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L’articolo che segue è in parte originale di Barbara Nelli ed in parte una libera traduzione dall’articolo apparso qui il giorno in cui Manfredo Perdigão Do Carmo, Professore Emerito all’Istituto di Matematica Pura e Applicata di Rio de Janeiro e padre della geometria differenziale brasiliana, è venuto a mancare. 

O Professor Manfredo ci ha lasciato il 30 aprile. È una grave perdita scientifica e umana. Quando l’ho incontrato per la prima volta, molti anni fa, ero una giovane entusiasta dottoranda che incontrava l’irraggiungibile autore del suo libro preferito. Ma no, Manfredo  era  tutt’altro che irraggiungibile…era accogliente, disponibile, aveva tempo per tutti noi. Parlare con lui era sempre sorprendente, sia matematicamente che umanamente. Quella che segue  è la foto di gruppo della Escola de Geometria Diferencial a Salvador De Bahia nel 2006: Manfredo al centro di giovani provenienti da tutto il Sudamerica e  anche da parecchio più in là.

Al tempo in cui si scrivevano ancora le lettere, il cinese Shiing-Shen Chern (1911-2004), considerato il padre della Geometria Differenziale, ne scrisse alcune per raccontare il lavoro dell’alagoano Manfredo Perdigão Do Carmo, che aveva appena concluso il dottorato all’Università della California a Berkeley, sotto la sua supervisione – The cohomology ring of certain Kehlerian manifolds, discussa nel 1963 e poi pubblicata sugli Annals of Mathematics [1 ]Do Carmo, Manfredo P. The cohomology ring of certain kählerian manifolds. Ann. of Math. (2) 81 (1965) 1–14.

Subito Manfredo fu invitato a fare un seminario a Princeton, e lì fu presentato al matematico Serge Lang (1927-2005). “Sempre molto diretto, appena mi conobbe, Lang disse: hai cinque minuti per dire quello che hai fatto nella tua tesi. Se non ci riesci è perché non hai fatto granché. Io risposi: va bene, mi piacciono le sfide, lo dirò in tre minuti”.

Manfredo, affrontò molte altre sfide durante i quasi 90 anni della sua vita. E cominciò presto. Al ginnasio, per esempio. Lui che era bravissimo in francese, dovette ingoiare un rospo quando scoprì che lo sperato dieci in inglese, fu in realtà un tre! Ma lui voleva assolutamente imparare bene l’inglese, nonostante le difficoltà finanziarie che gli impedivano di studiare con il professore più ambito della città.  Risolse così il problema. “Non mi potevo permettere le sue lezioni ma la sua aula era poco al di sopra della strada e aveva un piccolo balcone. Io restavo sotto, nascosto in un angolo, ascoltando le lezioni. Aveva un’ottima pronuncia e adottava un buon libro di conversazione in inglese; io riuscii ad avere il libro, quindi leggevo e ascoltavo. Quando entrai all’Università, sapevo parlare anche inglese. Imparai l’inglese per  testardaggine! “

La matematica non entrò nella vita di Manfredo per testardaggine, ma richiese comunque  sforzo e dedizione. Conoscendo di più la filosofia e la letteratura, fu sorpreso e affascinato dai libri della biblioteca della Scuola  di ingegneria. Si laureò e lavorò come ingegnere a Maceió per un breve periodo, ma poi prese un diverso cammino.

La partecipazione al 10 Colóquio Brasileiro de Matemática (CBM) nel 1957 a Poços de Caldas (Minas Gerais), fu un momento di trasformazione. Lì conobbe il gruppo dell’IMPA, la ricerca matematica e scoprì che l’amico d’infanzia Elon Lages Lima,  perso di vista da molto tempo, ma sempre  nella sua memoria, stava facendo il dottorato negli Stati Uniti. Da quel momento ripresero i contatti. “Per me, fu una rivelazione, perché mi resi conto che esisteva vita matematica nel mondo: avrei potuto farne una carriera”.

Nel 1959, Tramite Elon,  Manfredo, che era professore nella Scuola di Ingegneria dell’Università di Recife, già sposato e con un figlio, fece uno stage all’IMPA.  All’IMPA Manfredo visse l’entusiasmante esperienza della nascita della ricerca matematica in Brasile, in compagnia di   Elon stesso, di  Maurício Peixoto,  di Leopoldo Nachbin, solo per citarne alcuni. “Non avevo mai visto costei (la matematica) nascere, nel mezzo delle conversazioni e neppure mai sentito i nomi che si menzionavano. Tra gli altri,  Shiing Sheng Chern, famoso geometra, che sarebbe stato in mio orientador, e Stephen Smale che era all’inizio della sua carriera e in seguito avrebbe passato sei mesi all’IMPA. Insomma c’era un’intensa attività intellettuale”.

Arpoador by Diego Baravelli

Una piccola notazione sul soggiorno di Stephen Smale all’IMPA. Lui stesso amava raccontare di aver avuto le idee principali per i suoi risultati intorno alla congettura di Poincaré (risultati che gli hanno valso la medaglia Fields) seduto su una roccia di Arpoador a Ipanema.

Responsabile  della creazione ed il consolidamento della geometria differenziale come area di ricerca in Brasile, Manfredo è stato Professore all’Universidade de Brasilia – da cui si dimise,  durante la repressione politica del paese – ricercatore negli Stati Uniti con una borsa Guggenheim e professore visitatore dell’Università della California a Berkeley. All’IMPA, dove entrò ufficialmente come ricercatore nel 1966, Manfredo ha costruito una solido percorso, con la sua intensa attività di insegnamento e ricerca. È stato membro dell’Academia Brasileira da Ciências  ed è stato presidente della Sociedade Brasileira de Matemática dal  1971 al 1973. Inoltre, ha scritto vari libri, tra cui segnaliamo il più noto, Geometria Diferencial  das curvas e superficies, tradotto in inglese, greco, spagnolo e cinese. È stato anche speaker al Congresso Internazionale di Matematica (ICM) nel 1978 ed ha ricevuto vari premi, come ad esempio il premio dell’Academia de Ciências do Terceiro Mundo, per i suoi fondamentali contributi alla matematica.

Il direttore dell’IMPA, Marcelo Viana, ha messo in evidenza l’importanza di Manfredo per lo sviluppo della ricerca matematica nel paese: “Manfredo è stato un esempio per tutti noi. Ha rinunciato ad una promettente carriera all’estero per tornare in Brasile e fondare la scuola brasiliana di geometria differenziale, uno  dei settori più attivi e produttivi della matematica brasiliana. I suoi libri hanno ispirato generazioni e generazioni di studenti”.

Studente di Manfredo durante il suo dottorato all’IMPA, Hilário Alencar, professore all’Universidade Federal do Alagoas, presidente della SBM dal 2009 al 2013 e dal 2015 al 2017, aggiunge:” Tutti sono d’accordo sull’eccezionale contributo di Manfredo alla matematica, ma quello che  mi  ha sempre impressionato di lui  era la sua umanità”.

In una recente intervista, Manfredo ha commentato che la realizzazione   dell’ICM 2018 in Brasile è “una conseguenza naturale del progresso della ricerca matematica nel paese” e ha dichiarato di non essersi mai pentito di esser diventato un matematico, decisione che attribuiva al periodo trascorso all’IMPA nel 1959.

Sull’IMPA, dove ha passato la maggior parte della sua vita accademica, Mafredo ha osservato: “ Le isituzioni compiono un ciclo vitale, nascono, crescono, muoiono. L’unico modo che ha un’istituzione  per evitare di invecchiare è assorbire giovani  di talento e con una salutare voglia di ribellione che sapranno scoprire e affrontare nuove sfide”. L’IMPA lo ha fatto con lui tanti anni fa e continua a farlo.

Molti degli allievi di Manfredo sono miei amici, alcuni carissimi: Walcy, Fernanda, Nedir, Hilario, Enaldo, Keti, Katia…sono solo alcuni dei nomi che mi vengono in mente. Da loro, ho saputo come si comportava Manfredo, quando uno studente gli chiedeva una tesi di dottorato. Manfredo diceva ad ogni aspirante studente di andare a passare un po’ di tempo nella magnifica biblioteca dell’IMPA  finché non si fosse appassionato a qualcosa tanto da volerlo dimostrare. Quando lo studente tornava e gli raccontava quello che aveva trovato, lui sapeva orientarlo in modo da raggiungere ottimi risultati. In portoghese advisor si dice orientador e Manfredo applicava alla lettera la definizione.  

Manfredo, oltre che nei suoi libri, nei suoi risultati e nelle sue domande, alcune ancore prive di risposta, vive nella matematica e nella vita di tutti loro.

Di e a cura di Barbara Nelli

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Note e riferimenti

Note e riferimenti
1 Do Carmo, Manfredo P. The cohomology ring of certain kählerian manifolds. Ann. of Math. (2) 81 (1965) 1–14
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