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A rigore, la matematica è l’unica attività capace di portare veramente al limite. E oltre. Lì, si incontrano esseri degni della mitologia antica e del fantasy contemporaneo. Allo stesso tempo, si incontrano materiali reali, tangibili come le rocce, magari con qualche forma di “super-potere” in più, rispetto al solito.

Passare al limite è una questione di scala. Con una lente di ingrandimento, possiamo distinguere una per una le venature del tavolo su cui stiamo lavorando; con un microscopio, magari arrivare persino a distinguere la struttura primaria, quella secondaria e via dicendo. Così facendo, scopriamo che quel piano uniforme è il risultato di un mescolamento su scala microscopica di oggetti di natura diversa, e che l’omogeneità che ci pare di vedere è il risultato di un certo genere di miopia che, da lontano, mischia e confonde le diverse parti, formando un’unica immagine sintetica: il tavolo.

Allo stesso modo, possiamo inventare e scrivere formule che descrivono, in maniera matematicamente precisa, la distribuzione di diversi ingredienti. Poi, fissato un parametro di scala piccolo (chiamato “epsilon”, secondo una tradizione ormai consolidata), se ne analizzano le proprietà per valori di “epsilon” sempre più piccoli: uno, uno su centomila, uno su centomila volte centomila. Per poi passare al limite, cioè porre, formalmente, “epsilon” pari a zero. L’operazione non è evidente perché, se si rispettano i giusti crismi della questione, ci si trova a lavorare con rapporti di oggetti sempre più piccoli e la banale sostituzione di “epsilon” con zero, non è possibile. Ed è a questo punto che conoscere il mestiere è indispensabile.

Occorre saper leggere come l’interazione di queste “piccolezze” provochi la nascita di una struttura nuova, che prima non c’era ed ora è lì, davanti ai nostri occhi, concreta e tangibile come il Teorema di Pitagora. A suo modo, codifica la maniera con cui, su scala macroscopica, si manifesta la mistura microscopica della parti. Pensate ad un tessuto composto di fili di colori diversi, intrecciati l’uno all’altro in maniera talmente fitta, da generare un colore diverso, nuovo rispetto a ciascuno dei due ingredienti di partenza.

Riesce anche di poter generare “materiali” con proprietà nuove rispetto a quelle degli elementi di base. L’esempio prototipo è il mescolamento, magari in strisce sottili, di materiali “isotropi”, per cui tutte le direzioni contano allo stesso modo, che genera materiali anisotropi, per i quali, ad esempio, la direzione nord-sud è ben diversa da est-ovest). Se si tratta di materiali che conducono corrente elettrica, gli esperti del settore sono anche in grado di dire, per filo e per segno, quale sia la conducibilità effettiva che risulta dal mescolamente delle parti, coinvolgendo medie di diverso genere e natura.

Ma la potenza dell’omogeneizzazione va ben al di là di questo. Mi racconta Adriana che si possono costruire “oggetti matematici” con proprietà apparentemente sorprendenti, come nel caso dei materiali con coefficiente di Poisson negativo, cioè con la proprietà che, se sottoposti a trazione, invece di contrarsi nella direzione trasversale si espandono. Non si tratta di roba esotica che vive solo nel cervello (talvolta contorto) dei matematici, ma di oggetti che possiamo toccare e, in qualche caso, persino indossare. Nella loro realizzazione concreta vengono chiamati “materiali auxetici” e annoverano nella loro schiera anche il familiare Gore-Tex, con tutte le sue prodigiose capacità impermeabili.

Come segnala Enzo, la fantasia matematica non si accontenta certo di questo e procede, aumentando le scale temporali e complicando le strutture. E utilizzando la teconologia dell’omogeneizzazione per generare “mostri matematici”, in grado di mettere in difficoltà i matematici stessi, mostrando come alcune classi di equazioni apparentemente affidabili (ad esempio, in fluidodinamica) sono compatibili con strutture particolarmente complesse a livello microscopico in grado di mettere in crisi il sacro paradigma di “esistenza ed unicità”. Si tratta del rischio di un vita sempre passata al limite, la quale richiede coraggio (senza dubbio), ma anche una infinita dose di pazienza.

Corrado Mascia

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