Il bias del tasso di base è la tendenza a confondere informazioni specifiche ed informazioni generali nell’analisi di un fenomeno. Ce ne parla Marco Menale.
Dopo due anni di pandemia siamo ormai assuefatti a numeri e percentuali: nuovi positivi, tassi di occupazione delle terapie intensive, rapporto tra positivi e numero di tamponi. Ma dietro a questo bombardamento di dati ci sono informazioni nascoste, in alcuni casi si arriva a false conclusioni. È il mondo dei bias. E il bias del tasso di base (base rate fallacy, in inglese) è uno dei possibili esempi.
Il bias del tasso di base indica la tendenza a confondere informazioni specifiche ed informazioni generali. In particolare le persone tendono ad ignorare i tassi di base di determinati fenomeni a favore di informazioni e situazioni specifiche. Tuttavia questo bias è legato ad una generale predisposizione degli individui nel dare giudizi. E studi psicologici lo confermano.
Un esempio può chiarire le idee. Supponiamo di sottoporci ad un test per una malattia rara. Un test diagnostico è caratterizzato da sensibilità e specificità. La sensibilità è la percentuale di soggetti correttamente classificati come positivi. Mentre la specificità è la percentuale di soggetti correttamente classificati come negativi. Se cala la prima, aumentano i falsi negativi. Se cala la seconda, aumentano i falsi positivi. Ora supponiamo che il nostro test abbia una sensibilità del 100\% e una specificità del 99\%. Quindi non ci sono falsi negativi, ma l’1\% di falsi positivi.
Eseguiamo il test e l’esito è positivo. A guardare i dati del test, pensiamo di essere certamente malati. Tuttavia, stiamo trascurando un dettaglio di base: qual è l’incidenza di questa rara malattia sull’intera popolazione? Consideriamo che sia 1 su 10.000. Allora per ogni 10.000 persone, abbiamo (in media!) 1 persona positiva. Sottoponiamo al test queste 10.000 persone. L’1\% di falsi positivi si traduce in 100 falsi positivi sul campione. In definitiva su 101 persone solo 1 è realmente positiva.
La nostra prospettiva si è ribaltata. Il numero di persone che non sono malate è molto più grande del numero di persone malate. E quindi la maggior parte dei positivi sono falsi positivi. Possiamo stare tranquilli (in media!): molto probabilmente non siamo malati. Siamo incappati nel bias del tasso di base. Abbiamo ignorato il dato generale, ossia il tasso di incidenza della malattia, e preferito l’informazione specifica sul test.
Non dobbiamo confondere il nostro caso specifico con il contesto generale. E infatti non siamo gli unici ad incorrere nel bias del tasso di base. È più diffuso di quanto si pensi. Alcuni studi hanno mostrato che anche gli studenti dei corsi di laurea in medicina cadono in errore. forse è il momento di affrontare questo ed altri bias perché la società dei dati possa migliorare.
[Illustrazione di Luca Manzo]