Ti è mai capitato di guardare il mare attraverso un vetro?
Sotto la superficie mossa appare splendido il fondo nella sua immobilità,
in un ordine cristallino, indisturbato e fragile a un tempo,
in una muta santità – come dicevamo. Soltanto
che ti manca il fiato se rimani così più a lungo,
perciò sollevi di nuovo la testa in aria
o apri questa finestra (ma consapevole stavolta), o esci dalla porta.
(LA FINESTRA Ghiannis Ritsos)
Inizia la seconda metà del Novecento, l’Europa cerca di guardare oltre il ricordo della guerra, ogni artista a modo suo solleva la testa e tocca la maniglia di una finestra. Nel ventennio 1950-1970 ci sono varie importanti esperienze artistiche che parlano di quarta dimensione, molte delle quali legate al cinema di fantascienza. Ne abbiamo scelte due. Ghiannis Ritsos intitola Quarta dimensione la raccolta di diciassette poemetti in forma di monologo i cui interpreti sono miti ellenici. Nello stesso periodo partendo dal Manifesto Bianco e giungendo alle tele Concetto Spaziale-Attese, l’artista Lucio Fontana chiede a tutti gli uomini di scienza del mondo, i quali sanno che l’arte è una necessità vitale della specie, che orientino una parte delle loro investigazioni verso la scoperta di questa sostanza luminosa e malleabile e di strumenti che producano suoni che permettano lo sviluppo dell’arte tetradimensionale.
I matematici erano già andati nella direzione suggerita da Fontana e Ritsos. Da una parte la quarta dimensione matematica è mito e tempo come per il poeta greco, dall’altra è spazio oltre quello tridimensionale da cui si esce e si ritorna esattamente come una tela squarciata ci fa entrare e uscire dalla seconda alla terza dimensione. Contrariamente a quanto si possa pensare, la quarta dimensione appare tardi nella storia della matematica a causa forse di un “mito” della scienza ellenista: Aristotele. Egli scriveva delle grandezze, quella che ha 1 dimensione è linea, quella che ne ha 2 è superficie, quella che ne ha 3 è corpo, e al di fuori di queste non si hanno altre grandezze.
Di contro, nella sistematizzazione del sapere il grande filosofo greco dona alla matematica il sillogismo e alla fisica i primi tentativi di definire lo spazio e il tempo. Leggendo Aristotele e applicando un sillogismo, il lettore moderno potrebbe chiedersi: “se lo spazio è corpo, in quale dimensione avviene il movimento del corpo?”
Rimettiamoci alla finestra con Ritsos. Ecco il vetro bidimensionale su cui potremmo tracciare gli assi cartesiani; ecco il mare corpo tridimensionale in cui basterà una terna di assi per trovare la posizione di ogni conchiglia; ecco infine il movimento delle onde, come descrivere matematicamente quest’ultimo? Cartesio non ci aiuta, né come matematico, né come filosofo, eppure qualunque studente di Analisi 2 potrebbe passare da 3 coordinate (cartesiane) a 4. Si deve attendere la fine dell’ottocento perché, mediante Riemman, Helmotz, Caley, Grassmann, si possa pensare di interpretare una quarta coordinata come coordinata temporale. Fisicamente questo passaggio non convinceva ancora e gli scienziati restarono alla loro finestra con il fiato mancante. L’idea che la spalancò venne da Minkowski che riprendendo un modello di Poincarè legò tempo&spazio in quattro dimensioni ma con metrica diversa da quella euclidea: lo scorrere non richiede solo un valore ma anche un segno diverso. Come si vedono da questa finestra spalancata le onde? Ogni punto quadridimensionale diventa un evento e ha in sé l’informazione sui suoi unici possibili movimenti futuri che saranno confinati nel cono luce. Nella metrica che lega spazio e tempo, i triangoli NON hanno somma degli angoli interni pari a 180° e le linee più brevi tra due punti (geodetiche) si incurvano: è l’effetto del vento delle idee di Einstein che utilizza lo spazio di Minkowski nella teoria della relatività.
Le feritoie delle opere di Fontana non possono essere usate come finestre, la quarta dimensione che l’artista cerca oltre la pittura e la scultura non è solo il tempo in cui la tela viene tagliata, è anche lo spazio della tela che suggerisce altri spazi. Lucio Fontana fondò infatti il movimento spazialista. Cosa è una quarta dimensione spaziale? Detto in linguaggio matematico, cosa si rappresenta se invece della quaterna $$(x,y,z,t)$$ si considera $$(x_1, x_2, x_3, x_4)$$? In particolare, in uno spazio quadrimensionale, quali forme si trasmettono dalle dimensioni inferiori? Lo studente di Analisi 2 che abbiamo interrogato prima non avrà difficoltà a parlarvi di una ipersfera allungando un po’ la formula della circonferenza $$x_1^2+x_2^2=r^2$$, passando per quella della sfera $$x_1^2+x_2^2+x_3^2=r^2$$ ottenendo infine $$x_1^2+x_2^2+x_3^2+x_4^2=r^2$$. Ma la vera comprensione della quarta dimensione spaziale si ha giocando con quadrati e cubi e quindi con le costruzioni.
Se molto rozzamente approssimiamo un punto con un brick $$1\times1$$, per costruire un segmento basterà allinearne un certo numero. Questa idea corrisponde al passaggio dalla dimensione 0 alla dimensione 1. Adesso sappiamo costruire un segmento e replicarlo. Allineando N brick $$1\times N$$ avremo un quadrato: siamo passati dalla dimensione 1 alla dimensione 2. Se si vuole andare in dimensione 3 si devono sovrapporre N quadrati di questo tipo ottenendo un cubo. Nella realtà matematica si trascinano infiniti punti per avere segmenti, infiniti segmenti per avere quadrati e infiniti quadrati per avere cubi. Il solo vincolo è conservare i lati di ugual misura. Ci è impossibile immaginare cosa accade trascinando un cubo in uno spazio esterno al nostro caro 3D. Ci consoliamo: questa impossibilità fermò anche Aristotele! Come nella storia della matematica il passaggio alla quarta dimensione ha richiesto molti secoli, così anche nella storia delle costruzioni è stato necessario un secolo! La più nota azienda di brick, la @Lego, nasce nel 1916 in Danimarca e solo nel nuovo millennio introduce il BRICK 1X1 con STUD laterale! Che cosa c’entra questo mattoncino con la quarta dimensione? Usando questi mattoncini per costruire un cubo, lateralmente alle sue facce, potremo incollare altri cubi ottenendo lo sviluppo di un ipercubo!
Vediamo numericamente le proprietà di questo giocattolo quadrimensionale di cui abbiamo realizzato una proiezione 3D. Il numero di vertici deve essere $$16=2^4$$ (nel cubo $$8=2^3$$, nel quadrato $$2^2=4$$, nel segmento $$2=2^1$$, nel punto $$1=2^0$$). Per chiudere il quadrato bidimensionale occorrono $$4=2\times2$$ lati (1D). Per chiudere un cubo occorrono $$6=2\times3$$ facce (2D), per chiudere un ipercubo occorreranno $$8=2\times4$$ cubi (3D). I matematici conoscono i “soli” 261 modi in cui si possono incollare 8 cubi in modo che a due a due si identifichino le facce di bordo. In particolare si avranno 8×6:2=24 facce bidimensionali. Uno di questi modi è quello illustrato mediante i brick. Tale modello fu suggerito da Charles Howard Hinton in Fourth Dimension. Questo matematico di fine ottocento fu il narratore della quarta dimensione. Egli era tra le varie cose il genero del grande logico Boole. Hilton partendo dal dubbio finale di Flatlandia di Abbott, immaginò uno spazio in cui le proiezioni fossero tridimensionali e chiamò questa figura tesseratto concentrando il suo sguardo sui quattro raggi nei vertici del cubo centrale. Gli otto cubi che vediamo sono le sezioni tridimensionali dell’ipercubo. È curioso che proprio la cognata di Hilton dette un nome a queste figure che vivono in quattro-dimensioni con sezioni 3D poliedriche e 2D poligonali: Alicia Boole coniò il termine politopo. I politopi vennero poi generalizzati e sistematizzati da Coxeter a partire dal 1947 che riportò in luce intuizioni ottocentesche di Schlafli. La seconda metà del Novecento arrivava e la matematica doveva esser pronta a spiegare le tele squarciate di Fontana e il Corpus Hypercubicus di Dalì (1954)!
Contrariamente al tempo che non torna indietro, la matematica dopo aver studiato la dimensione 4 partendo dalla dimensione 3 mediante le sezioni, doveva costruire ipercubi partendo da un solo cubo! Niente brick, questo passaggio mentale è molto più liquido, non troppo, ci serve un telaio cubico in ferro e acqua saponata. L’ipercubo, come diagramma di Schegel, appare dopo l’immersione e la quarta dimensione torna a rappresentarsi come moltiplicato incontro di finestre. Stavolta la nostra mente dovrà guardare dentro, non fuori, e di nuovo mancherà il fiato se coglieremo un dettaglio o una dimostrazione delle tante congetture che ancora popolano come comportamenti alieni la quarta dimensione matematica!
Sandra Lucente
Buongiorno,
vorrei segnalare una piccola svista nell’articolo DIMENSIONE 4,ovvero: “Per chiudere un cubo occorrono 6=2×3 facce (2D), per chiudere un ipercubo occorreranno 8=2×4 cubi (3D) ovvero 8×6=24 facce.” In realtà 8×6=48 facce necessarie per chiudere un ipercubo.
Grazie Fabio abbiamo corretto (le facce 2D del tesseratto 4D sono 24, in generale in N dimensioni le K facce sono 2N2(N-1)…(K+1)/(N-K)!)