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I virus assemblano le proteine dei propri “gusci” secondo precise simmetrie. La matematica aiuta a comprendere come queste cambiano durante l’infezione, per poterli combattere meglio

Apparso originariamente il 21 aprile 2013.

I virus sono piccoli agenti infettivi che attaccano differenti organismi viventi: batteri, animali, piante. La loro struttura nella maggior parte dei casi consiste di un involucro proteico, dettocapside, che protegge e incapsula il materiale genetico (RNA o DNA). Alcuni capsidi sono rivestiti da una membrana lipidica detta pericapside o envelope.

Il ciclo vitale di un virus è legato alla sua capacità di replicarsi infettando una cellula ospite e inducendola a creare altre copie di virus. A questo scopo il virus rilascia il materiale genetico all’interno della cellula ospite infettata, e ne utilizza la macchina biosintetica per la replicazione del genoma virale e la sintesi delle proteine del capside. I nuovi capsidi si autoassemblano e impacchettano l’RNA o il DNA e vengono rilasciati all’esterno della cella infettata. Il ciclo replicativo tipico di un virus è rappresentato schematicamente in fig. 1.

Fig.1 Il ciclo replicativo virale

Immagini rielaborate da http://schoolworkhelper.net/2010/07/viral-replication-lytic-cycle/.

 

Un fatto apparentemente sorprendente è che virus appartenenti a famiglie differenti presentano capsidi e proteine del capside con strutture tra loro simili, suggerendo che vi siano delle regole di costruzione comuni. Il principio di base in questo caso è quello dell’economia genetica: poiché un acido nucleico non potrebbe mai codificare per una singola molecola proteica tanto grande da racchiuderlo, il capside deve essere costituito da molte copie, in certi casi alcune centinaia, di una stessa proteina (o copie di un numero relativamente piccolo di proteine differenti).

Inoltre è importante che il virus si assembli velocemente una volta che le subunità proteiche sono state sintetizzate dalla cellula infettata. Occorre quindi che le subunità si aggreghino con precisione in modo da formare un guscio chiuso, il capside appunto, in grado di contenere l’acido nucleico.

L’evoluzione ha risolto questo problema disponendo le proteine che costituiscono il capside in modo simmetrico. Nei virus con capside elicodale, come il virus del mosaico del tabacco, le subunità proteiche formano un bastoncello elicoidale (fig.2), mentre nei virus con capside sferico la simmetria è quella icosaedrale (vedi fig.3).

Fig. 2

Fig. 3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I virus icosaedrali hanno le stesse simmetrie dell’icosaedro, un solido platonico con 20 facce triangolari. Tale poliedro ha assi di simmetria rotazionale di ordine 2, 3 e 5, cioè è invariante per rotazioni:

– di 180° rispetto agli assi di ordine 2 (assi passanti per i centri degli spigoli)

– di 120° rispetto agli assi di ordine 3 (assi passanti per i centri delle facce)

– di 72° rispetto agli assi di ordine 5 (assi passanti per i vertici).

Nel caso dei virus icosaedrali più semplici ognuna delle facce dell’icosaedro è formata da tre proteine, ma questa soluzione permette di assemblare solamente 60 proteine e il capside benché stabile risulta essere di piccole dimensioni. Negli anni ’60 dati sperimentali evidenziarono la presenza di capsidi con un numero notevolmente più elevato di proteine, e nel 1962 Caspar e Klug proposero la teoria della quasi-equivalenza [1], ancora oggi utilizzata, che permetteva di spiegare come si dispongono le proteine in virus sferici icosaedrali il cui capside è costituito da più di 60 subunità proteiche.

Poiché la simmetria icosaedrale è fondamentae nell’assemblaggio e nella struttura del capside, risulta naturale chiedersi quale sia il suo ruolo anche nei processi di rilascio del materiale genetico all’interno della cellula ospite.

Comprendere in dettaglio le modificazioni strutturali del capside nei meccanismi di infezione è di fondamentale importanza per la progettazione di strategie antivirali mirate a bloccare tale processo.

Per alcuni virus delle piante questo evento corrisponde ad un’espansione del capside e a modificazioni strutturali sostanziali che risultano nell’apertura di pori nel capside e nella conseguente esposizione del materiale genetico all’ambiente circostante, rendendo quindi possibile il rilascio degli acidi nucleici nella cellula ospite (fig. 4).

 

 

 

 

 

 

 

Fig. 4 A sinistra il capside del CCMV prima della transizione, a destra dopo la transizione è evidente la dilatazione del capside e l’apertura di pori.

Ci sono però difficoltà oggettive nell’osservare sperimentalmente la transizione o anche solo la configurazione finale del virus (sono transienti o poco stabili), ed è in tale ambito che entrano in gioco modelli matematici che descrivono e cercano di prevedere il fenomeno. Allo stato attuale, ci sono sostanzialmente due approcci allo studio delle transizioni nei capsidi.

Il primo [2] [3] si basa sulla descrizione dei capsidi virali come network elastici, dove i nodi corrispondono a posizioni rilevanti dal punto di vista biologico e l’interazione è data da opportuni potenziali empirici. Lo studio dei modi normali del network mostra che molti dei cambiamenti conformazionali, così come l’espansione del capside, possono essere descritti mediante una combinazione di alcuni modi collettivi di oscillazione del network. Purtroppo però tale metodo non è in grado di predire nei dettagli la transizione del capside né lo stato finale.

Una seconda famiglia di modelli [4] [5] [6] si basa su di una rielaborazione della teoria di Ginzburg-Landau delle transizioni di fase: il capside è visto come un guscio sferico, e viene introdotto un parametro d’ordine correlato alla conformazione delle proteine del capside, il cui contributo all’energia è un potenziale con più minimi assoluti.

Un approccio alternativo, che stiamo sviluppando in collaborazione con un gruppo di ricercatori dell’Università di Torino e dell’Università di York (YCCSA), si basa su una descrizione ‘a grana grossa’ del capside come un insieme di capsomeri (gruppi di proteine che formano esagoni o pentagoni). Si assume che l’energia del capside sia data dalla somma di due contributi fondamentali: un’interazione repulsiva tra gli acidi nucleici e le proteine del capside, che tende ad espanderlo, e un’energia di coesione tra i capsomeri. Variazioni dell’ambiente chimico innescano il cambiamento conformazionale del capside come risultato della competizione tra l’energia coesiva e quella repulsiva. Una piccola perturbazione locale dell’energia coesiva induce una cascata di eventi di distacco che si propaga come un fronte di transizione lungo il capside. Questo suggerisce che l’espansione del capside dei virus icosaedrali avviene con buona probabilità attraverso cammini di transizione che coinvolgono fasi intermedie non icosaedrali.

Giuliana Indelicato

York Centre for Complex Systems Analysis, Dipartimento di Matematica, Università di York (UK)

[1] Caspar DLD, Klug A (1962) Physical Principles in the Construction of Regular Viruses. Cold Spring Harbor Symp. Quant. Biol. 27, 1

[2] Tama F, Brooks III CL (2002) The mechanism and pathway of pH-induced swelling in Cowpea Chlorotic Mottle Virus. J Mol Biol 318:733–747

[3] Tama F, Brooks III CL (2005) Diversity and identity of mechanical properties of icosahedral viral capsids studies with elastic network normal mode analysis. J Mol Biol 345:299–314

[4] Klug WS, Bruinsma RF, Michel JP, Knobler CM, Ivanovska IL, Schmidt CF,Wuite GJL (2006) Failure of viral shells. Phys Rev Lett 97:228101

[5] Klug WS, Bruinsma RF, Michel JP, Knobler CM, Ivanovska IL, Schmidt CF,Wuite GJL (2006) Failure of viral shells. Phys Rev Lett 97:228101

[6] Rim JE, Ma L, Bruinsma RF, KlugWS Phase transitions in viral capsid maturation (in preparation)

 

SITI WEB

* http://viperdb.scripps.edu/icos_server.php teoria della quasi equivalenza e immagini di virus icosaedrali

* http://www.virology.wisc.edu/virusworld/viruslist.php immagini di virus

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