Dal 9 settembre al 13 dicembre 2019, l’Istitut Henri Poincaré (IHP) di Parigi ha organizzato un programma eccezionale di tre mesi sulla matematica del clima e dell’ambiente. Organizzato da quattro personalità scientifiche di rilievo, questo trimestre tematico ha come scopo di riunire le diverse comunità scientifiche che studiano il clima, su un programma serrato di incontri, conferenze scientifiche, corsi di dottorato e attività di comunicazione per il grande pubblico. Promosso da Michael Ghil (ENS Paris e UCLA), questo trimestre è stato co-organizzato con Anne-Laure Dalibard (Laboratoire Jacques-Louis Lions, Sorbonne Université), Sabrina Speich (Laboratoire de Métrologie Dynamique, ENS Paris) e Hervé Le Treut (Institut Pierre-Simon Laplace, Sorbonne Université). Di seguito proponiamo un’intervista realizzata da Adrien Rossille con Anne-Laure Dalibard (sulla destra nella foto di copertina) e Sabrina Speich (sulla sinistra nella foto di copertina), e pubblicata il 18 dicembre scorso sul sito Images des Mathématiques, e qui riproposto con il permesso del sito e degli autori nella traduzione di Roberto Natalini. Qui trovate il post originale in francese.
[Originariamente apparso il 22 dicembre 2019]
Adrien Rossille : Cosa vi ha condotto nella vostra carriera scientifica a studiare il clima, Sabrina Speich come fisica e Anna-Laure Dalibard come matematica?
Sabrina Speich : Ho sempre voluto studiare l’oceano. Avendo iniziato a studiare fisica, mi sono orientata verso l’oceanografia. Ho discusso la mia tesi di dottorato all’inizio degli anni ’90 e immediatamente il problema del riscaldamento climatico è diventato essenziale nello studio degli oceani. È in quel momento che si è iniziato veramente a studiarli in modo completo e preciso, fornendo i primi dati che hanno creato allarme sull’evoluzone del clima (attraverso il programma di ricerca World Ocean Circulation Experiment). Questa constatazione ha segnato profondamente l’oceanografia e ha messo la disciplina al centro degli studi sul riscaldamento climatico: cercare di capire l’oceano, di misurarlo, di modellizzarlo, di predire la sua evoluzione, è un modo di quantificare l’ampiezza del cambiamento climatico.
Anne-Laure Dalibard : Da parte mia, ho iniziato la mia carriera di matematica interessandomi ai problemi multi-scala, che legano i fenomeni macroscopici a modelli microscopici. La mia tesi di dottorato era sull’omogeneizzazione, e poi ho lavorato con Laure Saint-Raymond, sui modelli di strato limite in oceanografia. Mi è piaciuto molto lavorare su questi temi, poiché sono modelli che vengono formulati in modo semplice, ma che pongono problemi matematici molto complessi, il cui studio ha bisogno in permanenza dello sviluppo di nuovi strumenti teorici. Inoltre, sono molto legati al mondo reale, poiché questi modelli servono a predire il comportamento dei sistemi che ci circondano.
Adrien Rossille : Siete arrivate entrambe alla climatologia partendo dallo studio degli oceani. Perché l’oceanografia è così centrale nello studio scientifico dell’evoluzione del clima?
Sabrina Speich : Quando si parla si evoluzione del clima, certamente si pensa in primo luogo all’atmosfera. Ma questa non è che un elemento in un sistema di evoluzione più globale, e le sue modificazioni vengono in realtà da sotto, dall’oceano, che restituisce l’energia solare, trasformata in irraggiamento infrarosso, all’atmosfera, e allo stesso tempo produce vapore acqueo. Gli oceani ricoprono i due terzi della superficie del nostro pianeta e, poiché sono fatti di acqua, hanno una capacità immensa di assorbimento e di trasmissione dell’energia termica. Per questi motivi è abbastanza naturale che l’oceanografia sia un elemento essenziale della climatologia.
Anne-Laure Dalibard : È abbastanza difficile definire quali siano le discipline scientifiche principali nello studio del clima, poiché le ricerche attuali sono all’intersezione di molte discipline e richiedono costantemente la collaborazione di scienziati di tutti i tipi: matematiche, matematici, fisiche, fisici, ma anche ricercatrici e ricercatori in chimica, biologia ed economia.
Adrien Rossille : Le conferenze scientifiche sono dunque un motore essenziale per le collaborazioni che possono nascere tra specialisti di queste discipline. Il trimestre tematico di cui siete co-organizzatrici presso l’Institut Henri Poincaré, è adesso un’occasione di far incontrare tutte queste comunità scientifiche?
Anne-Laure Dalibard : In effetti, questo programma di tre mesi ha permesso nuovi scambi tra scienziati con un diverso approccio, cosa di solito non facile, poiché le conferenze sono spesso molto specialistiche. Inoltre, le numerose conferenze a cui ho assistito nel quadro del trimestre speciale mi hanno permesso di scoprire interi domini di ricerca che sono connessi al mio, ma per i quali non avevo ancora potuto assistere a delle presentazioni scientifiche. Questo è molto importante sia sul piano della cultura personale che dell’apertura di spirito, due qualità fondamentali per ricercatrici e ricercatori.
Sabrina Speich : Credo fosse proprio interessante seguire l’insieme delle conferenze del trimestre, grazie al grande spettro delle diverse discipline previste dal programma. Si può dire che c’era una quasi completa esaustività rispetto alle discipline scientifiche legate all’ambiente. O almeno, possiamo dire che questo trimestre è stato il più esaustivo tra le conferenze scientifiche organizzate sul clima! I giovani studenti e dottorandi che hanno potuto assistere alla totalità dei corsi e delle conferenze del trimestre, hanno così potuto scoprire una moltitudine di diversi approcci scientifici.
Anne-Laure Dalibard : E per gli altri, c’era la possibilità di aprirsi a nuove direzioni tematiche rispetto a quelle studiate abitualmente. Infatti, oltre alla diversità tematica, i programmi di questo trimestre avevano anche un differenza di livello delle conferenze. Mentre certi corsi si indirizzavano ai principianti, altri erano al livello degli ultimi sviluppi della ricerca attuale. Era un’occasione imperdibile per le ricercatrici ed i ricercatori di seguire conferenze in altre discipline diverse dalla loro.
Adrien Rossille : Il trimestre tematico è appena terminato. Avete previsto un seguito a questo programma? E in caso positivo, su quali argomenti?
Anne-Laure Dalibard : Sì, avremmo il desiderio di organizzare ogni anno una o due giornate di colloquio, e ogni volta su una delle tematiche principali del trimestre. Lo scopo sarebbe ancora una volta di mescolare le diverse comunità per connetterle intorno allo studio del clima e dell’ambiente.
Sabrina Speich : Per esempio protremmo fare un workshop su clima e intelligenza artificiale, essendo diventato il problema del trattamento dei dati uno degli argomenti centrali in climatologia. Quantità sempre maggiori di dati sono disponibili, grazie al numero crescente di osservazioni classiche, ma anche grazie ad oggetti connessi che misurano la temperatura o altri dati climatici. Questi dati possono essere recuperati per completare i modelli climatici, ma la loro quantità è tale che è necessario ricorrere all’intelligenza artificiale per tenerne conto.
Adrien Rossille : Tutti questi nuovi dati permettono di predire meglio l’evoluizione del clima? Possiamo sapere veramente che tipo di alterazione climatica ci attende a causa del riscaldamento del pianeta?
Sabrina Speich : La terra è un sistema globale talmente complesso che non abbiamo mai troppi dati per studiarlo! Tutti queste discipline diverse permettono di migliorare continuamente la modellistica del clima, specialmente da un punto di vista predittivo. È questa una delle sfide più importanti, sia a corto che a lungo termine: bisogna poter predire gli eventi climatici più estremi, inondazioni o siccità, la cui ampiezza aumenta con il riscaldamento climatico, così come l’evoluzione a lungo termine del clima su vari decenni. È oggi più cruciale che mai, e per questo la società deve mettere in atto una strategia forte per la diminuzione delle emissioni di gas serra. Il cambiamento climatico sta accelerando e gli eventi estremi aumentano in ampiezza, colpendo sempre più duramente le infrastrutture e le persone.
Adrien Rossille : Per un ricercatore o una ricercatrice che lavorano sul clima, c’è anche il fatto di essere immersi al centro di un tema di attualità che prende sempre più spazio nel dibattito pubblico. Tuttavia, gli scienziati hanno a volte qualche difficoltà per far sì che i loro interventi sul cambiamento climatico vengano ascoltati. Come riuscite a diffondere le vostre competenze scientifiche sul clima?
Sabrina Speich : Cerchiamo come scienziati di indirizzarci all’insieme della società. Ma sulle problematiche legate al riscaldamento del pianeta, la cosa più importante è di indirizzarci direttamente ai governi e ai responsabili economici. Quest’anno ho partecipato ad un’iniziativa in Colombia, dove il governo ha chiesto per molti mesi consiglio ad un gruppo di scienziati per stabilire una politica ecologica legata alla società. Tali iniziative sono però ancora molto rare.
Anne-Laure Dalibard : Anche all’interno della comunità scientifica, la presa di coscienza rispetto alle sfide climatiche non è ancora abbastanza condivisa. La formazione iniziale di tipo scientifico non si integra abbastanza con lo studio del clima nei nostri programmi. Invece, è essenziale che un trasferimento di conoscenze scientifiche sull’ambiente sia effettuato presso le future generazioni di ricercatori.
Intervista realizzata da Adrien Rossille, chargé de médiation scientifique presso l’Institut Henri Poincaré
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