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Incombe l’estate più estiva, quella della settimana di Ferragosto, quella che (con buona pace del 31 dicembre e del confratello 1° gennaio) rimarca il vero, diffuso e inalienabile passaggio da un anno lavorativo all’altro. E quando questa settimana incombe, tutta la nazione si ferma, almeno un po’, almeno in parte, a rimarcare la cesura. E chi mai siamo noi per sottrarci a cotanta manifestazione di pigrizia nazionale? E quindi eccoci, diligentemente palesando il ritardo di questo post, che sarebbe dovuto uscire a inizio mese, ma che se lo avesse fatto vi avrebbe lasciati perplessi, insoddisfatti, quasi fossimo stati colti da un’improvvida puntualità svizzera. Che non sia mai! Fieri della nostra tossicodipendenza da ritardi, eccoci a voi un paio di settimane dopo la data programmata. Ci teniamo, noi, a non deludere i nostri amati lettori. Non siete stupiti, vero?

Torniamo allora al placido mese di luglio, quando sulle auguste pagine della nota rivista Le Scienze abbiamo pubblicato un problemino che, più che dai postulati della geometria euclidea, sembra discendere da questioni linguistiche, quasi solo terminologiche: insomma, che diamine, nell’infinita pletora dei triangoli possibili, fatte fuori le trascurabili eccezioni degli equilateri e degli isosceli, possibile che non ci sia una parola buona a indicare quanto sia scaleno un triangolo scaleno? Nella penultima edizione del Carnevale della Matematica, quella di Maggio 2025, i carnevalisti si interrogavano se la matematica dovesse essere considerata materia più scientifica o più umanistica: la domanda, com’è ovvio, è rimasta senza una chiara risposta, ma perlomeno potremo interrogarci se un termine come “scalenità” debba o non debba assurgere a dignità di vocabolario.

Inutile a dirsi, noi abbiamo deciso di sì: e ci siamo perfino lanciati in una sorta di definizione della misura del grado di scalenità di un triangolo (va bene, è del tutto evidente che non siamo stati proprio noi a inventarla, ma a che serve specificarlo?) e il nocciolo del problema pubblicato era, sceneggiatura e scenografia a parte, proprio questo. La definizione di scalenità ve la riepiloghiamo qua sotto, e potrete facilissimamente notare che il suo valore minimo, quello che caratterizza i noiosi equilateri e isosceli, è disciplinatamente pari a zero. Trovare il valore massimo teorico, invece, è tutto un altro paio di maniche.

Dato un triangolo qualsiasi con i lati di lunghezze a, b e c, si tracciano bisettrici e mediane da ogni vertice. Ogni bisettrice e ogni mediana intercetterà il lato opposto a quello del vertice da cui si diparte e, in via generale, i due punti avranno una certa distanza tra loro. A questo punto si fa il rapporto tra questa distanza e l’intera lunghezza del lato in cui giacciono, ottenendo un certo valore. Ripetendo l’operazione per tutti e tre i vertici, si avranno alla fine tre numeri: di questi si prende il più piccolo, e lo si definisce trionfalmente come misura della scalenità del triangolo. È facile vedere che il minimo teorico di scalenità è zero, ma qual è invece il massimo teorico?

E questo è il nocciolo della questione. Come al solito, nell’articolo scritto in rivista partiamo da lontano, addirittura da ipotetiche decorazioni natalizie fatte a forma di solidi archimedei con carta, forbici e colla, ma era tutta una scusa per arrivare ai triangoli. Sul sito di Le Scienze la questione è risolta (forse) e come al solito l’articolo in cui la presentiamo è linkato qua sotto:

La soluzione del problema secondo i Rudi Mathematici è pubblicata QUI.

Visto che fare poliedri con la carta è roba da giapponesi, nell’articolo abbiamo messo anche qualche riferimento bibliografico sulla geometria fatta con gli origami. Per il resto, vale la solita raccomandazione, che è meglio provare a risolvere il problema prima di cliccare sul link; ma le raccomandazioni le possono fare con diritto solo genitori, professori e magistrati, e noi non apparteniamo a nessuna di queste categorie (almeno nei vostri confronti), quindi sentitevi liberi di fare quel che vi pare. Se poi vi venisse voglia di commentare, accendere discussioni, proporre soluzioni alternative, niente di meglio: la zona dei commenti sta lì apposta. Se invece preferite farvi un bagno o prendere il sole sulla spiaggia, come potremmo mai disapprovare?

I Rudi Mathematici (Rodolfo Clerico / Rudy d’Alembert, Piero Fabbri / Piotr Rezierovic Silverbrahms, Francesca Ortenzio / Alice Riddle) sono autori della omonima e-zine di matematica ricreativa, pubblicata in rete dal 1999.

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