Un team di ricercatori della Mississippi State University, della Harvard Medical School e dell’Università di Cambridge, ha elaborato un nuovo metodo di studio in grado di determinare con maggiore precisione la rapidità di degradazione delle proteine cellulari, offrendo nuove prospettive nella comprensione dell’invecchiamento. “Finora – spiega Galen Collins, della MSU – l’unico dato noto era che la produzione delle proteine può avvenire in pochi minuti ma non si aveva ancora una ampia conoscenza rispetto al tasso di degradazione delle proteine”. Come si legge sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, i risultati hanno dimostrato che non tutte le proteine si degradano allo stesso ritmo, ma rientrano in tre categorie, degradandosi nell’arco di minuti, ore o giorni.
Se ricerche precedenti avevano esaminato la degradazione delle proteine cellulari, è la prima volta che si riesce a quantificare matematicamente i tassi di degradazione di tutte le molecole proteiche cellulari. Gli studiosi hanno utilizzato il principio della Massima entropia, ossia una legge statistica che calcola la plausibilità delle risposte sperimentali permettendo di scegliere la più probabile.
Le proteine sono molecole complesse costituite da varie combinazioni di aminoacidi che svolgono la maggior parte del loro lavoro all’interno di una cellula, organizzando la sua struttura, rispondendo ai messaggi provenienti dall’esterno e rimuovendo i rifiuti. Il lavoro degli scienziati ha permesso di capire in modo più approfondito come le cellule crescono, muoiono ed invecchiano: il team ha esplorato come i tassi di degradazione cambiano in diverse condizioni, studiando, per esempio, come variano i tassi di degradazione delle proteine umane e animali man mano che i muscoli si sviluppano e si adattano alla condizione della fame. La scoperta è stata che la fame ha un impatto soprattutto sul gruppo intermedio di proteine delle cellule muscolari che hanno un’emivita di poche ore, causando un’accelerazione nella loro degradazione. Una evidenza che potrebbe avere importanti implicazioni mediche sui pazienti oncologici affetti da cachessia o atrofia muscolare causata dalla patologia o dei suoi trattamenti. Inoltre, i ricercatori hanno esaminato come la degradazione alterata delle proteine del cervello possa contribuire alle malattie neurodegenerative. Nella ricerca, infatti, si dimostra che, nei neuroni, le proteine di scarto, che di solito si degradano rapidamente, vivono più a lungo di quanto dovrebbero, danneggiando il cervello per accumulazione di queste “scorie”.
Il valore di questo studio risiede non solo nelle scoperte sulla degradazione delle proteine, ma anche nel nuovo metodo sperimentale che ha fornito per studiare l’attività cellulare. Grazie alla sua semplicità e rapidità, il metodo basato sulla massima entropia si è rivelato infatti particolarmente adatto per analizzare i cambiamenti metabolici nelle cellule, aprendo nuove possibilità per la ricerca sul metabolismo delle proteine e sui cambiamenti metabolici.