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In matematica bisogna distinguere in maniera chiara tra articoli che presentano errori di tipo matematico sfuggiti alla peer review (e può succedere!) da articoli che sono invece frutto di comportamenti quanto meno poco attenti da parte del comitato editoriale della rivista o truffaldini da parte degli autori e che possono essere a tutti gli effetti chiamati “fake papers”. In questa rubrica ci vogliamo occupare di questi ultimi e, in particolare, di quelli che non risultano ritirati, descrivendo il problema di cui un fake paper si occupa – spesso problemi molto famosi. Ogni segnalazione di fake papers da parte dei lettori è benvenuta.

di Claudio Bonanno

Lo scorso 24 Maggio a Oslo il matematico inglese Andrew Wiles ha ricevuto il premio Abel 2016, di cui si era parlato in qui, per la dimostrazione dell’ “Ultimo Teorema di Fermat” (FLT). Enunciato da Pierre de Fermat intorno al 1630, e pubblicato per la prima volta dal figlio Samuel nel 1670, cinque anni dopo la morte del padre, il teorema afferma che non esistono soluzioni dell’equazione \(x^n+y^n=z^n\) se chiediamo che \(x,y,z\) siano numeri interi diversi da zero, e \(n\) sia un numero naturale maggiore di due. L’affermazione appare come nota di Fermat alla questione 8 del Libro II dell’Arithmetica di Diofanto, di cui Samuel de Fermat pubblicò appunto un’edizione con gli appunti del padre, ed è chiaramente legata al Teorema di Pitagora, cui si riferiva la questione di Diofanto.

Uno dei motivi per cui quest’enunciato ha ricevuto grandissima attenzione nel corso dei secoli, è la frase con cui Pierre de Fermat concludeva la sua nota: della proprietà “ho scoperto una dimostrazione veramente mirabile, che non può essere contenuta nella ristrettezza del margine”. Tuttavia non è chiaro se Fermat avesse davvero una dimostrazione del suo enunciato, dimostrazione che in ogni caso non è mai stata trovata. Da allora la ricerca di una dimostrazione del FLT è stata una stupenda avventura matematica, che ha visto come protagonisti moltissimi matematici, anche tra i più brillanti (Eulero, Legendre, Mersenne, Germain, e anche Gauss, seppur non direttamente, visto che dichiarò di non avere interesse in una proposizione isolata, simile a una moltitudine di proposizioni che lui stesso sarebbe stato capace di scrivere, e per le quali non sarebbe possibile trovare facilmente una dimostrazione). La non esistenza di soluzioni \(x,y,z\) è stata dimostrata per vari casi di \(n\), e le tecniche introdotte hanno generato molti e interessanti risultati matematici, ma nessuno è stato in grado di dimostrare completamente il FLT fino al 1993, quando Andrew Wiles annunciò in un ciclo di tre lezioni presso l’Isaac Newton Institute di Cambridge di averne ottenuto una dimostrazione. Alcuni passi della sua dimostrazione originale presentavano dei problemi, ma alla fine, anche grazie all’aiuto di Richard Taylor, ogni difficoltà fu superata, e la dimostrazione venne pubblicata in due articoli nel numero di Maggio 1995 del volume 141 della prestigiosa rivista Annals of Mathematics. Come molti lettori sapranno, la dimostrazione di Wiles segue una strada indiretta verso il FLT, e usa strumenti che possono dare l’impressione di essere inutilmente estremamente complicati rispetto alla semplicità dell’enunciato del FLT.

Approfondimento n.1: qualche dettaglio tecnico sul teorema di Wiles

L’enunciato che Wiles dimostra è il seguente

Se \(E\) è una curva ellittica semi-stabile definita su \({\mathbb Q}\), allora è modulare.

Si tratta di una parte della Congettura di Taniyama-Shimura sulle curve ellittiche enunciata nel 1955, dimostrata poi, estendendo i metodi di Wiles, da Breuil, Conrad, Diamond e Taylor in un articolo apparso nel 2001 sul Journal of the American Mathematical Society. La Congettura (ormai Teorema) di Taniyama-Shimura afferma che tutte le curve ellittiche definite su \({\mathbb Q}\) sono modulari. Proviamo a spiegare l’affermazione della congettura, senza accennare assolutamente alla proprietà di semi-stabilità che considerò Wiles. Dopo tutto qui si spera di creare curiosità, non di risolvere tutti i dubbi!

Una curva ellittica su \({\mathbb Q}\) è definita da un’equazione della forma \(y^2 = a x^3 + b x^2 +cx +d\), con coefficienti \(a,b,c,d\) in \({\mathbb Q}\). Taniyama e Shimura congetturarono che per ogni curva ellittica esistono funzioni \(f(z)\) e \(g(z)\) modulari che verificano \([g(z)]^2 = a [f(z)]^2 + c f(z) +d\), per ogni \(z\) tra i numeri complessi. Le funzioni modulari “descrivono” dunque in qualche senso i punti a coordinate complesse della curva. Per funzione modulare si intende una funzione analitica definita sul piano complesso, che abbia la proprietà di restare invariante, o essere moltiplicata per un fattore fissato, quando agisce una qualsiasi delle simmetrie del piano complesso, note come trasformazioni di Möbius, con coefficienti interi. Si tratta delle trasformazioni \(z \mapsto \frac{az+b}{cz+d}\), con \(a,b,c,d\in {\mathbb Z}\) e \(ad-bc=1\). Sono le trasformazioni che svolgono per la geometria iperbolica, lo stesso ruolo svolto dalle traslazioni \((x,y) \to (x+m,y+n)\) con \(m,n \in {\mathbb Z}\) per la geometria euclidea del piano.

Torniamo a Wiles e Fermat. Cosa ha a che fare la congettura di Taniyama-Shimura con il FLT? Anche questa è una lunga storia, che nel decennio 1975-1986 vide protagonisti i matematici Hellegouarch, Frey, Serre e Ribet. Il risultato finale fu che se \(x,y,z\) fosse una soluzione di \(x^n+y^n=z^n\), con \(x,y,z\) interi diversi da zero e \(n\) primo, allora la curva ellittica \(y^2 = x(x-a^n)(x-b^n)\), nota come curva ellittica di Frey, non potrebbe essere modulare. Dunque, sapendo anche che questa curva è semi-stabile, l’enunciato di Wiles dimostra che la curva di Frey deve necessariamente essere modulare, dunque non può esistere, e dunque non esistono soluzioni intere diverse da zero di \(x^n+y^n=z^n\) per ogni \(n\) primo. Questo mostra facilmente che non ci possono essere soluzioni intere diverse da zero di \(x^n+y^n=z^n\) per ogni \(n\ge 3\) e \(n\not= 4\). Fortunatamente il caso \(n=4\) era già stato trattato con successo da Fermat stesso, introducendo il famoso metodo della “discesa infinita”.

Quella che abbiamo raccontato finora è, in breve, la storia della nascita e della dimostrazione del FLT. Ma per questa rubrica il FLT riveste una grandissima importanza per essere uno dei risultati matematici che ha generato più dimostrazioni sbagliate, sia da parte di matematici professionisti sia da parte di dilettanti appassionati di matematica. Responsabile è in parte il “Premio Wolfskehl”, istituito nel 1906 dall’Accademia delle Scienze di Gottinga, che offriva cento mila marchi per una dimostrazione completa del FLT. Racconta Simon Singh nel suo libro “L’ultimo teorema di Fermat”, BUR, 1999, che nel solo primo anno dall’istituzione del premio, arrivarono 621 dimostrazioni, ovviamente tutte sbagliate. Tuttora molti dilettanti condividono l’idea che debba esistere una dimostrazione “semplice” del FLT che utilizzi solo proprietà dei numeri interi, dunque alternativa a quella di Wiles, e continuano ad apparire ogni tanto su siti web dimostrazioni alternative, ovviamente anch’esse sbagliate.

La dimostrazione di cui ci vogliamo occupare è invece contenuta in questo articolo

M. Baica, Baica’s Euclidean solution of Fermat’s Last Theorem, Italian Journal of Pure and Applied Mathematics, vol. 7 (2000), pag. 151-156,

un’apologia del lavoro dell’autrice, Malvina Baica dell’University of Wisconsin-Whitewater, sul FLT, contenuto in altri tre articoli pubblicati sulla rivista “Notes on Number Theory and Discrete Mathematics”. Risulta difficile dalla lettura degli articoli di Malvina Baica capire i passaggi della sua dimostrazione, e dello stesso parere sono i recensori dei suoi lavori per “Mathematical Reviews”, pubblicazione dell’American Mathematical Society, ma rimane molto forte il sospetto che le sue argomentazioni non costituiscano una catena logica di implicazioni che portino ad una dimostrazione del FLT. L’autrice non è come abbiamo detto la sola ad aver fornito una dimostrazione del FLT alternativa, nel libro “Fermat’s Last Theorem for Amateurs” di Paulo Ribenboim, (Springer-Verlag New York, 1999) si trova una lista di altri 64 articoli apparsi su riviste di matematica contenenti dimostrazioni sbagliate del FLT.

Apparsa per la prima volta nel 1995, la dimostrazione di Baica vuole essere un’alternativa alla dimostrazione di Wiles, che l’autrice critica, e soprattutto vuole essere una dimostrazione “semplice”. L’idea è che il FLT derivi dalle proprietà di un algoritmo introdotto dall’autrice nel 1984 per la caratterizzazione dei numeri irrazionali che sono soluzioni di polinomi a coefficienti interi di terzo grado, i cosiddetti “irrazionali cubici”.

Lo studio e la caratterizzazione dei numeri irrazionali risale alla matematica greca, tutti conoscono la storia della scoperta da parte dei pitagorici dell’irrazionalità di \(\sqrt{2}\). Oggi ci insegnano a scuola che un numero reale \(x\) si può scrivere in notazione decimale nella forma \[x = n, d_1 d_2 d_3 \dots\] dove \(n\) è un numero intero, e \(d_1, d_2, d_3, \dots\) sono cifre tra 0 e 9. Usando questa notazione, sappiamo che un numero \(x\) è irrazionale se e soltanto se la parte dopo la virgola non termina mai e non diventa mai periodica. Una diversa caratterizzazione dei numeri irrazionali si ottiene con l’algoritmo per lo sviluppo di un numero reale in “frazioni continue”. Se \(x\) è un numero reale, detta \(a_0\) la sua parte intera, ossia il più grande numero intero minore di \(x\), il numero \(x_1=x-a_0\) è un numero reale compreso tra 0 e 1. Esistono allora numeri naturali \(a_1, a_2, a_3, …\) maggiori o uguali a 1, per cui possiamo scrivere \[x- a_0 = x_1 = \frac{1}{a_1+\frac{1}{a_2+\frac{1}{a_3 + \frac{1}{\ddots}}}}\] Questa rappresentazione di \(x\) si chiama il suo sviluppo in frazioni continue, e si indica con la notazione \(x=[a_0; a_1,a_2,a_3,\dots]\). Si dimostra che sono irrazionali tutti e soli i numeri \(x\) che hanno uno sviluppo in frazioni continue che non termina mai. Così ad esempio \[\frac {10}{7} = 1 + \frac{1}{2+\frac{1}{3}} = [1; 2,3]\] mentre \[\sqrt{2} = [1; 2,2,2,\dots]\] ossia una ripetizione infinita di 2.

Approfondimento n. 2: Le frazioni continue

Lo sviluppo in frazioni continue di un numero reale \(x_1\in (0,1)\) si ottiene facilmente con il seguente algoritmo:

  • otteniamo il primo coefficiente di \(x\) come \[a_1 = \Big\lfloor \frac{1}{x_1} \Big\rfloor\, ,\] dove \(\lfloor \cdot \rfloor\) indica la parte intera di un numero. Si osserva che necessariamente \(a_1\ge 1\);
  • poniamo \[x_2 := \frac{1}{x_1} – a_1\, ,\] che è un numero in \((0,1)\);
  • ripetiamo i primi due passi per \(x_2\), ottenendo \(a_2\) e \(x_3\), e quindi per \(x_3\), e così via.

Ci sono due possibilità: l’algoritmo ci restituisce a un certo punto \(x_n=0\), e in quel caso \(x_1\) è un numero razionale con espansione in frazioni continue finita; oppure l’algoritmo ci restituisce sempre \(x_n>0\), per cui continua indefinitamente, il numero \(x_1\) è allora un numero irrazionale con espansione in frazioni continue infinita.

Vediamo alcuni esempi. Ponendo \(x_1 = \frac {10}{7} – 1 = \frac 37\), otteniamo \(a_1 = \lfloor \frac 73 \rfloor = 2\), e \(x_2 = \frac 73 -2 = \frac 13\). Riapplicando i primi due passi dell’algoritmo a \(x_2\), otteniamo \(a_2 = \lfloor 3 \rfloor =3\), e \(x_3 = 0\). Dunque l’algoritmo termina.

Ponendo \(x_1 = \sqrt{2} -1\), otteniamo \(a_1 = \lfloor \sqrt{2}+1 \rfloor = 2\), e quindi \(x_2 = \sqrt{2}-1\), che è uguale a \(x_1\). A questo punto è chiaro che ripetendo i passi dell’algoritmo otteniamo sempre \(a_n=2\) e \(x_{n+1} = \sqrt{2}-1\). Dunque \(x_1\) ha espansione infinita e periodica.

Altre curiose espansioni in frazioni continue sono note per il cosiddetto numero d’oro \(\frac{\sqrt{5}+1}{2}\) che verifica \[\frac{\sqrt{5}+1}{2} = [1; 1,1,1,\dots]\, ,\] e per il numero di Nepero \(e\), che verifica \[e = [2; 1,2,1,1,4,1,1,6,1,1,8,\dots]\, ,\] e l’espansione continua mantenendo la stessa struttura, dunque con terne della forma \(1,1,2n\). Invece \(\pi\) è sfuggente anche per l’espansione in frazioni continue, non è infatti nota una formula che esprima i suoi infiniti coefficienti \(a_n\).

Un’ulteriore caratterizzazione dei numeri reali si ottiene considerandoli zeri di polinomi a coefficienti interi. Un numero \(x\) si dice algebrico di grado \(k\) se esiste un polinomio di grado \(k\) \[p(t) = c_k t^k + c_{k-1}t^{k-1} + \dots+ c_1 t + c_0\] con \(c_k, c_{k-1},\dots,c_0\) numeri interi e \(c_k\not= 0\), tale che \(p(x) =0\), e non esiste alcun polinomio \(q(t)\) di grado \(k-1\) a coefficienti interi che verifichi \(q(x)=0\). Così i numeri razionali sono algebrici di grado 1, ad esempio \(\frac{10}{7}\) verifica \(p(\frac{10}{7})=0\) per \(p(t) = 7t -10\), mentre nessun irrazionale può essere algebrico di grado 1. I numeri algebrici di grado 2 si chiamano irrazionali quadratici. Ad esempio \(\sqrt{2}\) è un irrazionale quadratico, essendo \(p(\sqrt{2})=0\) con \(p(t) = t^2-2\). I numeri algebrici di grado 3 si chiamano irrazionali cubici. E ci sono irrazionali che non sono algebrici per alcun grado, ossia non esiste un polinomio a coefficienti interi di cui sono zeri. Questi ultimi sono chiamati irrazionali trascendenti. Esempi di numeri trascendenti sono \(\pi\) e il numero di Nepero \(e\).

Si deve a Lagrange un magnifico risultato che collega lo sviluppo in frazioni continue di un numero reale con il suo grado di algebricità. Intorno al 1770, Lagrange dimostrò infatti che i numeri reali che hanno uno sviluppo in frazioni continue infinito e che prima o poi diventa periodico, ossia nello sviluppo da un certo punto si ripete sempre una sequenza finita di numeri naturali, sono irrazionali quadratici, e tutti gli irrazionali quadratici hanno questa proprietà. Abbiamo visto ad esempio che \(\sqrt{2}\) è un irrazionale quadratico e il suo sviluppo contiene la ripetizione infinita di 2.

Come sempre avviene in matematica, a un brillante risultato segue il tentativo di estenderlo ad altri casi. Così nel 1848, Hermite scrisse una lettera a Jacobi chiedendo se fosse possibile costruire un algoritmo simile a quello delle frazioni continue, che caratterizzasse in maniera precisa gli irrazionali algebrici di diverso grado. Nonostante gli sforzi di Jacobi, Perron, Minkowski, e altri matematici successivi, stiamo ancora attendendo che il problema di Hermite venga risolto anche solo per gli irrazionali cubici. A questo scopo sono stati introdotti diversi algoritmi, ma i risultati ottenuti dimostrano soltanto la periodicità per alcune classi di irrazionali algebrici.

Uno dei matematici che si sono occupati del problema è l’autrice, che in un suo articolo apparso nel 1984 sulla rivista Pacific Journal of Mathematics, estende alcuni risultati di Bernstein e Hasse, introducendo un suo algoritmo. Quello che rimane incomprensibile a tutti, autrice esclusa, è come sia possibile dimostrare il FLT partendo dal problema di Hermite. Nei suoi articoli, si legge soltanto che la non esistenza di soluzioni intere per \(x^n+y^n=z^n\) deriverebbe dalla risoluzione del decimo problema nella lista dei “Problemi di Hilbert” (che chiedeva l’esistenza di un algoritmo universale per risolvere equazioni diofantee, e di cui è stata dimostrata l’impossibilità) e dall’esistenza del suo algoritmo. E dire che non aveva nemmeno problemi di margini!

Concludiamo con la risposta alla domanda del titolo. Come Fermat sapeva, avendo dimostrato certamente la sua affermazione almeno per \(n=4\), e dunque per tutti i suoi multipli, \(3987^{12}\) più \(4365^{12}\) non è la dodicesima potenza di un intero, ma è uguale a \((4472,000000007\dots)^{12}\), la dodicesima potenza di un numero irrazionale, ma talmente vicino a un numero intero da ingannare anche molte calcolatrici. Dunque Homer, nell’immagine tratta dall’episodio “L’inventore di Springfield” (episodio 2, stagione 10) de “I Simpson”, non va troppo lontano dal trovare un contro-esempio al FLT. Ma, a giudicare da quello che si racconta qui, forse ha fatto qualcosa di meglio nella prima equazione sulla lavagna!

Roberto Natalini [coordinatore del sito] Matematico applicato. Dirigo l’Istituto per le Applicazioni del Calcolo del Cnr e faccio comunicazione con MaddMaths! e Comics&Science.

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