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Recensione di Giuseppe Rosolini di Lo scienziato e l’infinito – Numeri, uomini e universi (Trinh Xuan Thuan), [Edizioni Dedalo, pp.272, 2014]

 

Il titolo e il sottotitolo descrivono completamente il contenuto del libro: l’astrofisico Trinh Xuan Thuan racconta quanto l’umanità ha compreso di ciò che non si può raggiungere – l’IN-finito, appunto – attraverso la storia e la spiegazione delle conquiste scientifiche sull’infinito e sull’universo. E lo fa molto bene perché, da astrofisico, quando scruta il cielo con i telescopi, Thuan vede distintamente i limiti della realtà e, da scienziato, cerca di spingere la sua visione oltre quei limiti.

Il libro scorre continuamente avanti e indietro nella storia dell’umanità raccontando avvenimenti che hanno avuto rilevanza nell’avvicinamento all’infinito. Nel primo capitolo spiega le intuizioni dei filosofi, dei teologi, degli scienziati, degli artisti su quel che ci deve essere oltre il finito. A partire dall’Antica Grecia, passando per l’età d’oro della cultura araba, il rinascimento fino al romanticismo, il racconto delle intuizioni dell’infinito si snoda piacevolmente tra la storia, la scienza e la filosofia. Così il lettore si adatta all’idea di cercare di comprendere l’infinito e lentamente viene portato alle problematiche che questo tentativo comporta.

Nel secondo capitolo si affrontano l’invenzione di Georg Cantor dell’infinito matematico e gli effetti della rivoluzione che questa invenzione ha operato. Si legge come la definizione matematica di infinito che propone, per la prima volta in un modo chiaro, quali siano i termini della domanda abbia permesso di affrontare e risolvere problemi che in precedenza apparivano troppo complessi e difficili. E si legge di come le scoperte matematiche abbiano permesso di approfondire le successive ricerche scientifiche in fisica e in chimica anche in ambiti che non sembrano interagire con l’infinito.

Nel terzo capitolo ci si avventura così nelle teorie fisiche dell’universo, dalle descrizioni aristotelica e tolemaica passando per la rivoluzione copernicana, la teoria della gravitazione universale di Isaac Newton e la teoria della relatività di Albert Einstein, si giunge alla teoria del Big Bang di Georges Lemaitre. Si è così giunti a pag.117, circa metà del libro. Dal quarto capitolo, Thuan racconta le intuizioni scientifiche sull’universo sviluppate negli ultimi 150 anni. A partire dalla lettura einsteiniana dell’universo, viene spiegata la matematica delle geometrie non-euclidee, vengono presentati i problemi fisici, chimici e matematici che gli scienziati sono stati costretti a porsi per cercare spiegazioni sensate dell’universo con teorie unificatrici, vengono spiegate le soluzioni prodotte e i nuovi problemi che queste fanno sorgere. Tutto questo inframmezzato con aneddoti sugli scienziati e sui filosofi che per primi hanno posto le domande o trovato le soluzioni: è un racconto entusiasmante della collaborazione umana nello sforzo incessante di comprendere, o almeno toccare con la mente, l’infinito. Nell’ultimo capitolo, Thuan presenta anche le proprie opinioni su come vorrebbe rispondere alle domande ancora aperte.

È un libro che consiglio vivamente a chi è interessato a quanto gli scienziati stanno producendo nella comprensione dell’infinito, ma soprattutto a chi è scettico sull’utilità di tali ricerche scientifiche perché potrà apprezzare come porsi domande, all’apparenza futili, sull’infinito, su ciò che potrebbe esserci oltre i confini del comprensibile, abbia inaspettate applicazioni pratiche, a volte incredibili, anche nella vita comune.

Un ultimo commento da matematico pignolo: leggendo il libro, ci sono stati alcuni momenti in cui mi è venuto da arricciare il naso. Mi aspetto perciò che alcuni dei lettori (matematici pignoli?) de Lo scienziato e l’infinito decidano di lasciare commenti sotto a questa recensione sui punti che gli sono apparsi oscuri ad una prima lettura. Sarò felice di dialogare su quelli (come fossimo al bar, prometto!) e su ogni altra domanda sull’infinito gli venga da fare. (In effetti, a me n’è venuta una proprio dopo aver finito di leggerlo, ma non la scrivo per non rovinare la lettura a chi non l’ha ancora finito.)

Giuseppe Rosolini

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