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Moderato dal vulcanico segretario di Cesaer  David Bohmert, si è tenuto al Castello del Valentino  il workshop Implementing Gender Equality Plan (GEP) at Universities of science and technology. Chiara de Fabritiis, coordinatrice del comitato pari opportunità dell’UMI, ce ne parla.
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La prima presentazione ha riguardato la situazione al politecnico di Torino: dai tempi di  Emma Strada, prima donna laureata nel 1908 a Polito e fondatrice di AIDIA, un grande cammino è stato percorso, anche se il soffitto di cristallo è un problema ancora molto presente: il rapporto fra la percentuale di ricercatrici a tempo indeterminato a quella di ordinarie vale circa 3.
Nina Stareva ha parlato in qualità di Head Sector Gender presso la Commissione Europea, riportando 20 anni di azioni dell’Unione per uguaglianza di genere in ricerca e innovazione; nella sua conferenza ha individuato una priorità, l’uguaglianza di genere, e 3 obbiettivi: uguaglianza di genere nelle carriere scientifiche a tutti i livelli, bilanciamento di genere nei corpi e nelle posizioni decisionali, integrazione della dimensione di genere nella ricerca e nell’innovazione.
Paola Inverardi, rettrice dell’università dell’Aquila, ha riferito della sua esperienza alla CRUI come capo della commissione per le problematiche di genere che ha iniziato la sua attività nel 2018: un primo segnale di maggiore attenzione al tema è stato il fatto che nel 2018 il numero di atenei che ha pubblicato il bilancio di genere è quasi raddoppiato, passando da 11 a 20. Per quanto riguarda l’esperienza dell’università dell’Aquila, Inverardi ha sottolineato il focus sul linguaggio e la formazione sul tema dedicata a tutto il personale, ha parlato dell’esperienza molto positiva del Pinkcamp e ha concluso sottolineando come un punto-chiave sia  collocare le gender issue nell’ambito della sostenibilità perché escludere quasi metà della popolazione dal reclutamento significa perdere tantissime potenzialità.
Brigitte Ratzer della Technische Universität Wien ha raccontato l’esperienza del progetto GEECCO che riunisce 4 università (TU Wien, Università Politecnica de Catalunya, Politecniske Kraiowa, Università Mediterranea di Reggio Calabria), 2 funding agencies e un gruppo di valutatori e si propone di stimolare l’adozione dei GEP presso le università aderenti nell’arco dei 48 mesi di durata del progetto. I punti su cui si è appuntata la sua attenzione sono l’importanza di creare un clima dove l’uguaglianza di genere sia la cosa giusta da fare, l’allenamento delle commissioni,  creando una consapevolezza sui numeri, sui percorsi di carriera e sui bias impliciti, e infine il contrasto alle resistenze che si creano in questi percorsi.
Via Skype, Heidi Christensen ha riportato la sua esperienza di esperta del network universitario Athena SWAN (Scientific Women’s Academic Network) presso l’università di Sheffield: con l’efficace similitudine della conduttura che perde, ha focalizzato l’attenzione sulla “perdita di carico” dei docenti di sesso femminile ad ogni passaggio di carriera, descrivendo poi le azioni intraprese dal suo ateneo per contrastare questo fenomeno.
Gülsün Saglamer, ex rettrice dell’Università Tecnica di Istanbul e presidente di EWORA  (European woman rectors association), ha descritto la sua fruttuosa esperienza per aumentare il numero sia di studentesse sia di professoresse in area STEM, sottolineando adesso come il problema sia duplice: stanno calando le iscrizioni ai corsi di laurea STEM in generale, è quindi doppiamente difficile attrarre le ragazze in ambito STEM, il che provoca anche una futura difficoltà nel reclutare di personale docente di sesso femminile in futuro.
Doris Klee, vicerettrice dell’università di Aachen, ha cominciato con una breve descrizione del suo ateneo in cifre, per poi descriverne gli obbiettivi nelle politiche di diversity management: l’apertura dell’università, l’inizio di un cambiamento culturale, il rafforzamento delle abilità di genere e di diversità, la progettazione di politiche di lunga durata per il personale; il tutto con l’obbiettivo di creare un ambiente di studio e di lavoro inclusivo e variegato e di realizzare pari opportunità in tutte le aree dell’università.
La mattinata si è conclusa con una tavola rotonda: nel primo intervento, Guido Saracco, rettore del Politecnico di Torino ha  fatto presente come il ruolo dei rettori sia quello di accelerare il raggiungimento della parità di genere nei loro atenei, parità che agli attuali tassi di miglioramento arriverebbe fra molti decenni o addirittura fra secoli.
Gülsün Saglamer ha ribadito che le problematiche di genere vanno inquadrate nel cambiamento globale dell’università, affermando che i rettori devono conoscere le loro università pietra per pietra e, soprattutto, persona per persona, in modo da poter prevedere e superare le resistenze, personali o di gruppo che siano.
Paola Inverardi ha confessato di non essere totalmente soddisfatta del suo lavoro alla CRUI perché i risultati raggiunti sono soltanto parziali: trattandosi di un gruppo di recente creazione, già stabilire l’agenda è stato un passo avanti non facile da fare. Secondo Doris Klee i decisori all’interno dell’università devono confrontarsi con la società e con la politica, cosa non sempre facile da fare in ottica di un miglioramento delle politiche di genere.
In chiusura, Bohmert ha sottolineato quanto forte sia il potere dei numeri per descrivere le disuguaglianze e quanto possano essere di stimolo per politici e legislatori, raccomandando alla platea di assecondare il momentum delle varie azioni.
Chiara de Fabritiis
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