In questi giorni sono apparsi alcuni articoli su vari giornali nazionali in cui si parla diffusamente del metodo analogico per insegnare la matematica nella scuola primaria, metodo proposto dal maestro in pensione Camillo Bortolato. Alcuni esperti di didattica della matematica ci hanno scritto una lettera in cui esprimono alcune perplessità a riguardo.
[Originariamente pubblicato il 28 febbraio 2018]
L’articolo de La Repubblica del 24 febbraio scorso sul cosiddetto “Metodo Bortolato” o “analogico” (metodo del quale anche altre testate hanno parlato, vedi qui e qui) ci ha molto colpito per il contrasto tra il prestigio del quotidiano su cui è stato ospitato e il taglio dell’articolo: articolo che acriticamente (anche rispetto all’attualità di alcune questioni: l’insiemistica a livello di scuola primaria è da tempo superata, non è certo una novità recente) e soprattutto senza far cenno a punti di vista diversi, promuove un metodo, molto diffuso anche per la potenza dell’editore, ma molto discusso nella comunità scientifica. Questo intervento è motivato non da questioni accademiche (d’altra parte, come scritto nel pezzo, il maestro Bortolato non si occupa di ricerca), ma dalla profonda convinzione che su argomenti così importanti che possono influenzare l’educazione, e dunque il futuro dei nostri bambini, tutti (e in particolare i grandi mezzi di comunicazione) debbano procedere con la massima cautela. Questo vale in particolare per l’insegnamento della matematica, materia ostica non solo ai bambini, ma anche a tanti maestri e maestre, che con tanta buona volontà, ma anche, spesso, con una storia di insuccessi in matematica e un rapporto difficile con la disciplina, potrebbero essere ben disposti verso un metodo che funziona e che fa amare la matematica a tutti i bambini, con poco sforzo.
E da qua partiamo: la matematica non sta nel biberon, come non sta nel biberon il linguaggio o il saper suonare uno strumento musicale. La matematica è un costrutto culturale e il suo apprendimento/insegnamento richiede sforzo, sforzo che ovviamente può essere piacevole (e qui interviene la didattica). Convincersi del contrario secondo noi è molto pericoloso sia per gli insegnanti che per gli allievi.
A prescindere da questa considerazione, il divertirsi ad imparare è una bellissima cosa, un obiettivo importantissimo, che però deve essere collegato agli obiettivi formativi legati all’insegnamento della disciplina. È qui che il metodo analogico presenta i problemi più grossi.
Innanzitutto perché riduce il ruolo formativo dell’educazione matematica a livello di scuola primaria e pre-primaria al (pur importante) far di conto. Un obiettivo molto limitato, che non solo contrasta con le Indicazioni Nazionali, ma anche con l’esperienza di tanti insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria che portano avanti esperienze educative molto più complete riguardo alla matematica che il solo insegnare le tabelline.
Poi perché tale metodo è basato su tre aspetti, tra loro collegati, dal nostro punto di vista devastanti a livello educativo e lontanissimi dagli obiettivi fondamentali dell’apprendimento della matematica: l’abolizione delle spiegazioni, viste come un’inutile complicazione invece che l’educazione al voler sapere il perché delle cose in maniera a-gerarchica e all’imparare a difendere le proprie posizioni; l’attenzione focalizzata completamente sul risultato (il prodotto) piuttosto che sul processo di pensiero attivato per raggiungere un certo risultato; la costruzione di collegamenti puramente mnemonici basati su analogie senza nessun riferimento al concetto matematico. Quest’ultimo punto è particolarmente importante, perché su questo è basata la percezione del successo del metodo: i bambini ricordano alcuni prodotti e danno le risposte giuste in processi meccanici. D’altra parte, le cose imparate in questo modo, ovvero senza alcuna considerazione relativa ai perché e senza relazione ad altro sapere matematico, sono molto difficili da richiamare quando servono, in contesti leggermente diversi da quelli esatti in cui sono stati imparati (fenomeno del transfert noto nella ricerca educativa). E allora siamo sicuri che un metodo che permette, nel migliore dei casi, di ottenere risposte giuste (prodotti) in contesti meccanici sia significativo per l’apprendimento della matematica?
Noi crediamo di no, crediamo che l’insegnamento della matematica, soprattutto nel primo ciclo (ma non solo) debba in primo luogo insegnare il gusto di chiedersi e del cercare il perché delle cose, il gusto di argomentare le proprie posizioni in maniera coerente e articolata, proprio come richiedono le Indicazioni Nazionali per l’insegnamento.
È un obiettivo educativo molto più complesso di insegnare a dare risposte corrette a domande pre-confezionate, ma, proprio per questo, molto più affascinante per insegnanti e allievi.
Firmatari (in ordine alfabetico)
Giovannina Albano, membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana di Ricerca in Didattica della Matematica (AIRDM)
Anna Baccaglini-Frank
Mariolina Bartolini Bussi
Pietro Di Martino
Benedetto Di Paola, membro del Consiglio Direttivo AIRDM
Francesca Ferrara, membro del Consiglio Direttivo AIRDM
Mirko Maracci, membro del Consiglio Direttivo AIRDM
Maria Alessandra Mariotti, presidente AIRDM
Maria Mellone
Antonella Montone, membro del Consiglio Direttivo AIRDM
Elisabetta Robotti
Cristina Sabena
Rosetta Zan
Buongiorno,
Secondo me la questione è se questo metodo è stato validato scientificamente perché viene proposto sempre più spesso nelle scuole e la maggior parte dei genitori neanche conosce il metodo perché si fida dell’insegnante.
Perché altrimenti trovo assurdo che si proponi in una scuola un metodo non testato.
La scuola non è un laboratorio di cavie!
Ho letto un 10 – 20 % dei commenti. Credo sia esagerato costruire due fronti opposti. Piuttosto sono convinto che debba esserci qualcosa che funziona, anche se non capiamo ancora bene il perché a livello scientifico, e che vada perciò scoperto e preso nel metodo Bortolato. Sono d’altra parte certo che sia un errore diffuso tra i prof di matematica di generalizzare l’obiettivo della consapevolezza a qualunque età. Forse è un errore di TUTTI i docenti. Ma non delle maestre. La consapevolezza non è per tutte le età. Prima esistono istinto e spontaneità.
Gentili professori, credo sinceramente che il vostro documento sia frutto di una lettura superficiale dei materiali del maestro Bortolato e non viceversa da una reale pratica di ricerca condotta da voi nelle classi di scuola primaria. La realtà dell’apprendimento anche semplicemente osservato infatti vi comincerebbe che Camillo Bortolato ha messo insieme una proposta valida e con ottime basi teoriche. Quanto alle povere maestre non preparate in matematica menzionate nel documento, va detto per onestà di patria che hanno incontrato nella loro formazione tutti professori non analogici. L’amore per la matematica, il pensiero astratto… è una condizione imprescindibile per insegnare ai bambini, ma non sia un alibi per non tener conto dei processi di sviluppo cognitivo e dell’apprendimento nelle diverse età.
Spett.le Dott. Natalini,
Ho una bimba di 10 anni che frequenta la quinta elementare e da 5 anni COMBATTO (battaglie perse) contro il metodo analogico di Bortolato. Ritengo che sia da denuncia. Ritengo anch’io che gli obiettivi che si prefigge il “metodo” siano stati perfettamente raggiunti dall’insegnante di mia figlia: assenza di spiegazioni, attenzione focalizzata solo sul risultato, collegamenti mnemonici adoperati al posto dei concetti di QUANTITA’.
Tabelline studiate con le famigerate “Immagini Gancio”:
4×2 così come 6×8 ma anche 7×4 = ….il paio di occhiali!!!
L’apoteosi si raggiunge con 7X3 = albero leggermente inclinato.
Delirio puro.
Ma la cosa più triste è che, ovviamente per paura, sono tutti contenti (malgrado i pessimi risultati e i livelli raggiunti dalla maggior parte della classe in matematica).
Io, invece…VOX CLAMANTIS IN DESERTO!
Ma pazienza.
GRAZIE GRAZIE GRAZIE! Leggere il suo articolo oggi (dopo l’ennesima discussione avuta ieri con l’insgnante) mi ha davvero risollevato!!!!
Un caro saluto
Sono un’insegnante di scuola primaria e credo fermamente nel metodo”tradizionale” anche perché, ironia della sorte, entrambe le mie figlue a scuola utilizzano Bortolato. Ho avuto la conferma di quanto questo metodo sia dannoso a livello cognitivo: il bambino è veloce nel calcolo, ma non viene abituato al “ragionamento” e all’astrazione”, perché che che se ne dica la matematica è astrazione. Spero prima o poi si intervenga per impedire di lasciare segni devastanti in intere generazioni.
Condivido ogni parola e riflessione, ho una nipotina in seconda elementare che ahimé la sua maestra usa questo metodo che, a me personalmente fa paura per come può nuocere negativamente nello sviluppo intellettivo dei bambini, questo metodo per quanto possa aver capito nonostante la mia ignoranza, non stimola la parte del cervello ragionevole, la matematica è vero che è una soluzione e quella è, ma bisogna sapere anche come e perché ci si arriva a quella soluzione.
Il metodo Bertolato annienta quell’angolo di cervello che serve per questo
Sinceramente, non credo che definire come “devastanti” gli aspetti che più caratterizzano il metodo Bortolato, o stigmatizzare le sue proposte in quanto basate su “collegamenti puramente mnemonici”, serva a migliorare il dialogo tra la comunità accademica e settori del mondo dell’istruzione che hanno raggiunto dimensioni tali da non poter più essere ignorati.
Premetto che non sono un fautore del metodo Bortolato. Le riserve espresse dall’AIRDM sono anche le mie: le ho ribadite più volte nelle mie pubblicazioni e in classe coi miei studenti. Sono però orgoglioso di aver invitato il maestro Bortolato a tenere una lezione presso l’Università di Cagliari e di avergli così offerto un diritto di tribuna.
In questo modo non penso di aver traviato nessuno. Non credo che il metodo Bortolato abbia allontanato nessun insegnante dalle buone prassi didattiche, quelle che affondano le radici nelle ricerca scientifica “ufficiale” in didattica della matematica. Le eccellenze presenti nelle nostre scuole sono perfettamente in grado di vagliare criticamente i molti approcci incontrati nel loro percorso di formazione permanente. Penso invece che Bortolato sia riuscito a raggiungere settori del corpo docente in cui le proposte provenienti dalle nostre università, per motivi su cui sarebbe utile interrogarci tutti insieme, non sono riuscite a penetrare. A questi destinatari è forse potuta giungere qualche eco della ricerca sull’intelligenza numerica o sull’embodied cognition di cui magari non avrebbero mai sentito parlare, o che non avrebbero lasciato alcun impatto. In questo senso le due strade non sono antitetiche, ma complementari. Nella misura in cui questo metodo può risvegliare dal torpore insegnanti abituati a riempire i bambini di schede, nella misura in cui può spingere molti docenti a rimettersi in gioco – e laddove, sottolineo di nuovo, l’alternativa non è esporli ai più efficaci approcci costruttivisti, ma lasciarli in balia di una didattica stancamente trasmissiva – Camillo Bortolato svolge una meritoria funzione di supplenza di cui dovrebbe solo essere ringraziato.
Caro Francesco,
il tuo commento è molto interessante perché tocca diversi aspetti, alcuni mi trovano d’accordo, altri meno, e da amante del dialogo e dell’argomentazione provo a dirti la mia.
Partiamo da un primo aspetto importante che menzioni: le proposte provenienti dalle Università non sempre riescono a penetrare e non sempre hanno la massima diffusione. Quali sono le cause? Certamente bisogna domandarselo e rifletterci seriamente. D’altra parte, è un dato di fatto evidente che la possibilità di diffusione di proposte commerciali che hanno una grossa casa editrice alle spalle è incredibile.
Io credo, come dici tu, che un obiettivo importante sia quello di dare più strumenti possibili agli insegnanti per scegliere, che vuol dire dare loro più punti di vista, soprattutto in una disciplina per cui molti insegnanti cercano loro in primis certezze. E allora credo che sia un grosso problema non tanto ovviamente far conoscere il metodo Bortolato, o qualsiasi altro approccio di qualsiasi tipo, quanto scrivere sui giornali pezzi pubblicitari in cui non sono riportati punti di vista differenti.
Tutto qui. Poi, per come la vedo io, l’approccio suggerito è iper-trasmissivo, forse non stancamente, non lo so, ma trasmissivo sicuramente.
A presto,
Pietro
Caro Pietro,
Le tue pacate riflessioni mi trovano d’accordo, nel tono e nei contenuti. Sul carattere iper-trasmissivo dell’approccio di Bortolato abbiamo idee diverse, ma la varietà di punti di vista è la ricchezza di qualsiasi disciplina – in primis della didattica della matematica.
A presto,
Francesco
Sono un’insegnante di matematica della scuola primaria, condivido in pieno ogni sua parola, finalmente un commento costruttivo e fecondo di ragionamenti.
Ricorda un po’ la querelle della ‘Trinomite’ e la tentazione, sempre presente nella didattica e nella valutazione delle competenze, di ridurre l’insegnamento della matematica all’applicazione meccanica di un metodo per calcolare. Più utile sarebbero corsi di aggiornamento e formazione per gli insegnanti e l’introduzione di concetti basilari (ad esempio sulla teoria dei numeri) che aiutassero a comprendere i mondi e le sorprendenti regolarità che si celano all’interno del paesaggio matematico. Magari in quel modo avremmo alunni ed insegnati meno annoiati e stressati che imparano che far di conto è solo un utile corollario di quella che Musil chiamava “una estrema economia del pensiero”.
Ho sentito parlare per la prima volta del metodo analogico da varie colleghe di lavoro nel 2011, però i pareri erano discordanti: c’era chi mi diceva che era un buon metodo, chi sosteneva che era utile ma doveva essere integrato con il metodo tradizionale e chi invece affermava che non funzionava assolutamente. La cosa curiosa era però che alla mia richiesta di spiegazioni sulla validità o meno del metodo, nessuno sapeva darmi una risposta convincente: chi era a favore del metodo mi parlava di cornicette, di tranquillità interiore degli alunni, di una “via del cuore” per l’apprendimento della matematica, mentre chi era contrario parlava di un metodo confuso e senza vere e proprie basi scientifiche. Allora ho deciso di acquistare alcuni libri di Camillo Bortolato e immediatamente ho intuito le grandi potenzialità del metodo, decidendo al tempo stesso di cominciare a utilizzarlo in una classe prima di scuola primaria. Il punto di partenza è lo strumento, per questo ho fatto acquistare ad ogni alunno il testo “La linea del 20” di Camillo Bortolato con il relativo strumento, confidando poi di decidere alla fine dell’anno scolastico se continuare o no, ma a questo ci hanno pensato direttamente i genitori della classe che mi hanno chiesto esplicitamente di continuare anche in seconda. Il metodo analogico funziona eccome! I firmatari dell’articolo credo che non abbiano un’idea chiara di tale metodo.
Per cortesia, potrei sapere dove scaricare le slide della Prof. Rosetta Zan utilizzate per il convegno tenutosi ieri 4 novembre 2018 alla Sapienza sul “metodo” in matematica?
grazie mille
saranno online a giorni. Segua il sito. A presto.
In matematica la natura delle prestazioni richieste è molto varia: a volte occorre ricordare, altre volte riflettere, altre volte ancora rappresentare in modo diverso (ecc.). Quindi, la scelta del comportamento intellettuale più adatto è molto impegnativa, con il rischio inevitabile che lo studente, soprattutto quello meno sicuro di sé, si senta perso. Purtroppo, o per fortuna, non esiste una ricetta che ci dica quale sia il comportamento più adatto alle diverse situazioni. Pertanto, creare una didattica in cui i bambini sono messi nelle condizioni di non commettere errori, a mio avviso, è solo un’illusione che non li educa verso questa complessità.
“La paura: della matematica un fenomeno allarmante nel terzo millennio”, recitava più o meno così il titolo di un progetto di ricerca di alcuni anni fa, in cui ricercatori universitari, ispettori ministeriali e insegnanti hanno lavorato a braccetto indagando sulla natura di questo stato delle cose. Tra le varie attività svolte durante il progetto c’è stata anche la raccolta di migliaia di biografie, in cui persone (bambini e adulti) raccontavano del loro rapporto con la matematica. Ebbene la paura dell’errore era una delle costanti nelle storie raccolte. La gran parte dell’odio verso la matematica, quindi, sembra risiedere proprio nella demonizzazione dell’errore nelle attività d’aula. Eppure evitare che si commettano errori non solo è un’illusione, ma è anche pericoloso visto che sbagliando, opportunamente guidati, si impara e si scoprono cose nuove.
Come possiamo allora provare insieme, ricercatori e insegnanti, a cambiare la visione dell’errore nell’attività di classe? Possiamo immaginare della attività in cui l’errore, più che ostacolo da evitare, diventi risorsa da capitalizzare? Soprattutto, come possiamo fare ciò quando dobbiamo anche rispondere alle prove INVALSI? E in generale a una società costruita su prove a tempo in cui si valuta la quantità di risposte corrette?
Nei vari commenti postati si intravede proprio la ricca varietà di strumenti adottati o inventati per aiutare i bambini a orientarsi nel complesso viaggio culturale e sociale che stanno intraprendendo.
Leggendo tutti questi commenti sento il bisogno e il desiderio, e sono in compagnia di molti altri miei colleghi, di costruirci degli spazi di riflessione e di incontro in cui continuare a parlare, magari anche a litigare , su questi temi.
Forse finora ce ne sono stati pochi, come ci racconta Paola, ma credo che questo scambio di opinioni ci dica soprattutto quanta passione, per citare anche la regia di questo sito, ci sia nella didattica della matematica e non possiamo perderci l’occasione di sfruttarla!!!!
Dimenticavo i fantastici strumenti Montessori!
Li ho riscoperti questo anno eppure sono più vecchi e anche “analogici”!
Mea culpa!
Conosco molto bene gli strumenti di Bortolato, non parlerei di metodo Bortolato perché la scoperta e l’attenzione all’aspetto analogico dell’insegnamento/apprendimento della matematica era già cosa nota prima della realizzazione dei suoi strumenti.
Il collega Camillo Bortolato è stato invitato nella mia scuola a parlare del suo metodo circa 15 anni fa, ho seguito alcuni suoi interventi in internet e in giro per l’Italia in diversi convegni; sono sempre alla ricerca di strumenti che rendano meno complicato l’apprendimento e l’insegnamento della matematica.
Dopo tanto leggere, ascoltare e sperimentare mi sono convinta che non esiste uno strumento adatto, utile e compensativo che vada bene per tutte le diverse teste che ci ritroviamo in classe. Ora insegno matematica in due classi prime, sul mio scaffale alla portata di tutti ho: abaco, materiale multibase, scatole piene di tappi e bottoni, carte delle quantità disegnate dai bambini, carte da gioco, linee del 20 e del 100 regalateci da ex alunni, linee del 20 costruite da noi con mollette e grucce, dadi giganti, una GRANDE CALCOLATRICE, contenitori con cannucce raggruppate per 10 e altri con cannucce singole (le unità!) e fortunatamente 10 dita per ogni bambino sempre e ovunque con loro.
Sicuramente da qui alla quinta chissà cos’altro inventeremo o acquisteremo ma quel che è certo è che ogni bambino potrà sempre scegliere lo strumento che più gli serve, che gli è maggiormente d’aiuto.
Una domanda: a voi colleghi che come sempre diciamo avrete in classe bambini con conoscenze, abilità e competenze diverse: non vi capita mai di pensare che obbligare 20 bambini ad utilizzare uno strumento uguale per tutti sia per qualcuno inutile o addirittura dannoso?
Ricordo che durante un colloquio con il team di esperti che seguiva alcuni miei alunni con problemi d’apprendimento era stato più volte sottolineato di non utilizzare alcuni strumenti con l’alunno A. perché lo avrebbe condizionato a tal punto da non permettergli di progredire ( non erano tutti strumenti di Bortolato).
Insomma sono fermamente convinta che sia sbagliato e ingiusto fare adozioni a tappeto di qualsivoglia strumento, è inutile e forse anche didatticamente pericoloso. Andrea è così contento di spiegare ai suoi compagni come riesce a trovare velocemente il risultato di 9+6 vedendo le quantità con la mente e Sara con la sua tecnica delle dita che tiene in memoria… loro non scelgono la linea del 20 sullo scaffale ma si divertono tantissimo a gareggiare con la calcolatrice.
Perfettamente d’accordo: la varietà dei mediatori didattici favorisce la possibilità di “agganciare” il maggior numero possibile di bambini con le loro differenti modalità di apprendimento. Ed è meraviglioso il fatto che Andrea possa SPIEGARE a parole ai compagni la propria strategia di calcolo che vede nella testa, diversa da quella di Sara.
Altra domanda: gentili professori e ricercatori ma voi non siete stati alunni di maestre e maestri?
Voi avrete in mano la teoria, ma come ho visto nell’esperienza univeristaria i prof nel campo pedagogico si muovono con molta incertezza. Poi non penso che tutti gli.insegnanti seguano alla lettera perché i bambini sono diversi e diversi devono essere gli interventi.
Io nei vari corsi di matematica ho sentito parlare di strutture dell’addizione di Vergnaud ma nessuno dei prof di mate ci ha saputo dire come nella pratica potevamo tradurre operativamente con i bambini. Io ci sto provando,a la strada non è facile. Invece di criticare traducete in materiale didattico ciò che volete promuovere.le critiche sono belle ma vogliamo fatti
Posso aggiungere la mia opinione? Sono una studentessa di scienze della formazione nonché insegnante di scuola primaria a tempo indeterminato da tanti anni. Io ho seguito i corsi sia del metodo analogico che le lezioni accademiche dei corsi di matematica della laurea quinquennale. Quando abbiamo affrontato i sensi del numero con esempi pratici (tra l’altro il prof non ci ha mai spiegato nulla in merito agli esercizi da fare e tanto meno ci ha spiegato la restituzione degli errori del compito di esame) io ho avuto la folgorazione che il metodo analogico si sposava perfettamente con l’interpretazione di essi:
1) senso cardinale – il metodo analogico adopera la quantità con le sue palline della linea del 20 del 100 e del 1000
2) senso etichetta – negli strumenti del 20 compaiono anche i numeri scritti in cifre.
3( senso ordinale – le palline sono ordinate per 10 (ogni pallina un numero e non come la linea dei numeri che devi contare i salti)
4) senso misura – la pallina vale 1 ( la distanza dal 5 al 6 permette al bambino di incentivare il conteggio automatico
5 senso valore – il metodo dispone i centesimo come l’armadio del 100 e ci lavora, come ci suggerisce anche il prof universitario, sin dalla prima classe.
Tutti noi insegnanti cerchiamo di dare risposte, perché ovviamente in classe si fa una sorta di alchimia di vari metodi. Sono consapevole che dietro c’è anche una propaganda editoriale, ma io ho trovato tante componenti di collegamenti tra quello studiate per 5 esami di matematica che tra l’altro sembra che le uniche attività di proposte sia quella di giocare a nascondino, salire e scendere gli ascensori, giocare con il gioco dell’oca e via che ci stanno benissimo anche nell’ambito della scuola in cui siamo e che l’esperienza diretta della matematica vada fatta.
Invece di “distruggere” come voi state facendo, ho cercato di trovare ponti di collegamento perché poi il prof Bortolato ci ha lavorato una vita ed ha insegnato ad una vasta comunità di persone tra questi anche laureati senza che nessuno sino adesso, che io sappia, lo abbia denunciato. Invece di fare i criticoni cercate di collaborare perché la matematica è una scienza che si evolve e solo riunendo le forze si può trovare qualcosa di buono…..
Sono una maestra di lunga data, che ha anche un po’ a che fare con la ricerca didattica.
Nel post di Paola condivido il fatto che alcuni sensi del numero sono presenti nella linea del 20 e nelle palline presentate da Bortolato (qualche perplessità sul punto 3, ma non è importante). Ma comprendo il tentativo del prof. universitario, evidentemente non riuscito con Paola, di far capire agli studenti futuri insegnanti l’importanza di “stanare” la matematica implicita nel nascondino, nei piani dell’ascensore e nel gioco dell’oca. Vedere la matematica presente nel gioco del pampano o di uno scontrino del panettiere vuol dire credere che l’insegnamento della matematica debba partire dalla REALTA’ .
E’ una questione di presupposti: se riteniamo (come ci spingono a fare le Indicazioni nazionali) che l’apprendimento della matematica debba partire dalla realtà, è da lì che dobbiamo prendere i problemi e i mediatori per costruire la conoscenza matematica: monete, termometri, bilance, righelli, orologi, calendari, tabellone del gioco dell’oca,…. sono oggetti che il bambino ritrova anche fuori da scuola, nel mondo reale in cui vive. Se non ci diamo questo presupposto, allora per l’approccio al numero vanno bene anche mediatori non reali come insiemi, regoli, blocchi multibase, linee del 20, armadi del 100 e palline schierate, che vivono solo a scuola.
Ritengo che solo una matematica che parte e ritorna alla realtà del bambino (e del futuro cittadino) possa essere davvero stimolante, sfidante, appassionante e ricca di soddisfazioni. Lo vedo ogni giorno negli occhi dei miei alunni che forse non si divertono, ma certamente si appassionano ai problemi che devono risolvere. È una sfida culturale, che francamente non riesco a vedere nelle palline bortolatiane.
Ma dal canto mio sono una figlia dell’insiemistica, ho dovuto da adulta ricostruire molte delle mie conoscenze matematiche, ma non sono morta con gli insiemi e non moriranno neanche i bambini cresciuti a palline di Bortolato. A patto che da qualche parte trovino qualcuno che dia loro lo spazio necessario a costruire il pensiero e il linguaggio necessari al ragionamento. E torniamo alle preoccupazioni espresse nell’articolo dai “professori”: l’aspetto più preoccupante dell’operazione Bortolato è quando, a proposito di “silenzio concettuale”, si chiede di (cito) “limitare al minimo il linguaggio verbale”. Questa frase fa accapponare la pelle. Non credo che le spiegazioni verbose degli insegnanti siano utili, ma penso che solo attraverso l’uso della lingua (in discussione, in produzione scritta, in interazione tra pari o con l’insegnante) possano svilupparsi i concetti e i costrutti logici e razionali necessari al nostro essere non solo cittadini, ma persone consapevoli. Se possiamo fare questo esercizio di consapevolezza anche con le attività matematiche, offriamo ai nostri ragazzi delle opportunità in più.
Io sono solo una mamma che ha dovuto improvvisarsi “aiutante” durante il Covid per una bambina della primaria.
Noto che tutti cercano il “metodo” piu’ veloce e “comprensibile” al bambino. Quello che puo’ essere sbagliato è seguire pedissequamente qualunque manuale.. Alcuni libri che ho preso di Bortolato hanno aiutato mia figlia, altri non li ha neanche guardati.. Trovo Bortolato denso di spunti utili per chiunque pero’ io da mamma penso che ogni insegnante si formi da sé, a contatto coi bambini, coi loro sguardi persi o soddisfatti, con il tempo. L’insegnamento non puo’ essere “un manuale” o “un metodo”.. così è troppo semplice.. Credo che sia come cercare la luce in fondo a un tunnel – la luce della conoscenza – e le strade possono essere tante e non tutte vanno bene per tutti i bambini quindi a volte bisognerebbe (a mio avviso) usarle tutte, per uniformare e stimolare la classe.. Nemici sono i tempi, i voti, le verifiche.. I tempi…!!! Togliamo tempo a questi bambini per svolgere dei semplici esercizi pratici che gli serviranno per destreggiarsi nella vita o devono svolgerli con una velocita’ che toglie qualsiasi gusto per la materia e per la scuola in generale.. Troppo sotto pressione, troppo di tutto.. Io ero a favore della scuola elementare ma non di questa.. Per non essere fraintesa specifico quello che voglio dire: 3a elementare. Tutti i giorni in casa a studiare e a fare i compiti con due pomeriggi a scuola. Costretti a fare i compiti anche doposcuola alle 16. Verifiche e interrogazioni a sorpresa ogni giorno.. Oggi 20 novembre mia figlia sta perdendo interesse per la scuola, perché studia studia ma non riesci nemmeno a ripassare tutto e il voto non è mai il massimo perché è stanca. Alla fine la domanda è :”chi me lo fa fare di studiare e perché?” . Sto serena e gioco, tanto mi promuovono lo stesso.. Stiamo meglio tutti, genitori e figli.. Ignoranti ma sereni.. :/ . Ignoranti a casa mia no.. devono passare sul mio cadavere.. ma un po’ di serenita’ ci vuole..
(scusate lo sfogo..)
@Pietro Di Martino. Grazie per la risposta, andrò a cercare i libri della prof. Rosetta Zan.
Per quanto riguarda i problemi, i testi di Bortolato dalla 1^ alla 5^ ben graduati e successivi alla soddisfazione dei prerequisiti, sono una sintesi “scolastica” esauriente. I disfaproblemi sono in più per aiutare quei bambini che potrebbero cominciare a “trovare coraggio” con soluzioni non scolastiche.
Concludo che tutte le difficoltà di lettura del testo, che come anche Lei rileva, sono lo scoglio maggiore, trovano aiuto e soluzione proprio nel suggerimento metodologico di VISUALIZZARE le situazioni, quindi problemi per immagini PRIMA, per poi scoprire il lessico e infine le belle e sintetiche operazioni che la matematica ci regala per la soluzione.
Grazie di nuovo per la disponibilità.
Che rispondere? metto un articolo dove ho perso tempo, poi ho utilizzato un CD di Bortolato per visualizzare alla LIM il lavoro sul testo e poi utilizzato lo strumentino di Bortolato per avviare i bambini a prendere confidenza con le equivalenze con le misure di superficie? In questo modo ho fatto fare molto “mentre” parlavo (spiegavo), dove però è più facile che mi seguano perchè possono anche aiutarsi col fare, il vedere immagini? Vuoi?
Buona matematica a tutti noi a favore dei nostri alunni, per l’oggi che sono in classe e, speriamo, anche un buon domani.
Dispiace vedere che si continua a confondere il valore aggiunto, personale, professionale del singolo docente con quello che è teorizzato nei libri del metodo analogico, soprattutto “La via del metodo analogico. Teoria dell’apprendimento intuitivo della matematica”. Ritengo invece che ci debba, sempre, essere una distinzione tra le teorizzazioni analogiche e quel che il docente implementa o realizza, altrimenti si perde il valore aggiunto del docente e questo, a mio avviso, non deve mai succedere ma anzi deve risaltare distinto da qualsiasi metodo.
Quando un insegnante, che come tale, è in continuo aggiornamento e ricerca di vie migliori, ne trova una che si adatta bene ad essere praticata in classe, ritengo che la possa studiare e seguire, in modo critico e il più possibile libero. Ciò non toglie che queste “buone vie” che trova contribuiscano a dare un valore aggiunto alla sua professionalità.
Io sono una persona concreta, il nostro lavoro di insegnanti non è di ricerca e studio fine a sè stessi, deve portare ad applicazioni in breve tempo, bene il Metodo Analogico di Bortolato è capace di soddisfare queste necessità. Poi tutto resta modificabile, nessun dogmatismo, siamo sempre aperti a migliorare.
Io penso il contrario: è il docente il valore aggiunto, non il “metodo”. Sono due modi diversi di vedere la scuola. Inoltre mi crea grossi dubbi lavorare per avere applicazioni in breve tempo, preferisco guardare lontano, pensare all’oggi ma anche al domani e al dopodomani, lavorare alla costruzione di un pensiero, di un modo di ragionare e di argomentare che ha bisogno di tempo, anzi “di perdere tempo” come diceva Emma Castelnuovo. Anche i metodi coercitivi e quelli sanzionatori portano ad applicazioni in breve tempo ma io non li sceglierei mai. Penso che stia anche qui, la differenza tra chi concorda con l’articolo e chi fidelizza con Bortolato.
scusate, aggiungo, se avete pazienza leggete anche i commenti all’articolo sui problemi in classe 4^, dove due alunni esprimono chiaramente la soddisfazione di essersi divertiti “ragionando” insieme (bello che si divertano come giocando a pallone, ma facendo matematica)
Se accettate i link, a proposito di problemi, di cui si dice nell’articolo,uno degli aspetti devastanti:
“attenzione focalizzata completamente sul risultato (il prodotto) piuttosto che sul processo di pensiero attivato per raggiungere un certo risultato;
Siccome sappiamo quanto sia importante mostrare, fare, provare e poi discutere, argomentare… vi metto un articolo del nostro blog di classe dove ho utilizzato i problemi illustrati di Bortolato (i lavori di questo tipo sono stati numerosi)
https://blogscuol4.wordpress.com/2015/10/30/ancora-problemi/
Oltre a queste proposte, ogni insegnante propone altre attività più laboratoriali, problemi autentici, legati al proprio ambiente, in risposta a particolari progetti a cui ha aderito, attività problematiche collegate alle visite guidate, alle altre discipline di studio. Un insegnante che utilizza il metodo Analogico, come tutti gli altri, lavora in libertà e si aggancia e collega alla realtà e alle esperienze sue e dei suoi alunni e su queste costruisce.
Gentilissima,
la ringrazio per il suo intervento perché, almeno personalmente, mi dà modo di chiarire una cosa importante: secondo me è importante che un insegnante faccia le sue scelte didattiche con un approccio critico. Nonostante abbia serissime perplessità sul metodo analogico (come spiegato soprattutto sugli aspetti di fondo, ma non solo), non penso certo che chi usa strumenti del metodo sia un cattivo insegnante e viceversa chi lo critica sia un buon insegnante. Un insegnante che usa strumenti del metodo analogico (ad esempio la famigerata linea del 20) può fare bellissime cose. Non mi piacciono quelle suggerite ufficialmente, ma questo è un altro discorso.
Sui problemi, ci tengo tantissimo e una parentesi me la permetta: i libri di Bortolato sui problemi ce li ho e per me sia i testi usati che l’approccio suggerito su quei libri sono veramente “problematici” (per usare un gioco di parole e un eufemismo). Se posso anche io dare un consiglio, senza link, a tutti gli insegnanti suggerirei la lettura (sempre critica ovviamente) dei lavori di Rosetta Zan.
Rosetta Zan sui problemi? Avevo ascoltato questa docente ad un convegno Erickson a Rimini sull’errore e lo ricordo con piacere!
Mi interessa molto il discorso dei problemi, quali sono i testi di Bortolato che ritiene “problematici”? magari i Disfaproblemi? Se si potesse sapere anche il motivo.
Un link al materiale che consiglia sarebbe di grande aiuto. C’è talmente di tutto in internet…
Grazie
Mi scusi, vedo solo ora la sua richiesta.
Per quanto riguarda i testi di Bortolato, mi riferisco a Disfaproblemi e Comprendere il testo dei problemi. Essenzialmente non lavora su problemi, ma cerca di meccanizzare l’approccio ad alcune situazioni tipo: insomma non dà suggerimenti per il lavoro sul pensiero produttivo (che è fondamentale anche per i bambini in difficoltà), ma lavora sul piano meramente riproduttivo. Questo incentivando l’uso di parole chiave e identificando la risoluzione di un problema (a livello di scuola primaria) con l’ “indovinare” l’operazione. A mio avviso, non solo è un approccio molto limitato, ma controproducente.
Di Rosetta trova anche tante cose in rete, comunque un paio di anni fa, per Carocci, ha anche pubblicato un libro che raccoglie le sue riflessioni sulla tematica: problemi. Il libro si intitola “I problemi di matematica”. La cosa interessante è che, dall’abstract dei due libri citati, emerge un focus comune: la comprensione del testo. Anche solo dalla lettura dell’abstract si capisce però subito l’approccio completamente diverso. Il primo parla di esercizi, di sintesi e di decodifica (Questo volume propone più di cento esercizi – costruiti per fornire le informazioni in modo più chiaro e conciso – attraverso i quali l’alunno impara a decodificare correttamente il testo dei problemi aritmetici, identificando i dati e le relazioni rilevanti per la risoluzione), il secondo di costruzione di rappresentazioni mentali adeguate (La risoluzione di problemi è una delle attività principali nell’insegnamento della matematica, ma è anche quella in cui si riscontrano le maggiori difficoltà degli allievi. In molti casi esse hanno a che fare con la comprensione del problema: l’allievo non costruisce un’adeguata rappresentazione mentale della situazione descritta oppure si sofferma su dettagli irrilevanti perdendo di vista la domanda. Spesso dietro un rapporto difficile con la matematica ci sono proprio esperienze fallimentari con problemi che l’allievo non riusciva a comprendere, anche a causa di una formulazione del testo stereotipata e lontana dalla sua realtà. Il volume offre strumenti per individuare ostacoli alla comprensione legati alla formulazione del testo: da quelli di natura linguistica a quelli causati dall’artificiosità delle situazioni proposte e della domanda finale. Suggerisce inoltre strategie per superare le difficoltà evidenziate e propone attività di analisi e (ri)formulazione di problemi).
Un articolo e molti commenti senza sfumature. Sembra proprio che ci si debba schierare pro o contro, non favorisce certo discussione e confronto. L’enunciato «Inoltre, dal punto di vista commerciale, genera buoni introiti all’autore, alla casa editrice ed agli addetti ai corsi di formazione», è a mio parere imperdonabile. Che dire allora di nomi altisonanti (persino in odore di conflitto di interessi) che intitolano i loro libri con la parolina magica “invalsi”- che è proprio ” fare molti esercizi e velocemente e in silenzio”, citando F. Chiesi?
Sì, come maestra che *non* usa il metodo Bortolato e che, se dovesse scegliere i suoi “maestri” non le verrebbe certo in mente Bortolato, ho trovato l’articolo e i successivi commenti poco piacevoli.
Il suo “metodo”, o quel che è, mi è sembrato in più aspetti molto simile al modo in cui insegnava la mia maestra mezzo secolo fa.
Non mi pare tuttavia che possa esistere il Metodo che avvii tutti gli alunni in modo sicuro senza sbavature a comprendere detto fatto la… matematica. La materia che forse più delle altre muta metodo a ogni piè sospinto poi.
“Ghe ghe guh”, non è parlare questo! Eppure chi impedirebbe a un bambino di ripetere in serie le sillabe senza senso o ne sarebbe rammaricato? Vocalizzi e lallazione precludono a un’espressione linguistica complessa o forse la sorreggono? Davvero è così terribile per memorizzare (e non certo memorizzare numeri di telefono come Giorgio fastidiosamente sostiene), come leggo in un commento 9*6=54 come cintura-gatto? Sei per sei trentasei asino che sei, sei per otto… asino cotto. La memorizzazione delle tabelline è o non è importante? Vero questo apprendimento non è.. matematica, ma è opportuno trascurarlo? La confidenza con le tabelline memorizzate a esempio attraverso canzoncine alla scuola dell’infanzia in un’esperienza di decenni fa, ha realmente creato un terreno adatto (forse solo psicologico se non logico) ai successivi approfondimenti. Davvero la memorizzazione (che per il cervello non è mai puro e semplice meccanismo) preclude a dare senso matematico all’operazione o lo intralcia?
Gentilissima,
non entro nel merito della questione memorizzazione e importanza delle tabelline (ne potremmo discutere a lungo, è una questione interessante), ma solo sul suo incipit.
Da una parte io credo che un insegnante debba avere un approccio critico costruttivo, cercando di prendere quel che di buono vede in ciò che gli/le viene proposto. Credo anche che la parola “metodo” sia di per sé negativa in ambito educativo (ma non commerciale): dà l’idea del tutto o niente (proprio quello che lei depreca) e del rendere le cose automatiche all’insegnante. Io credo che la bellezza e difficoltà dell’essere insegnante sta proprio nel fatto che non possa essere un esecutore, ma debba essere un problem solver.
Questo in generale. Nello specifico è però fondamentale riflettere su quali sono gli obiettivi a lungo termine che ci proponiamo insegnando matematica a livello di scuola primaria e confrontarli con gli assunti e gli obiettivi dichiarati di ciò che ci viene proposto. Ebbene, gli obiettivi e gli assunti del metodo analogico sono lontani da ciò a cui, secondo me, dovrebbe contribuire l’educazione matematica. Per questo la mia posizione è piuttosto netta. Questo non vuol dire che alcuni strumenti non possano essere usati efficacemente da un insegnante problem solver.
P.S.: per quanto riguarda l’aspetto commerciale, io non me la prendo con chi pubblicizza e vuol vendere le sue cose – non mi piace particolarmente, ma fa parte del gioco – ma con chi dovrebbe fare informazione e fa pubblicità. Insomma se un autore o una casa editrice fanno pubblicità, si può valutare quanto sia ingannevole o meno, ma stanno facendo il loro. Se i mezzi di informazione invece fanno pubblicità mascherata da cronaca secondo me non fanno il loro.
Ah, nonostante quanto scritto sopra, ci tengo a concludere dicendo che il fatto che ci sia qualcuno che fa peggio (“nomi altisonanti in odore di conflitto di interessi”) l’ho sempre considerata una argomentazione debole. In questo modo si giustifica tutto.
Gentilissimo Professore,
una delle cose più terribilmente inutili che si possano dire a un allievo è: “pensa con la tua testa”, con una frase sola gli diamo dell’incapace, gli diciamo che dubitiamo di lui e infine soffochiamo il suo pensiero. Dire che un insegnante debba avere un approccio critico costruttivo si pone, forse, sulla stessa linea?
Qui si sono espressi molti insegnanti a favore, come la brava Maria Valenti, o contro il metodo, non m’è parso che i più fossero poco consapevoli. Un metodo si usa, non si è usati dal metodo seguendolo pedissequamente. Posso essere dunque solo in parte d’accordo sul senso che lei dà alla parola metodo (nel vocabolario Treccani peraltro si parla di «ricerca, indagine, investigazione», e anche «il modo della ricerca»), infatti se mi si chiedesse che metodo io usi per insegnare matematica mi verrebbe da sintetizzare con un poco interessante “mah”. Non riesco a seguire con classi differenti neppure… me stessa, figuriamoci un qualcosa di rigido e precostituito.
Più facile descrivere il mio modo di lavorare in questo o quest’altro aspetto, o dare indicazioni sui miei maestri, sui testi di riferimento, spesso lontani nel tempo dato che sono una vecchia maestra, ricordo ancora con piacere i librini del progetto Nuffield, nel mio cuore c’è Emma Castelnuovo che sempre rileggo soprattutto in questo tristissimo momento della scuola italiana, ma ho imparato molto anche da Alba Rossi Dell’Acqua e da tantissimi altri, compresi alcuni dei firmatari dell’articolo (e ho imparato moltissimo dai miei alunni).
Lei parla di insegnante ‘problem solver’, non so se un insegnante sia un risolutore di problemi, se mai ci prova, ci prova al meglio, ma non risolve detto fatto tutti e, occorre dirlo, i sempre più difficili problemi cui si trova di fronte. L’onnipotenza non ci è data (e neppure la matematica si riduce al problem solving, come ci ricordava il compianto Giorgio Israel).
Ma qui non mi pare che si critichi tanto ciò che è metodo, non si sta parlando del metodo Montessori o del metodo Singapore. Fra l’altro né con il metodo Montessori né con quello Singapore si usano molte spiegazioni e argomentazioni, da quello che so e si dice.
Si dimentica fra l’altro poi che il metodo Singapore, citato qui da un commentatore, è applicato a una popolazione di bambini che per l’80% nella scuola primaria va a lezioni private dopo la scuola (fatto che si trova facilmente in internet), se poi vi fidate del mio ricordo di un’indagine trovata qualche anno fa in un blog di una scuola del luogo, il 20% di bambini di 9-10 anni riceve a casa istruzioni e allenamento su come risolvere quei problemi che noi chiamiamo somma-differenza prima che sia trattato a scuola (un tempo da noi era problema di scuola media). Entrambe le cose sono ora come ora (e mi verrebbe da esclamare per fortuna) impensabili in Italia.
A me a esempio «imparare a difendere le proprie posizioni» pare più un obiettivo di un politico o di un oratore o di un imbonitore, o di non so chi altro, non di un matematico. Forse, scherziamoci su, serve a difendere, o a rigettare, un metodo di didattica della matematica?
Paul Erdos non ha difendeso la propria posizione né gli interessava farlo nel problema di Monty Hall, ha semplicemente a un certo punto riconosciuto il fatto matematico.
Fatico a esempio in questo video di Bortolato https://www.youtube.com/watch?v=3_aKZPZy8WY a trovare cose tanto terrificanti (il metodo deve risultare così terrificante che la professoressa Baccaglini-Frank ha interpretato una cintura vicino a un gatto come una cintura che picchia un tranquillo gatto masochista) e non mi pare che sia tutto da ascrivere a semplice (se lo è semplice) meccanismo. La matematica non è questo? Sicuramente non è solo questo. I problemi per immagini certo superano l’artificiosità che talvolta hanno i testi, anche se non eliminano tutte le possibili ambiguità di lettura. La ripetizione e il meccanismo sono inutili e/o controproducenti? Che cosa sono esattamente i meccanismi per il cervello? (E per quello dei piccioni: https://www.livescience.com/6150-pigeons-beat-humans-solving-monty-hall-problem.html?) Si parla del semplice far di conto, davvero è bene trascurarlo dato che ci sono potenti strumenti di calcolo a disposizione?
Concordo infine con Lei, posso anche ritirare la mio frase se questa consiste nello scegliere il male minore, non stavo in effetti scegliendo. Il punto è che Camillo Bortolato m’è sembrato persona sincera, sinceramente interessata ai suoi alunni, con delle proposte concrete e pratiche, nate dalla sua esperienza. Il metodo non mi ha mai attirato molto, ma lo rispetto.
È la diffusione del metodo che ha portato all’articolo, non viceversa, e questa non è pubblicità è informazione (giornalistica certo, perciò per lo più superficiale e solitamente senza contraddittorio). Può piacere o non piacere, ma non si deve confondere causa con effetto. «Inoltre, dal punto di vista commerciale, genera buoni introiti all’autore, alla casa editrice ed agli addetti ai corsi di formazione» è già accaduto, Professore, prima di quegli articoli.
Con il Metodo Analogico siamo in pieno accordo su quanto espresso nel documento delle Indicazioni Nazionali. Chi non lo crede non conosce il Metodo, perché non l’ha utilizzato, e non basta averlo letto o ascoltato, bisogna utilizzarlo in classe con testi, strumenti e preparazione indicati dal maestro Camillo Bortolato.
Riporto dal testo delle I.M.del 2012
Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria
L’alunno si muove con sicurezza nel calcolo scritto e mentale con i numeri naturali e sa valutare l’opportunità di ricorrere a una calcolatrice.
Riconosce e rappresenta forme del piano e dello spazio, relazioni e strutture che si trovano in natura o che sono state create dall’uomo.
Descrive, denomina e classifica figure in base a caratteristiche geometriche, ne determina misure, progetta e costruisce modelli concreti di vario tipo.
Utilizza strumenti per il disegno geometrico (riga, compasso, squadra) e i più comuni strumenti di misura (metro, goniometro…).
Ricerca dati per ricavare informazioni e costruisce rappresentazioni (tabelle e grafici). Ricava informazioni anche da dati rappresentati in tabelle e grafici
Riconosce e quantifica, in casi semplici, situazioni di incertezza.
Legge e comprende testi che coinvolgono aspetti logici e matematici.
Riesce a risolvere facili problemi in tutti gli ambiti di contenuto, mantenendo il controllo sia sul processo risolutivo, sia sui risultati. Descrive il procedimento seguito e riconosce strategie di soluzione diverse dalla propria.
Costruisce ragionamenti formulando ipotesi, sostenendo le proprie idee e confrontandosi con il punto di vista di altri.
Riconosce e utilizza rappresentazioni diverse di oggetti matematici (numeri decimali, frazioni, percentuali, scale di riduzione, …).
Sviluppa un atteggiamento positivo rispetto alla matematica, attraverso esperienze significative, che gli hanno fatto intuire come gli strumenti matematici che ha imparato ad utilizzare siano utili per operare nella realtà.
Grazie per aver riportato un ampio stralcio delle Indicazioni Nazionali, ma ancora manca l’attinenza del metodo con le stesse…
Non ci si può limitare a dire che chi lo critica, non lo conosce, perchè non è così. Chi lo critica, lo conosce e non l’apprezza, il che è molto diverso.
Elena, c’è chi trova l’attinenza nelle cose e chi no, dipende da quello che ognuno di noi è e vuole; io sono in perfetto accordo sia con le I.N. che con il Metodo Analogico, ma forse dipende anche dall’interpretazione e mediazione che ogni insegnante fa di qualsiasi strumento che ha a disposizione. Il metodo Analogico è una scelta possibile, non è prescrittivo, a me pare che rispetti in ogni punto ciò che è scritto nelle Indicazioni. In particolare, questo è un ritorno da parte di moltissimi colleghi, il Metodo Analogico svolge un ruolo attivo nello “sviluppare un atteggiamento positivo rispetto alla matematica, attraverso esperienze significative, che gli hanno fatto intuire come gli strumenti matematici che ha imparato ad utilizzare siano utili per operare nella realtà” (Ho riportato l’ultima competenza dell’elenco, ma di primaria importanza per tutto l’apprendimento anche futuro).
Grazie per l’attenzione.
IO credo che per contrastare questa enfasi sul metodo Bortolato (mi fa un certo effetto chiamarlo così) bisognerebbe anche pubblicare sullo stesso quotidiano che ha ospitato il primo articolo.
E’giusto che si conoscano le ragioni che portano ad analizzare scientificamente il lavoro che viene diffuso e “venduto” in questo modo così eclatante.
Sarebbe giusto anche prevedere dei dibattiti pubblici, così come fanno i ricercatori, e le persone che seriamente vogliono capire, conoscere e confrontarsi sulle loro teorie e sulle loro convinzioni. Come fa qualsiasi ricercatore serio.
In caso contrario ci saranno ancora tanti, troppi insegnanti che crederanno di poter far volare…senza porsi il problema di quello che significhi davvero acquisire competenze matematiche. Tanti insegnanti che hanno bisogno di credere in questo. Riflettiamoci bene.
Immagino che gli autori abbiano spedito la replica a Repubblica ma che il quotidiano non abbia risposto. E quindi hanno pubblicato qui la risposta.
Concordo con quanto detto nell’articolo. Purtroppo ho avuto anche modo di vere il metodo Bortolato applicato alla letto -scrittura. Sono rimasto basito.
Mi stupisco molto dell’enfasi sulla memorizzazione e mi sorge il dubbio che il metodo, a mio parere di ispirazione costruttivista, non sia ben conosciuto.
Rosanna Damiano, a me pare più istruzionista che costruttivista il metodo. Di stampo costruzionista è ,a mio avviso, un lavoro basato sul dare significato all’oggetto di studio, un lavoro magari di gruppo con l’insegnante come mediatore, un lavoro che ricordi l’attività laboratoriale che andava di moda anni addietro. Nel “metodo” di Bortolato è già tutto altamente costruito e fruibile, non è richiesto ragionamento ma solo “intuito” e memoria. Detto questo e avendo insegnato italiano per tanti anni e affacciandomi solo ora alla matematica,trovo il metodo di Bortolato per l’italiano molto raffazzonato e solo esteticamente bello ma del tutto inutile, mentre per il calcolo e le tabelline mi pare di vedere spunti utili. Poi di base , pur avendone comprati ahimè molti, sono molto critica sui libri di questa casa editrice in oggetto perché sono solo un concentrato di schede o programmi di “allenamento” preconfezionati per nsegnanti
Sottoscrivo pienamente quanto dice Giorgio e, ovviamente, quanto è stato espresso molto chiaramente nel testo dell’articolo. Premetto che ho letto personalmente tutti i testi della primaria del metodo e preso visione dei materiali. Per quanto ne so io i bambini non hanno paura della matematica, hanno piuttosto paura delle verifiche di matematica, di non soddisfare le aspettative degli insegnanti e dei genitori, di prendere un brutto voto, di avere l’errore di calcolo sottolineato in rosso e via dicendo. La matematica può piacere di più o di meno di un’altra materia ma solitamente questo amore o disamore in ultima istanza dipende dall’insegnante. L’insegnante, anche di scuola primaria e dell’infanzia, dovrebbe conoscere bene la disciplina, molto al di là di ciò che deve insegnare e dovrebbe soprattutto averne compreso il senso. Chi la conosce sa che il far di conto, gli algoritmi non sono la matematica. Chi crede che la matematica si risolva con le analogie (che sono a volte un utile punto di partenza se hanno un senso per i bambini e non sono analogie forzate) o con l’addestramento, non certo disgiunto da un certo tipo di logica, forse ha semplicemente bisogno di tornare a scuola, di rivedere il suo rapporto personale con la disciplina, ha bisogno di qualcuno che gli spieghi in che cosa consista veramente la matematica. Io penso che serva guardare alla matematica come strumento costruito culturalmente, come costruzione del pensiero umano. Impararla senza fare fatica, senza pensare, mi sembra una contraddizione in termini. Un problema enorme però è che questo, come altri metodi miracolosi che l’hanno preceduto, si diffondono velocemente proprio perché esonerano anche gli insegnanti dal pensare, nel senso di dover “faticosamente” progettare giorno dopo giorno le attività da fare in classe tenendo conto dei bambini, di quello che loro stessi ci portano come conoscenza, di pensare a come aiutarli a trasformare le esperienze concrete e quotidiane in matematica. Questo implica che in classe si parli, si discuta, si confrontino idee e strategie … non mi pare che questo faccia parte del metodo analogico, ogni giornata ha il compito da fare, già pronto, indipendentemente da ciò che potrebbero pensare o voler dire gli allievi. E mi rende molto triste pensare che i bambini non possano scoprire con i loro insegnanti la bellezza della matematica vera ma debbano invece passare il tempo a compilare pagine e pagine di esercizi preconfezionati. I miei allievi rinunciavano anche all’intervallo se c’era un problema da discutere, una cosa nuova da capire. I compilatori dei quaderni del metodo analogico non so quanto possano essere felici a meno che la felicità stia proprio nell’essere esonerati dal pensare.
Il “Metodo Bortolato” non insegna la Matematica.
È un vero peccato che in alcune scuole elementari vengano sacrificate preziose ore di insegnamento al “Metodo Bortolato”, quando lo stesso tempo potrebbe essere utilizzato per insegnare ai bambini a “pensare”, anche tramite la Matematica.
Imparare a memoria molti numeri di telefono non è Matematica, anche se parliamo di numeri.
Fare calcoli a mente e velocemente è difficile e spettacolare, ma non è Matematica; esistono esempi veramente stupefacenti, ma nessun esperto pensa che si tratti Matematica, né i soggetti si spacciano per matematici.
Molto tempo fa venivano imparate a memoria anche le tabelline dell’11 e del 12, poi sono passate di moda, nessuno si è accorto della differenza.
Ci potremmo domandare perché il “Metodo Bortolato” abbia avuto una discreta diffusione, la risposta mi sembra facile, questo approccio permette a molti insegnanti, che hanno una scarsa preparazione matematica, di somministrare lezioni che possono sembrare attinenti alla Matematica, ma che non lo sono, con poca fatica e poco impegno, assegnando poi valutazioni buone che accontentano studenti e genitori, solo quei genitori che non possono prestare molta attenzione alla qualità degli insegnamenti impartiti ai propri figli.
Inoltre, dal punto di vista commerciale, genera buoni introiti all’autore, alla casa editrice ed agli addetti ai corsi di formazione; non a caso, tutte le persone che qui hanno scritto difendendo il “Metodo Bortolato” svolgono attività di formazione, anche per la casa editrice (vedi http://www.camillobortolato.it/download/corsi-progetto-gen-giu-2017.pdf).
Spero che il “Metodo Bortolato” possa essere presto abbandonato, insieme a tutte le altre simili pseudo-metodologie, confidando nella costante crescita professionale e culturale del corpo insegnate.
Personalmente per l’insegnamento delle ostiche tabelline consiglio vivamente “Le Tabuline” una novità oserei dire memorabile dalla mia esperienza personale e di alcuni logopedisti/insegnanti che lo stanno testando in questi giorni. http://www.letabuline.it
Non capisco davvero l’accanimento! Utilizzo il metodo analogico di Bortolato consapevolmente ritenendo che la presentazione di ogni argomento dall’alto “in volo” come dice lui, consenta di vedere meglio ciò che si deve imparare a gestire. Vedere interamente una quantità (un armadio di 100 unità per es) consente di orientarsi meglio all’interno della quantità stessa, permette di definire dei riferimenti stabili che favoriscono un calcolo più rapido… (cosa che invece, secondo me, non garantiva, la presentazione di una decina per volta)
Quindi “in volo” non significa velocemente e/o con superficialità. Credo inoltre che qualsiasi strumento utilizzato (linea dei numeri, abaco, regoli… ) presenti i suoi limiti. Trovo per es non funzionale che sulla linea dei numeri le unità corrispondano agli spazi tra le tacche invece che alle tacche.. Questo spesso confonde i bambini, così come possono essere confusi da una pallina rossa che vale 10 ma che nella realtà é sempre solo 1. Credo che il lavoro di noi insegnanti sia proprio cercare di favorire e sostenere quei processi cognitivi finalizzati all’acquisizione di concetti difficili, matematici appunto, nonostante i limiti degli strumenti. Ritengo inoltre che i problemi per immagini di Bortolato,così come i disfaproblemi, si presentino come ottime occasioni per raccogliere informazioni implicite, favoriscano il pensiero divergente, il confronto tra strategie diverse e l’argomentazione. Mi spiace non si riesca ad attribuire al metodo un valore giusto e che alcuni non riescano ad intravedere le positive intuizioni. I miei alunni sanno motivare il perché delle loro azioni matematiche o delle strategie utilizzate per arrivare ad una soluzione sia essa puramente aritmetica o logica. Credo che ogni metodo, così come ogni strumento possa essere utilizzato bene solo se lo si conosce bene e se lo si sa usare… e che sia ben più proficuo per tutti, bambini e docenti, trovare quelle occasioni formative che attraverso il riposizionamento continuo di uno rispetto all’altro, garantiscano l’apprendimento, invece che scomodare i massimi sistemi e cercare di trovare le falle ad un metodo che non vuole definirsi tra l’altro, come l’unico possibile.
Un appunto puramente lessicale: nell’articolo compare l’affermazione che “la matematica non è nel biberon”, per intendere che non sia una caratteristica biologica innata, ma un costrutto culturale “artificiale”.
Faccio presente che nemmeno il biberon e il latte in polvere esistono in natura, ma sono chiaramente dei costrutti umani artificiosi, in qualche caso sicuramente utili, ma di sicuro non naturali. E non è scontato che tutti i neonati siano stati alimentati col biberon, per fortuna.
Sarebbe stato molto più corretto scrivere “la matematica non è nel latte materno”, proprio per evitare fraintendimenti gravemente diffusi, sia sulla matematica che sull’allattamento!
L’articolo riprende quanto Bortolato ha detto su Repubblica, è lui che afferma che la “matematica è nel biberon”…
per elena: ok, scusa, l’ho visto solo dopo.
Questo dimostra comunque che Bortolato è ignorante in materia di sviluppo del bambino. Se sia ignorante anche in matematica, non posso saperlo, ma in materia di biologia e di psicologia evolutiva, sicuramente sì.
Scusate il mio intervento, ma non sono assolutamente d’accordo con quanto scritto dagli autori dell’articolo: “La matematica non sta nel biberon”, (discorso diverso ovviamente per il linguaggio che effettivamente non sta nel biberon). Studi accreditati dimostrano che la predisposizione della mente umana di enumerare quantità è innata (vedi “L’intelligenza numerica” di Daniela Lucangeli); nasce quindi molto prima che “nel biberon o nel latte materno”.
Penso che Bortolato abbia tenuto in considerazione questo quando ha elaborato il suo metodo atto a “favorire lo sviluppo delle competenze numeriche che hanno come campo privilegiato di applicazione il calcolo mentale senza cifre, dove le quantità sono immagini che possono essere lette “istantaneamente”.
Per il resto sono un’insegnante di scuola dell’infanzia che ha ottenuto ottimi risultati utilizzando tale metodologia, non l’unica possibile ma molto utile per bambini di 4/5 anni.
La lettera mi trova perfettamente d’accordo, finalmente una presa di posizione autorevole mette in dubbio i tanto decantati miracoli che il “metodo” Bortolato produce, a ritmo serrato, nella mente dei bambini. Ho letto con attenzione tutti i commenti a seguire e a difesa del maestro Camillo non mi pare siano state portate argomentazioni che sostengano i voli, voletti e la grande felicità raccontata. Per mio conto, conoscendo perfettamente cosa Bortolato propone, avendo partecipato a più di un suo corso e avendo letto i suoi libri fin dagli albori (parlo della fine degli anni ottanta, prima che diventasse un fenomeno editoriale), trovo assolutamente deleterio che un insegnanti lo adotti in toto per l’intero ciclo della primaria: disattende quanto le Indicazioni Nazionali sanciscono, (libertà di insegnamento nonè sinonimo di “faccio quel che mi pare), non è in linea con i modelli internazionali, pur se ha scopiazzato malamente, in qua e in là senza citare mai la fonte (piramidi della Bozzolo, alcune cose dal Singapore Math) e appiattisce la capacità dei ragazzi di porre attenzione al processo di pensiero, argomentando e consolidando strategie. È basato su tecniche addestrative e sulla ricerca del prodotto, stop. La parte, poi, che riguarda le immagini gancio per ricordare i prodotti delle tabelline, la trovo, a mio avviso, delirante. Un gatto e una ci tura mi devono ricordare che 54 è il prodotto di 6 e 9?
Dato che in questo articolo vengono scientificamente messe in discussione le basi del metodo, sarebbe opportuno che chi lo difende a spada tratta portasse motivazioni scientifiche e comprovate da studi e ricerche, non voli e voletti che oltre rischiano di diventare pericolose picchiate per gli alunni, appena faranno il loro ingresso alla Secondaria.
Aspetti che colpiscono di questa discussione.
Premessa un po’ fuori tema, ma per me importante (in risposta all’incipit di Emanuela Orlandi “grandi Professori”): mi colpisce sempre molto (e mi atterrisce un po’) il fatto che si usi ‘docente, professore/essa, professore/ssa, maestro/a’ come una sorta di dispregiativo, come se occuparsi di educazione, formazione e ricerca fosse qualcosa che qualifica in negativo invece che in positivo. Mi colpisce ancora di più se lo fa una persona che si occupa di educazione e formazione.
Premessa a parte, tornando al focus del post, un’altra cosa che mi colpisce è la non accettazione di contraddittorio argomentato. L’uso del termine “caccia alle streghe” ne è un esempio che fa quasi sorridere (o spaventare): all’inizio del post si parla proprio dal fatto che il metodo ha avuto uno spazio enorme, senza contraddittorio alcuno, in numerosi quotidiani.
Così come l’idea che le valutazioni siano basate su pregiudizi. Le mie sono basate su giudizi, vi assicuro. I punti qualificanti il metodo (esplicitati sul sito e su numerose pubblicazioni) da una parte contengono grossi errori concettuali matematici, dall’altra – ed è ciò che è ancora più rilevante dal mio punto di vista – stabiliscono degli obiettivi educativi per la matematica (dare risposte giuste a procedimenti meccanici senza interrogarsi sul perché funzionino) che sono esattamente il contrario di quello per cui, secondo me, vale la pena insegnare e imparare la matematica.
Insomma giudizi e non pre-giudizi, basati certo sulla mia attività di ricerca educativa, ma sicuramente influenzati anche dall’esperienza personale. A me l’educazione matematica e soprattutto la mia maestra hanno insegnato che non ci sono regole senza perché e che questi perché è importante e bello capirli, ad essere libero da timori reverenziali, a voler sapere il perché delle cose e non accettare insegnamenti dogmatici, hanno insegnato a cercare di capire le cose e a voler argomentare le mie posizioni.
Un “metodo” deve avere alle base una solida ricerca: per la matematica un esempio lusinghiero è il metodo Singapore. Conosciuto quello, non avrete remore ad abbandonare il metodo analogico.
A me sembra manipolazione strumentale quella di far passare un metodo (molto opinabile) per IL METODO.
Senza sottoporre tale metodo a sperimentazioni e ricerca.
Ho sentito di formatori del metodo Bortolato che girano e diffondono il “verbo”.
Invece di volare, rimaniamo con i piedi per terra , cercando di studiare e capire quali siano le strade che possano sollecitare il pensiero critico e argomentativo. E soprattutto osserviamo i nostri alunni, ascoltiamoli e costruiamo con loro i percorsi verso l’acquisizione degli oggetti matematici, ogni volta diversi.
Come diceva Roberta Cenci, affidiamoci a chi fa ricerca e con loro collaboriamo.
Facciamolo per i nostri ragazzi!
pregiudizio? no certezza! proprio ieri guardavo… in uno dei suoi “voli” in quinta accennava alla proporzionalità facendo il meccanismo “della croce” e spacciandolo ..parole testuali.. come una operazione magica.Della serie ” bambino fai così..poi se non ci capisci nulla non importa!” Trovo disgustoso approcciare un argomento così importante con un meccanicismo avvalorato dalla parola “operazione magica”. la matematica è consapevolezza non magia
Le problematiche di questo metodo, parlo come insegnante della scuola secondaria, le vedo ogni giorno in classe. Moltissimi ragazzi sono “come persi” appena viene chiesto loro di fare un ragionamento. Il meccanicismo, per carità sarà pur utile, ma non è il cuore dell’insegnamento matematico e i problemi non si disfano. Pregherei i colleghi della primaria di sperimentare diversi metodi in parallelo per fare confronti sul lungo periodo o almeno af-fidarsi a chi fa ricerca, di accogliere il dubbio…insomma pensare “in lungo”, oltre la quinta elementare, perchè questi voli di cui tanto leggo vi assicuro che negli ordini di scuola superiori diventano cadute in picchiata senza controllo.
Carissimi,utilizzare le parole di Bortolato estraendole dal contesto in cui sono state dette per denigrare un tipo di didattica possibile come quella del metodo analogico, mi sembra un atto di manipolazione strumentale. Mi sembra una “caccia alle streghe” fondata anche sul pregiudizio da parte vostra. Per fortuna I bambini non sono topi di laboratorio e la sapienza di un maestro unita all’intuizione puo’arrivare lontano….molto lontano. In alto. In volo.
Io utilizzato lo strumento nelle mie prime di due anni fa dopo uno studio approfondito e dopo la visione dei vari video reperibili. Ciò che già nel momento di preparazione non mi aveva convinto è l’approccio al problema, ma come solito, io di una proposta prendo ciò che mi serve e quindi ho sorvolato, facendo prendere libro e strumento a tutti i bambini (genitori felicissimi). Iniziato a lavorare, essendo abituata ad osservare i bambini e a seguire da vicino le.loro perplessità mi sono accorta di due cose:
1. Lo strumento presentava le stesse criticità di una qualsiasi linea del 20, essendo sganciata visivamente dalla quantità. Quindi andava sempre supportata da materiale non strutturato. Due bambini in difficoltà hanno trovato nellanscrittura dei numeri sui tasti un profondo ostacolo di quantificazione nelle operazioni. Ho dovuto usarla subito a tasti chiusi. Non mi ha dato alcun valore aggiunto. Quindi a che pro usarla?
2. Un metodo che sia un metodo deve essere coerente e consequenziale. I bambini non trovano da soli il legame così declamato tra strumento e pallini. Anzi, qualcuno si blocca proprio per quello sgancio tra le due realtà. Ho risolto tutti i miei problemi con l’uso delle dita e l’uso dei porta uova da 10 con i tappi displasia colorati, a costo zero e manipolabili veramente. Non lo riprendere assolutamente. Di un’astrazione che poco viene fuori ma si ritrova lavorandoci. Io andrei con molta cautela nell’uso. Buona serata. Ylenia Agostini
Io sono una ricercatrice di didattica della matematica e sottoscrivo a pieno il contenuto della lettera.
Credo che una delle chiavi sia la consapevolezza: la consapevolezza del bambino del funzionamento delle procedure, la consapevolezza dell’insegnante dell’intenzionalità dietro l’esperienza educativa che propone:
siamo sicuri che ci interessa allevare abilissimi solutori di operazioni in un mondo in cui abbiamo computer potentissimi a portata di dito (e chissà cosa vedremo nel futuro prossimo)? O piuttosto ci interessa proporre gli strumenti matematici come reali protesi della mente, una mente che esplora sé stessa e diventa consapevole dei propri processi tanto da crearne di nuovi?!
Forse, alle soglie del 2020, una delle vere sfida dell’educazione matematica è quella di mediare gli strumenti culturali in modo che possano essere reali trampolini di lancio per le nuove generazioni. Un obiettivo ambizioso e irrinunciabile che, aldilà dei compromessi delle risposte corrette, può essere perseguito solo rendendo l’insegnante sempre protagonista e consapevole della propria proposta educativa.
Vorrei sapere dai grandi Professori come loro pensano di far apprendere le tabelline se non far ricorso alla memoria.
Il metodo analogico non è affatto mnemonico e non è vero che non ci sono spiegazioni…l’insegnante è sempre lì a sostenere e guidare i bambini e a spiegare (forse non si conosce bene il metodo). Si spiega come fare e poi i bambini vanno da soli, è costruire il proprio sapere e non stare lì ad ascoltare ore ed ore di spiegazioni… L’attenzione di un bambino e soprattutto dei bambini di oggi è breve, forse servirebbe venire in classe con noi per rendersi conto della difficoltà per i bambini di starci ad ascoltare per molto tempo!
Riguardo ai problemi viene fatto proprio quello che c’è scritto nell’articolo: i bambini risolvono i problemi con varie strategie risolutive viene fatto sempre un lavoro dove ognuno spiega come ha risolto il problema argomentando…Sinceramente non capisco questo accanimento e non capisco perché si dicano cose non vere.
Io lo applico da otto anni (insegno da 25 anni) e rimango sempre di più sbalordita da quello che potenzia nei bambini…non ci dimentichiamo poi che va bene per tutti è quello che si definisce una didattica inclusiva.
Scusi tanto, ma non serve certo essere “grandi professori” per rendersi conto dell’assurdità di proposte come quella di forzare bambini a ricordare 9×6=54 usando l’immagine di una cintura che picchia un gatto! Certo che ci sono modi alternativi rispetto al puro ricorso alla memoria, che aiutano a ragionare, per dare significato corretto matematicamente, e solo dopo memorizzare.
Per esempio, volendo rimanere nel potente ambito della visualizzazione, si possono usare i diagrammi rettangolo (viene fatto nel progetto PerContare percontare.asphi.it proprio per attuare una didattica inclusiva che si è dimostrata essere efficace nel ridurre il numero di bambini positivi ai test per la discalculia) e lavorare col comporre e scomporre figure (che poi, formalizzata, diventa la proprietà distributiva).
La invito a leggere e ascoltare un po’ di più, o per lo meno a porsi qualche domanda in più.
Più ne parlate più si capisce che non sapete quasi niente del
Metodo vi invito ad approfondire e poi possiamo parlarne
Comunque non c’è nessuna cintura che picchia il gatto !!
Infatti ! Non capisco tutte queste persone accanite contro il metodo . Tra l’altro , io ho seguito i corsi universitari di alcuni docenti , che hanno firmato questo articolo e le loro spiegazioni risultavano noiose e poco efficaci per me , figuriamoci per dei bambini
Buongiorno,io sono una mamma con un ragazzo in prima media .
Concordo pienamente con il vostro articolo..
La matematica insegnato come viene al giorno oggi è pieno di rigidità e porta ad un apprendimento difficoltosa e ragazzi con una mente libera fanno fatica a stare concentrati perché stufa . Fa bene in un sistema dove devi eseguire senza fare troppe domande . Permetto che mio figlio non ha problemi di apprendimento anzi ma ultimamente con la matematica dov’è era sempre stato bravo fa fatica ad entusiasmarsi perché esclama proprio con queste parole “Mamma la matematica e così preciso e rigidi , uffa!”
Ricordo una frase molto importante di Rudolf STEINER “SI CREA NEL MOVIMENTO “.
Mi dispiace ma il movimento nel insegnamento della matematica nelle scuole oggi non lo vedo.
Buon apprendimento a tutti , SYLVIA Wulff
per Sylvia Wulff:
Chi è seguace della dottrina di Rudolf Steiner, mandi i figli alla scuola privata steineriana, e non si permetta di andare a contestare i metodi della scuola pubblica.
Poi, quando ci sarà da fare gli esami di parificazione alla scuola pubblica, se ne riparla.
Premetto che condivido alcune criticità in merito al “metodo” in esame ma il “gancio mentale” come ausilio alla memorizzazione non lo ha inventato Bortolato e può anche funzionare. Ad esempio viene data indicazione di usarlo anche nelle mappe mentali. Personalmente ho utilizzato in prima ganci sonori per imparare i fonemi collegati alle lettere con successo quindi non mi sconvolgo del gatto e della cintura. Piuttosto mi pare un metodo di stampo istruzionista che se applicato per intero rischia di non portar nulla alla costruzione personale del sapere e niente fa intuire che i bambini interagiscano fra loro e si pongano domande. Piuttosto del gatto con la cintura o del metodo di calcolo trovo pessima la sua proposta per i problemi e ancora peggio quella per l’italiano che mi lascia veramente basita
SE le motivazioni di questi professoroni si basano su assunti sbagliati a posto siamo. Innanzitutto non è una cintura che picchia un gatto ma una cintura vicino a un gatto. Cintura E gatto = 54. Ma come vi viene solamente in mente che a dei bambini possa essere mostrato un animale picchiato da una cintura????? Il ruolo delle insegnanti nell’apprendimento per voi è secondario? Siete talmente desiderosi di affossare il metodo Bortolato che non vi rendete neanche conto di quanto sia importante il lavoro delle insegnanti al di là del libro. Davvero non vi rendete conto che un insegnante, soprattutto di scuola primaria, per arrivare alla comprensione di concetti difficili , usi una miriadi di situazioni, da quelle più concrete a quelle più astratte, comprese anche le discussioni in classe? Fate un giro nelle classi prima di fare ricerca, forse è meglio
Sono un insegnante di scuola media e concordo molto con l’articolo. Vorrei segnalare alla collega che la richiesta di motivare i ragionamenti non appartiene al metodo di Bortolato, che anzi indica di fare molti esercizi e velocemente e in silenzio, per dirne una. A ciascuno il suo.
Brava! Condivido!
Noi ( siamo un team di insegnanti di scuola primaria) abbiamobadottato in parte il metodo BORTOLATO integrandolo pero’ con altre modalità sperimentate durante la nostra pluriennale esperienza. Abbiamo cercato di prendere il meglio e abbiamo inoltre cercato di adattare il metodo alla classe. È vero che ci sono dei meccanicismi che possono essere di per sé sterili ma utili soprattutto nei bambini che necessitano di strumenti compensativi e che non hanno bisogno di troppe spiegazioni. E non è vero che usando il metodo analogico escludiamo il ragionamento o il chiedersi il perché di un certo procedimento. Almeno questa s’ la nostra esperienza.
I bambini che sono in difficoltà avrebbero bisogno, ancora più degli altri di una didattica che si preoccupasse in tutti i modi di tirare fuori le loro percezioni, i loro pensieri, i loro modi di apprendere, da soli, con i docenti, in interazione con i loro compagni.
Attenzione a classificare e isolare i metodi compensativi, che potrebbero diventare un modo di non tener conto delle peculiarità dei bambini in difficoltà, che, ancora più di altri, non andrebbero isolati in un angolo dove non si spiega. Come si fa a stabilire che un bambino in difficoltà non ha bisogno di molte spiegazioni? Come si fa ad essere sicuri che certe scelte così mirate e parcellizzate non rappresentino una discriminazione per loro? La matematica serve a scuola per ottenere dei risultati prestabiliti in modo tale che noi insegnanti siamo sereni oppure per imparare a ragionare? Forse, prima di abbracciare certezze di qualsiasi tipo, bisognerebbe ricercare, discutere, sperimentare e studiare.
Il fatto di utilizzare più mediatori didattici è encomiabile, ma non è qualcosa che ha inventato Camillo Bortolato. L’insegnante che conosce la teoria che è dietro la didattica può ideare i suoi metodi, senza tutto questo business che poco a che fare con la formazione reale, che è quella di insegnanti professionisti che fanno riferimento alla vera comunità scientifica: di studiosi, ricercatori, sperimentatori.
Gentilissima,
ogni insegnante, per fortuna, è libero di adottare i metodi didattici che ritiene più opportuni e mi sembra naturale che lei sia convinta del metodo analogico e che porti le sue ragioni per giustificare tale convinzione, essendone una supporter ufficiale (mi sembrerebbe strano il contrario).
Detto questo, il suo post riprende esattamente quanto scritto sul giornale, non rispondendo alle argomentazioni del nostro pezzo: lei parla della felicità dei bambini (le assicuro che i bambini sono felicissimi se li porto in giardino a giocare a pallone) e del fatto che il metodo “funzioni”. Ma cosa intende per funzionare? La mia impressione è che quel funzioni, significhi appunto che i bambini danno le risposte che lei si aspetta che diano relativamente a compiti meccanici (ad esempio eseguire divisioni). Poi magari i suoi bambini sono bravissimi anche a risolvere problemi (senza parole chiave) e ad argomentare, ma certamente non dipende dal metodo, che esplicitamente vuole bandire le spiegazioni dall’insegnamento della matematica perché complicano le cose.
Insomma, nonostante il suo entusiasmo, non trovo risposte alle nostre contro-argomentazioni rispetto al significato di funzionare e alla significatività degli obiettivi del metodo.
Detto questo, a me sembra che un insegnante, leggendo diversi materiali, diversi punti di vista e anche sperimentando possa farsi un’idea personale: gli articoli su diversi giornali (tra l’altro sospettosamente tutti tra loro molto ravvicinati) senza nessun contraddittorio a me non piacciono, sanno di pubblicità.Questa nostra discussione invece magari servirà di più, chissà.
Bravissimo, Pietro Di Martino.
La tua voce è testimonianza di un ricercatore esperto ed è è indispensabile per smontare tante panacee appetibili e molto discutibili.
Probabilmente gli autori di questo articolo non sanno che le insegnanti non prescindono dall’utilizzare i metodi di insegnamento ‘tradizionale’il metodo analogico si aggiunge alle normali spiegazioni e ai soliti esercizi. Consente di svelare immediatamente il meccanismo di calcolo e problemi che diventano semplicissimi grazie allo sviluppo di molteplici percorsi logici. Il metodo è strordinariamente inclusIvo ed è per questo sono arrivata su questa pagina. Cercavo notizie su libri sul metodo analogico per la scuola media. Mio figlio capisce tutto sa fare gli esercizi ma dimentica tutto. Provate a vedere come spiega il MCD e il mcm!w bortolato. Ho insegnato grazie a lui il calcolo a mente a mia figlia e a m figlio a risolvere i problemi…
I tre aspetti di cui parlate nell’articolo non sono affatto reali! Forse il primo si, ma pensate veramente che a bambini di 6/7 anni servano “le spiegazioni teoriche”? Forse a quelli più grandicelli si, ma nulla vieta di farle se necessarie. Inoltre non è vero che l’attenzione è focalizzata sul prodotto e che la costruzione dei collegamenti sono puramente mnemonici. Gli strumenti proposti da Bortolato li avete mai visti utilizzati dai bambini? Come fate a dire che non sono efficacissimi! Da queste cose che affermate deduco che non avete mai visto il metodo in azione, ma lo avete solo studiato da scritti! Io lo uso con ottimi risultati e lo integro con altri!
Se il metodo tradizionale avesse funzionato non ci sarebbe stata la necessità di trovare un metodo più idoneo a bambini ancora piccoli, e/o con difficoltà matematiche.
Molti giudicano, da quello leggo, il Metodo Analogico senza averne evidente conoscenza pratica.
Per mia esperienza confermo che se utilizzi il MAB “mescolandolo” con il tradizionale non funziona ne uno ne l’altro, creando confusione nel bambino; perché adotta linguaggio, e procedure in contrasto con il tradizionale, quindi bisogna scegliere o uno o l’altro, questo non toglie che con i bambini più portati puoi rafforzare con più metodi.
Poi c’è un fattore essenziale, che fa la differenza, con qualsiasi metodo, la qualità dell’insegnante, e qui mi fermo!
Dovreste vedere la felicità dei miei alunni di seconda che imparano con il metodo analogico di Camillo Bortolato la matematica come fosse un piacevole gioco e eseguono divisioni già da un po’come fossero delle caramelle da scartare, prima di demonizzare il metodo analogico di Camillo Bortolato.
Il metodo funziona e rende felici bambini e insegnanti, ve lo assicura una maestra di scuola primaria
Condivido pienamente Eva. I miei bambini volano FELICI e io mi sorprendo ogni giorno della loro capacità di Trasfert. Io adoro la matematica e la insegno da 36 anni…
I bambini in un’aula dove si discute, si argomenta, ci si confronta, si usano strumenti e metodi diversi, magari anche inventati dai bambini stessi, forse non “volano” felici, ma diventano riflessivi, critici, costruttori del loro sapere. Gli insegnanti, sulla base di riferimenti teorici e di ricerca, che il metodo non dà (ho scritto io stessa al maestro Bortolato e non mi ha dato mai risposte che non siano state” Compri i miei libri”) diventano essi stessi costruttori di strategie e metodi molteplici, adatti alle molteplici situazione.Il “volo” viene sostituito dalla soddisfazione di imparare, anche a volte con una certa difficoltà, ma in una palestra da cui si esce più forti ad affrontare questa nostra vita quotidiana, dove volare non serve.Saluti.
Scusate ma questa cosa del “sono felici” è un po’ pietosa e un po’ ridicola. Ho insegnato matematica per tantissima anni, sempre avuto alunni felici Il dramma della matematica non è innato ma è chiaramente trasmesso dal docente. Se il docente proietta una tale tragicità sugli alunni, è chiaramente non amante della materia e, soprattutto, non adeguatamente preparato per insegnarla …quindi sceglie una panacea preconfezionata che dá certezza ( al docente)
Il problema è a monte. I docenti di matematica, anche alla primaria, dovrebbero avere una preparazione adeguata
Care colleghe che avete appena commentato l’articolo esaltando il metodo analogico, vi chiedo: cos’è per voi insegnare/apprendere la matematica? Negli ultimi anni ho studiato tanto e ho scoperto che ciò che credevo essere ‘matematica”,cioè calcoli, procedure, formule…in realtà
non lo è. Lo avevo intuito anche durante gli anni del liceo scientifico ma da quando la insegno sicuramente ho capito che matematica è molto di più. Certamente quel “di più” che non esiste nel metodo.
Il metodo, magari non esclusivo, per l’ultimo anno di infanzia e i primi anni della primaria, e straordinario. Per tutti. Complimenti maestro.
Avrà un buon editore, ma un prodotto completo di libro, strumento, guida, a 12€ , penso siaa un prezzo più che equo.
CERTO .. MACCHINETTE . LA MATEMATICA è BEN ALTRO DAL FARE DIVISIONI
…mi dispiace che esistano maestre/i che dopo aver letto il parere di esperti, con conoscenze superiori a quelle degli insegnanti della primaria, continuino come Pinocchio nel paese dei Balocchi a seguire quel metodo…che vergogna! Non la prendete come insulto personale come farebbe un ignorante…studiate la matematica superiore perchè rischiate di rovinare intere generazioni…spero si possa intervenire seriamente.
Non sempre i cosiddetti professoroni hanno ragione. Da quello che dicono pare che non abbiamo mai visto il metodo Bortolato in azione che nulla toglie possa essere affiancato da altre didattiche che non vedo però indicate nell’articolo!
Sono un’insegnante della primaria con 40 anni di insegnamento. Corsi durante la mia carriera ne ho seguiti molti, professori universitari che forniscono chiarimenti concettuali per rendere il tutto più concreto ed esperienziale, ma il risultato che ho potuto constatare è che i bambini con buone capacità logiche imparano a dispetto di qualsiasi metodologia, quindi le spiegazioni chilometriche dovrebbero aiutare gli altri! Assolutamente no … Servono a complicare il tutto , oltre a rendere assolutamente ostile la matematica. Il metodo Bortolato non è puro esercizio di calcolo, anzi a dispetto di ciò che pensano quei rispettabili professori abitua finalmente al ragionamento, i miei alunni imparano meglio, perché il metodo è quello insito nel nostro cervello…l ‘uso delle dita che porta al concetto di scomposizione, di struttura posizionale…tabelle che portano alla comprensione dei decimali, delle misure del SMD, concetto di totale, unitario … finalmente la matematica non è apprendimento meccanico, ripetizione di regole, enunciati subito dimenticati. Le regole le imparano sì, ma con la pratica
e in questo modo si ritengono e si trasformano in concetti.
Sono una modesta insegnante di Scuola Primaria che ha sperimentato per un intero ciclo di 5 anni il metodo analogico con la matematica. Con grande soddisfazione ho dimostrato che è un metodo altamente inclusivo e permette di sviluppare negli alunni competenze solide. Ho ottenuto nelle prove INVALSI risultati significativamente al di sopra di quelli ottenuti con la metodologia tradizionale. Come spiegare tutto questo?
finita la primaria come la mettiamo?? ho tre figli di cui una ha imparato con il metodo Bortolato la matematica. in prima media è andata sempre a lezione privata. non sa ragionare. io non sono insegnante sono solo una mamma. dipisaciuta.
Infatti anch’io penso che il metodo analogico sia molto valido, proprio perché induce all’intuito e a sollecitare la logica, ma molti sono ancora molto attaccati a astratti e vetusti abachi..
Sono insegnante di scuola primaria e insegno matematica da 15 anni.
Ho conosciuto il metodo Bortolato quattro anni fa.
Lo utilizzo da allora in due classi.
Ritengo che nessuno possa fare miracoli, né l’insegnante, né il metodo scelto; l’insegnamento non è una scienza esatta, il successo dipende da molti fattori (genetici, psicologici, emotivi, empatici, comportamentali, sociali…devo continuare?) e sta alla professionalità del maestro saperli orchestrare per ottenere il miglior risultato possibile.
Non il metodo, ma la competenza dell’insegnante fa la differenza. E fin qui ho detto, certamente, cose ovvie.
Per quanto riguarda il metodo analogico, io lo vivo come un’opportunità. Ho scoperto che posso liberarmi dal vincolo dei tempi programmati: grazie all’applicazione intuitiva e al supporto visivo offerto dagli strumenti e dai testi, posso anticipare l’apprendimento del calcolo mentale e scritto con numeri interi e decimali, euro, frazioni ecc.(e gli alunni mi meravigliano ogni giorno) e mi trovo ad avere molto più tempo per approfondimenti, spiegazioni, argomentazioni, compiti di realtà, lavori di gruppo.
Gli alunni risolvono problemi con tre / quattro operazioni fin dalla classe seconda (e sanno spiegare, per iscritto e a voce, la strategia usata). Lavorano per lo più a gruppi, procedendo con tempi diversi e su argomenti diversi, io li assisto con spiegazioni personalizzate, rivolte a piccoli gruppi di bambini. Dopo di che li lascio fare, sperimentare. Ci guadagno in attenzione e motivazione.
E appena occorre: lezione frontale “canonica”.
Con il metodo tradizionale ero sempre in ritardo sul programma e mi capitava di dover affrontare alcuni argomenti un po’ troppo in fretta. Ora sono sempre in anticipo.
Il metodo, secondo me è valido, usato con intelligenza ed elasticità.
In me ha liberato la forza di osare. Umilmente.
Buon anno a tutti! Quando insegno maematica vedo gli alunni completamente affascinati e coinvolti nella magia del’apprendimento,Per questo baso la mia didattica sul metodo analogico per vedere i bambini felici di imparare. Alessandra Crescenzi
Dovrebbe vedere la faccia di mio figlio quando gli assegnano 70 moltiplicazioni senza spiegargli come fare e la faccia mia e di sua madre che facciamo il lavoro che dovrebbe fare la maestra