Pin It

Il premio Abel, conferito ogni anno dall’Accademia Norvegese delle Scienze e delle Lettere per “straordinaria e profonda influenza nelle scienze matematiche” e di solito indicato dalla stampa come “Nobel della matematica”, quest’anno è andato a John T. Tate, della Austin University, per i suoi studi nel campo della teoria dei numeri. La premiazione si terrà a Oslo il 25 maggio.

 

Nato a Minneapolis, USA, nel 1925, Tate è stato allievo a Princeton del grande matematico Emil Artin. E’ stato professore a Harvard e poi ad Austin, in Texas, dove tuttora è Professore Emerito. Pochi anni fa fu insignito del premio Wolf, condiviso con Mikio Sato, pure di primaria importanza. Tra i matematici straordinari del nostro tempo, Tate è particolarmente peculiare anche per l’atteggiamento professionale: in primo luogo, è sempre stato assolutamente anticipatore, spesso studiando questioni il cui impatto è emerso solo decenni più tardi. Inoltre, benché disponibilissimo al colloquio e alla diffusione scientifica, non ha mai ostentato le proprie conquiste; anzi, spesso sono stati gli amici-colleghi più vicini a doverlo spingere a pubblicare; o a voler loro stessi farsi carico di riprodurre queste idee in libri o articoli, ché altrimenti la comunità matematica ne avrebbe perduto il prezioso accesso. In ciò Tate ricorda Fermat, il leggendario giudice-matematico del XVII secolo. In questo atteggiamento si riconosce non il disinteresse per i colleghi, ma la passione e l’eleganza intellettuale di chi gioisce delle scoperte scientifiche per la loro bellezza, a prescindere dai riconoscimenti che ne possono derivare.

E questa sobrietà e “aristocrazia” di pensiero traspaiono chiaramente dalla matematica di Tate, come ognuno che voglia accostarvisi saprà riconoscere (cogliamo qui l’occasione per segnalare ad esempio le bellissime lezioni di carattere elementare che formarono l’oggetto delle Philips Lectures, poi ampliate nel volume “Rational points on Elliptic Curves” (1992) scritto con J. Silverman ed edito da Springer-Verlag).

Sarebbe impossibile, in questa sede, descrivere anche solo in minimo dettaglio le numerose conquiste matematiche di Tate. I suoi lavori, per far riferimento a qualcosa che può essere noto anche al grande pubblico, hanno aiutato Andrew Wiles, nel 1995, a vincere una delle sfide matematiche più celebri, la dimostrazione dell’ultimo Teorema di Fermat. Utili a questo scopo si sono infatti rivelate le ricerche di Tate sull’aritmetica delle curve ellittiche (curve definite da equazioni cubiche, che storicamente si presentarono nel calcolo del perimetro di un ellisse).

Sulla produzione matematica generale di Tate, ci limiteremo necessariamente solo ad alcune allusioni. La sua ricerca si è svolta soprattutto in Algebra, Teoria dei Numeri, Geometria, ma con un’ampia apertura culturale verso altri campi. Esordì con la tesi di Dottorato, divenuta presto celebre, in cui la teoria delle ‘funzioni zeta’ (coinvolte nell’ipotesi di Riemann, considerato da molti come il più importante problema aperto della matematica) veniva sviluppata nel linguaggio allora nuovo degli ‘ideli’ di Chevalley. Nella tesi, che realizzò l’aspirazione del maestro Artin, emergevano importanti analogie con principi di carattere geometrico. Tate sviluppò successivamente, in ambito cosmologico, la fondamentale Teoria dei Campi di Classe, costruita a partire da Gauss con il contributo di alcuni tra i massimi matematici di tutti i tempi. Rilesse e applicò alla luce della moderna K-teoria idee che risalivano a Gauss.

Compì fondamentali ricerche sulle curve ellittiche: analizzò il principio locale-globale, introducendo il “gruppo di Tate-Shafarevic”; studiò i gruppi formali e, con la “curva di Tate”, riprodusse sui campi p-adici la teoria sviluppata sui numeri complessi nel secolo precedente. Questo ebbe straordinarie applicazioni, ad esempio con studi di J-P. Serre, e con la creazione da parte dello stesso Tate della “geometria analitica rigida”.

Introdusse i “moduli di Tate” per le varietà abeliane, dimostrandone proprietà fondamentali nel caso dei campi finiti, e congetturando i rispettivi analoghi per i campi di numeri. Ciò costituì indispensabile base e motivazione per ricerche che culminarono nella soluzione (da parte di G. Faltings) di alcune tra queste congetture assieme alla “congettura di Mordell”.

Potremmo continuare, anche commentando la ricaduta delle ricerche di Tate; ci dobbiamo però fermare, e lo facciamo citando i “gruppi di Barsotti-Tate”. Essi portano anche il nome dell’eminente Geometra italiano Iacopo Barsotti, scomparso alcuni anni orsono, accomunato a Tate dallo spirito pionieristico e che aveva indipendentemente affrontato lo studio dello stesso soggetto.

di Umberto Zannier

Ricercatore a Padova, Professore Associato a Salerno e Professore Ordinario all’Università IUAV di Venezia. Professore Ordinario di Geometria alla Scuola Normale dal 2004.

Pin It
This website uses the awesome plugin.