono stati registrati tra le province di Ravenna e Forlì; ma si trattava del virus di partenza o della sua variante?  A queste domande risponde l’articolo.

Si considerano due popolazioni: quella delle zanzare e quella umana. Per ciascun gruppo l’evoluzione dell’epidemia è descritta con il modello SEIR (Susceptible, Exposed, Infectious, Recovered), applicato sia al virus CHIKV di partenza, sia alla sua forma mutata. R01 indica il numero di riproduzione di base (il numero di soggetti che infetta in media un soggetto infetto) del virus di partenza ed R02 il numero di riproduzione di base del ceppo mutato. Si introduce il parametro δ che rappresenta il tasso di mutazione del virus e si scrive un sistema di equazioni differenziali ordinarie.

Il primo risultato osservato è che il nuovo numero di riproduzione di base è il più grande tra R01 ed R02. Inoltre, supposto che ogni persona guarita dal virus sia immunizzata da ogni mutazione per il resto della vita, si dimostra che il virus mutato riesce a prevalere sul virus di partenza solo per grandi mutazioni, dunque per grandi valori di δ. Altrimenti, è il ceppo iniziale che a continuare a circolare.

Nel caso specifico, il CHIKV ha R01=0,698, mentre per la variante delle isole Reunion R02=2,035. Nell’articolo è applicato il Metodo Montecarlo per stimare R0 del ceppo osservato in Italia nel 2007. Si ottiene un valore di 2,035, con un intervallo di confidenza del 95%. Dunque, in Italia è arrivato il ceppo mutato, anzi questo ha prevalso sul ceppo di partenza  data la maggiore contagiosità e la migliore adattabilità all’organismo ed al sistema immunitario. L’analisi applicata al contesto italiano conferma l’affidabilità del modello sviluppato.

Possiamo applicarlo al Sars-Cov-2? Forse sì, ma ci sono ancora diversi dubbi. Da un lato non è possibile assumere con certezza il tempo di immunità dei guariti, dell’altro si sa ancora  poco del tasso di mutazione del Sars-Cov-2. La Matematica può aiutarci, ma servono altri dati, bisogna continuare a sequenziare e purtroppo il tempo non è molto.

Marco Menale

[Illustrazione di Luca Manzo]

Marco Menale

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