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Ci sono diversi modi di onorare la bellezza.

Là dove un artista traccerebbe uno schizzo,

scriverebbe una poesia o comporrebbe una melodia,

lo scienziato immagina una teoria scientifica.

David Ruelle

(da “Caso e Caos”, ed. Bollati Boringhieri)

 

L’astronomo e matematico tedesco Johannes Kepler, detto Keplero (1571-1630), è uno dei padri fondatori della Meccanica Celeste, cioè di quella disciplina che studia con metodi matematici il movimento dei corpi celesti, sia che si tratti di oggetti del sistema solare, sia di oggetti in sistemi planetari extra-solari (ovvero intorno ad altre stelle). In particolare, nell’ambito del sistema solare la Meccanica Celeste si propone di studiare la dinamica di pianeti, pianeti nani, satelliti, asteroidi e comete. Naturalmente questa disciplina non solo esamina gli oggetti naturali del cielo, ma si applica ugualmente bene allo studio dei satelliti artificiali, come le sonde per i viaggi interplanetari o i satelliti per le telecomunicazioni.

Sulla base di dati sperimentali, nel XVII secolo Keplero getta le fondamenta teoriche della Meccanica Celeste attraverso la formulazione di tre leggi che descrivono il moto dei corpi celesti (naturali e artificiali).  Prima di descrivere le leggi di Keplero, ricordiamo che la prima missione spaziale è stata lanciata nel 1957: lo Sputnik 1 è stato infatti il primo oggetto umano ad orbitare attorno alla Terra; nonostante il grande lasso di tempo che separa Keplero dall’iniziale missione spaziale, vedremo che le sue leggi funzionano egregiamente e che forniscono interessanti informazioni anche sui viaggi interplanetari che saranno intrapresi alcuni secoli dopo la derivazione delle leggi di Keplero.

 

1. Il Sistema Solare.

Vediamo innanzitutto quali sono gli oggetti di cui intendiamo studiare il moto, partendo dalla composizione del sistema solare (Figura 1), il quale per definizione è quella regione dell’Universo che risulta governata dall’attrazione gravitazionale del Sole. Il Sole è una stella di media grandezza, che orbita in uno dei bracci a spirale della nostra galassia, la Via Lattea. Attorno al Sole ruotano i pianeti. Allontanandoci dalla nostra stella, dapprima troviamo i pianeti interni, che risultano avere dimensioni piuttosto piccole, con nessuno o pochi satelliti (la Luna attorno alla Terra, Phobos e Deimos attorno a Marte) ed hanno una composizione prevalentemente rocciosa. I pianeti interni sono Mercurio, Venere, Terra, Marte. Al di là di Marte incontriamo centinaia di migliaia di piccoli oggetti rocciosi dalla forma irregolare, che vengono chiamati asteroidi e formano la cosiddetta “fascia degli asteroidi” tra Marte e Giove. Questi piccoli corpi orbitano su diversi tipi di traiettorie: alcune sono molto regolari, altre fortemente caotiche (nella sezione 4 vedremo come si definisce una traiettoria caotica). Il primo asteroide venne scoperto dall’astronomo italiano Giuseppe Piazzi nel 1801; ad esso venne dato il nome di “Cerere”. Le sue dimensioni sono sufficientemente grandi (circa 1000 km) da far sì che Cerere sia recentemente entrato nella categoria dei pianeti nani.

Oltre la fascia degli asteroidi comincia la regione dei pianeti esterni: Giove, Saturno, Urano, Nettuno. Si tratta di pianeti molto grandi, di composizione gassosa, circondati da molti satelliti e spesso anche da un sistema di anelli, di cui il più spettacolare è offerto da Saturno. Il pianeta più grande del sistema solare è Giove, la cui massa ammonta a circa un millesimo di quella del Sole; a sua volta Giove è circa mille volte più grande della Terra.

Se continuiamo il nostro viaggio oltre Nettuno, ai confini del sistema solare troviamo una nuova cintura, analoga a quella degli asteroidi tra Marte e Giove. Si tratta della “fascia di Kuiper”, dal nome dell’astronomo statunitense (di origine olandese) Gerard Kuiper (1905-1973), che ne ipotizzò l’esistenza. In questa regione troviamo oggetti composti da roccia e ghiaccio; allo stato attuale se ne conoscono qualche centinaio, ma il loro numero sarà destinato ad aumentare quando saranno attuate adeguate campagne osservative che riusciranno a penetrare nelle regioni buie ai confini del sistema solare. Nella fascia di Kuiper si trova anche Plutone, che un tempo era annoverato tra i pianeti; a causa dell’esistenza di una moltitudine di oggetti che orbitano nella stessa regione dove si trova Plutone e a causa del fatto che si trovano diversi corpi di misura comparabile a quella di Plutone, nel 2006 esso è stato declassato dall’Unione Astronomica Internazionale al rango di “pianeta nano”.

 

pianeti

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 1. La composizione del sistema solare con pianeti e pianeti nani (cortesia NASA).

 

2. Le leggi di Keplero

Dal quadro che emerge dalla descrizione della sezione 1, risulta che il sistema solare è straordinariamente complesso, essendo costituito da centinaia di migliaia di oggetti dalle forme e traiettorie più disparate. Con quali strumenti possiamo studiare un sistema di tale complessità? Seguendo il metodo scientifico di Galileo, bisogna partire dal sistema più semplice possibile, in cui si considera l’interazione gravitazionale tra due soli corpi. Ad esempio, si studia la traiettoria della Terra come se fosse soggetta solamente all’influenza del Sole e come se tutti gli altri oggetti del sistema solare non esistessero. L’interazione tra questi due corpi avviene secondo la legge di Newton, ovvero in maniera direttamente proporzionale (tramite la costante di gravitazione universale G) al prodotto delle masse del Sole (M) e della Terra (m) ed è inversamente proporzionale alla distanza d che li separa:

formula

Questa legge esprime che più grande è la massa degli oggetti che interagiscono, maggiore sarà la loro  attrazione; inoltre, più essi sono lontani, minore sarà la forza gravitazionale che li lega.

L’approssimazione in cui si considerano solamente due oggetti in interazione gravitazionale si chiama “problema dei 2 corpi” o “problema di Keplero”. Il motivo per cui questo problema prende il nome di Keplero è che lo scienziato tedesco enunciò tre formidabili leggi che forniscono la soluzione del problema dei due corpi.

Keplero ebbe la fortuna di lavorare come assistente dell’astronomo danese Tycho Brahe (1546-1601), il quale ricevette in regalo dal re Federico II di Danimarca e Norvegia l’sola di Hven sulla quale costruì un osservatorio astronomico che chiamò “Uraniborg”, il castello del cielo. Brahe non possedeva un telescopio, ma con altri strumenti molto elaborati riuscì a classificare e a determinare le traiettorie di numerose stelle e pianeti. Tycho Brahe visse nel periodo di transizione tra la vecchia e la nuova astronomia. Fino al XV secolo si pensava che la Terra fosse al centro del Sistema Solare e che tutto le girasse intorno. Solo grazie alla mirabile intuizione di Nicolò Copernico (1473-1543) si arriva a comprendere che la Terra ruota attorno al Sole, e non viceversa. Poiché non era ancora convinto della teoria copernicana, Tycho Brahe inventa un proprio sistema, detto sistema ticonico, che risulta essere una via di mezzo tra quello tolemaico e quello copernicano. Nel sistema ticonico la Terra rimane al centro dell’Universo e attorno ad essa ruotano il Sole e la Luna; tuttavia, al contrario del sistema tolemaico, tutti gli altri pianeti ruotano attorno al Sole e non intorno alla Terra.

 

I dati astronomici accumulati da Tycho Brahe in anni di lavoro furono utilizzati da Keplero per determinare le leggi che governano i moti celesti. A quel tempo lo scienziato era una persona molto eclettica, che si occupava non solo di scienza, ma anche di letteratura, musica e religione. Nella sua opera intitolata Harmonices Mundi, Keplero ricerca l’armonia fisica dei moti planetari mettendo su un pentagramma le velocità dei pianeti e cercando di dimostrare che i pianeti si muovono seguendo una legge musicale. In realtà Keplero non riesce a stabilire quale sia questa regola musicale, ma in compenso nel corso dei suoi studi trova tre leggi molto importanti, che ci spiegano come si muovono i pianeti nell’approssimazione del problema dei due corpi.

La figura geometrica alla base delle leggi di Keplero è l’ellisse, la quale è definita come il luogo geometrico dei punti tali che la somma delle distanze da due punti fissi, detti fuochi, è costante (Figura 2).

 elisse

Figura 2. L’ellisse è il luogo geometrico dei punti P tali che la somma delle distanze d1 e d2 dai fuochi F1 e F2 è costante. Il semiasse maggiore è denotato con a, mentre e è l’eccentricità dell’ellisse (a×e è la distanza tra il fuoco F1 e l’origine O).

 

Gli elementi che caratterizzano l’ellisse sono il semiasse maggiore (indicato con a in Figura 2), che misura la distanza (tratteggiata in Figura 2) tra il centro O e il punto B (o equivalentemente tra il centro e il punto A), e l’eccentricità e, tale che la distanza  tra il centro e il fuoco è pari al prodotto a×e (questa distanza è punteggiata nella Figura 2). L’eccentricità è un parametro molto importante, perché indica quanto schiacciata è l’ellisse: se l’eccentricità è zero, allora abbiamo un cerchio, mentre all’aumentare dell’eccentricità l’ellisse si allunga sempre di più. Le orbite nel sistema solare possono avere eccentricità molto diverse; ad esempio, Nettuno ha eccentricità 0.008 (e quindi la sua orbita è prossima ad un cerchio), la Terra ha eccentricità pari a 0.017, Giove a 0.048, la Luna a 0.055, Plutone a 0.249, mentre Tarvos (un satellite di Saturno) orbita su un’ellisse notevolmente schiacciata con eccentricità pari a 0.531.

Un’altra nozione importante è quella di perielio ed afelio: se immaginiamo che il Sole sia posizionato nel fuoco F1, allora il punto A dell’ellisse più vicino al Sole si chiama perielio, mentre il punto B più distante dal Sole si chiama afelio.

Le tre leggi di Keplero ci dicono quale è la forma delle traiettorie planetarie, in quale modo tali orbite sono percorse e come le traiettorie sono disposte nel sistema solare. Vediamo quindi in dettaglio le tre leggi di Keplero, che sono alla base delle teorie orbitali della Meccanica Celeste.

La prima legge di Keplero stabilisce che i pianeti si muovono su delle ellissi di cui il Sole occupa uno dei due fuochi. Applicata ai satelliti artificiali, questa legge ci dice che il satellite si muove attorno alla Terra lungo un’ellisse di cui la Terra occupa uno dei due fuochi, mentre l’altro fuoco è vuoto. Quando l’eccentricità è nulla, l’orbita si riduce ad un cerchio.

La seconda legge di Keplero, o legge delle aree, stabilisce che i pianeti spazzano aree uguali in tempi uguali. Con riferimento alla Figura 3, se indichiamo con A1, A2, A3 tre aree di uguale misura, allora risultano uguali i tempi T1, T2, T3, che sono necessari per percorrere il tratto di ellisse corrispondente alle aree A1, A2, A3. La conseguenza fondamentale della seconda legge di Keplero consiste nel fatto che i pianeti sono più veloci quando transitano al perielio, mentre sono più lenti quando passano per l’afelio.

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Figura 3. La seconda legge di Keplero: se le aree A1, A2, A3 hanno uguale misura, allora i tempi T1, T2, T3 impiegati a percorrerle sono uguali.

 La terza legge di Keplero, o legge dei periodi, collega tra loro la dimensione dell’ellisse e il tempo impiegato a percorrerla; essa stabilisce che il quadrato del periodo di rivoluzione è proporzionale al cubo del semiasse maggiore. Come conseguenza della terza legge di Keplero si trova che il periodo orbitale cresce all’aumentare della distanza: se la Terra impiega un anno per compiere un giro attorno al Sole, Giove (che si trova ad oltre 5 volte la distanza Terra-Sole) impiega 12 anni. Come vedremo nella prossima sezione, la terza legge di Keplero fornisce uno strumento molto utile per poter calcolare la relazione tra le traiettorie interplanetarie e i corrispondenti tempi impiegati a percorrerle.

 

3. In viaggio verso Marte con Keplero

Se decidiamo di intraprendere un viaggio interplanetario per arrivare fino a Marte, dobbiamo scegliere opportunamente la traiettoria da seguire, tenendo presente che le fasi di una missione sono le seguenti: il lancio dalla Terra, il trasferimento fino a Marte, l’immissione sull’orbita di Marte, il mantenimento in orbita, l’eventuale rientro.

Si potrebbe ingenuamente pensare di seguire un percorso in linea retta per arrivare a Marte. Non c’è niente di più sconveniente, perché in primo luogo bisognerebbe lanciare la sonda in una finestra temporale di lancio molto stretta. In secondo luogo, se partiamo dalla Terra e andiamo su Marte lungo un percorso rettilineo, arriviamo ad incontrare Marte lungo una direzione perpendicolare alla sua traiettoria. Pertanto, per immetterci sull’orbita di Marte dovremo effettuare un brusco cambiamento di direzione, con un conseguente notevole dispendio di carburante. Tutto questo senza contare che le orbite naturali del sistema solare sono delle ellissi e non delle traiettorie rettilinee, perché ogni oggetto risente dell’influenza gravitazionale del Sole, il quale curva le traiettorie lungo ellissi in accordo alla prima legge di Keplero.

 

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Figura 4. Le traiettorie di Hohmann. Sopra: le tre orbite fondamentali, l’orbita della Terra (1), l’ellisse che unisce la Terra e Marte (2), l’orbita di Marte (3).

Sotto: la traiettoria di trasferimento di Hohmann in cui vengono dati degli impulsi (DV1 e DV2) per trasferire la sonda dalla Terra a Marte. 

altra

 

La traiettoria corretta per raggiungere Marte è stata suggerita da uno studioso tedesco, Walter Hohmann, vissuto a cavallo tra l’Ottocento ed il Novecento. Hohmann  ha analizzato il problema di minimizzare le traiettorie dei voli spaziali, arrivando a pubblicare un libro dal titolo: “La raggiungibilità dei corpi celesti”. Utilizzando le ellissi di Keplero, Hohmann propone di procedere nella seguente maniera: sfruttare una ellisse di trasferimento e calcolare i punti in cui si deve cambiare la velocità per immettersi nelle orbite corrette, minimizzando il consumo di carburante. Più precisamente, consideriamo le tre traiettorie costruite come segue (Figura 4, sinistra):

(1) la traiettoria della Terra, che assumiamo sia descritta da un cerchio;

(2) l’ellisse con fuoco nel Sole, che ha il perielio coincidente con un punto dell’orbita terrestre e l’afelio coincidente con un punto dell’orbita marziana;

(3) la traiettoria di Marte, che assumiamo sia anch’essa circolare, come quella della Terra.

La traiettoria di trasferimento di Hohmann si costruisce nel modo seguente (Figura 4, destra): partendo dalla Terra, imprimiamo una variazione di velocità alla sonda, in modo tale da immetterla sull’orbita ellittica con perielio e afelio, rispettivamente, sulle orbite di Terra e Marte. Questa variazione di velocità viene indicata con il simbolo DV1 ed è proporzionale al consumo di propellente necessario per inserire la sonda in orbita. Una volta raggiunta la traiettoria di Marte, si imprime una seconda variazione di velocità, in simboli DV2 , in modo da immettere la sonda lungo l’orbita di Marte. Questo tipo di traiettoria risulta essere quella più naturale, perché nella maggior parte del tempo si segue l’ellisse Kepleriana; gli unici momenti in cui è necessario intervenire dall’esterno, consumando carburante, sono le due fasi di immissione in orbita in cui viene effettuato un cambio di velocità, cioè in partenza dalla Terra e in arrivo su Marte. La somma di tali variazioni, DV1 + DV2, dà una misura del costo della missione.

 

4. La durata dei viaggi interplanetari

Dopo aver ampiamente sfruttato l’ellisse Kepleriana per trasferirci su Marte, concludiamo con una applicazione strabiliante della terza legge di Keplero; essa fornisce uno strumento efficace per calcolare il tempo necessario per andare dalla Terra a Marte. Basta munirsi di una calcolatrice tascabile per poter eseguire alcune operazioni elementari, che descriviamo come segue. Adottiamo delle unità di misura riferite alla Terra; più precisamente, supponiamo che l’unità di misura della distanza sia quella che intercorre tra la Terra e il Sole (in simboli si denota con 1 UA, dove UA significa unità astronomica) e supponiamo che l’unità di misura del tempo sia l’anno, cioè il tempo impiegato dalla Terra per compiere una rivoluzione attorno al Sole. In queste unità di misura il raggio dell’orbita di Marte è pari a 1.52 UA. Con riferimento al pannello di destra della Figura 4, risulta chiaro che la distanza massima che la sonda deve raggiungere per arrivare a Marte partendo dalla Terra è pari alla somma dei raggi delle orbite dei due pianeti ovvero 2.52 UA. Poiché tale valore è uguale al doppio del semiasse maggiore a dell’ellisse di trasferimento, ricaviamo che a=1.26 UA. Utilizziamo ora la terza legge di Keplero, secondo la quale (nelle unità di misura che abbiamo adottato) il quadrato del periodo T di rivoluzione è pari al cubo del semiasse maggiore: T2 = a3. Da tale relazione ricaviamo T=a3/2 ovvero T=1.41 anni. Ma siccome dobbiamo percorrere solo una metà dell’ellisse di trasferimento (si veda il pannello di destra della Figura 4), otteniamo che il tempo per raggiungere Marte è pari a 0.707 anni ovvero 8.5 mesi.

Con poche semplici operazioni, la terza legge di Keplero (scoperta nel XVII secolo) ci consente di calcolare il tempo necessario per compiere un viaggio interplanetario!

 

Ripercorriamo nella seguente tabella le operazioni che sono state necessarie per calcolare il tempo di volo interplanetario dalla Terra a Marte. 

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Tabella 1. Calcolo del tempo di trasferimento dalla Terra a Marte seguendo una traiettoria di trasferimento di Hohmann.

Con lo stesso procedimento possiamo calcolare i tempi per altri viaggi spaziali; ad esempio, per raggiungere la Luna occorrono 5 giorni, mentre per arrivare ai pianeti situati agli estremi del sistema solare occorrono rispettivamente 3.5 mesi per Mercurio e 30.6 anni per Nettuno.

5. Il problema dei tre corpi

Il problema di Keplero contente di ottenere una eccellente approssimazione del moto dei corpi celesti; tuttavia, esso rappresenta un’approssimazione del modello fisico reale, poiché si considerano solo le interazioni tra due corpi, ad esempio il Sole e la Terra. Nella realtà astronomica ci sono molti altri oggetti che possono influenzare il moto della Terra. Tra questi, non si può sottovalutare l’azione esercitata da Giove, il pianeta più grande del sistema solare. La sua massa è circa un millesimo di quella del Sole. Si potrebbe pensare che sia molto piccola, ma il suo effetto su scale di tempo astronomiche, ovvero dell’ordine dei milioni di anni, potrebbe essere tale da produrre delle perturbazioni considerevoli sulla dinamica della Terra.

È quindi opportuno passare ad analizzare le traiettorie del problema dei tre corpi. Il caso che ci interessa più da vicino è quello della Terra e della sua interazione con il Sole e Giove. Il problema dei tre corpi è stato studiato da numerosi matematici del XVIII e XIX secolo, quali P.S. Laplace, J.L. Lagrange, C. Delaunay, F. Tisserand. Nonostante i considerevoli sforzi di queste menti geniali, non si riesce a trovare una soluzione matematica del problema dei tre corpi, così come invece era accaduto con il problema dei due corpi, per il quale basta scrivere l’equazione di un’ellisse per ottenere la forma della traiettoria. Bisogna aspettare la fine del XIX secolo per capire cosa stia succedendo: grazie agli studi svolti dal matematico francese Henri Poincarè (1854-1912), si comprende che non è possibile scrivere una soluzione matematica generale del problema dei tre corpi. Il lavoro di Poincarè rappresenta una pietra miliare della Meccanica Celeste: non solo perché egli risolve l’annoso problema della soluzione del problema dei tre corpi, ma anche perché, grazie alle sue ricerche, Poincarè dimostra che esistono delle traiettorie che si comportano in maniera impredicibile. Proprio studiando il movimento degli oggetti celesti, Poincarè scopre il caos ed apre così la strada allo sviluppo della moderna teoria dei Sistemi Dinamici.

Una traiettoria caotica si definisce come un moto orbitale che mostra “un’estrema sensibilità alla scelta dei dati iniziali”. Per chiarire questo concetto, facciamo un esempio concreto: supponiamo di prendere due palline che partano da posizioni iniziali molto vicine tra loro. Se dopo un certo intervallo di tempo osserviamo che le due palline si mantengono a distanza ravvicinata, allora parleremo di moto regolare. Se invece la distanza tra le due palline comincia a crescere indefinitamente, allora parleremo di moto caotico. Dire che una traiettoria è caotica non vuol dire affermare che essa sia instabile, ma piuttosto che la dinamica diventi impredicibile, perché un errore piccolo sulle condizioni iniziali può generare grandi variazioni su scale di tempo relativamente lunghe.

La teoria del caos rappresenta un valido esempio di come la scienza evolve nel tempo: dall’osservazione quotidiana dei moti regolari di stelle e pianeti si arriva a stabilire che in un lontano futuro le traiettorie possono diventare caotiche e impredicibili!

6. Le autostrade interplanetarie

Le leggi di Keplero, il problema dei tre corpi e le orbite caotiche trovano un comune denominatore nelle più recenti realizzazioni delle missioni spaziali. Infatti, ci si è resi conto che le traiettorie di trasferimento di Hohmann, basate sul calcolo delle ellissi Kepleriane, possono richiedere un consumo relativamente elevato di combustibile e quindi un notevole costo per effettuare la missione. È possibile abbattere questi consumi ed effettuare viaggi interplanetari low-cost?

Il punto di partenza delle traiettorie di Hohmann consiste nell’immettersi su una traiettoria ellittica, tangente all’orbita terrestre; ma una volta raggiunta questa orbita Kepleriana, si può provare a proseguire lungo una traiettoria caotica, con il vantaggio di sfruttare le proprietà dinamiche intrinseche dello spazio interplanetario, senza dover richiedere manovre che necessitino di un consumo di carburante. Teorie matematiche recenti hanno mostrato la fattibilità di questo processo che consente di definire nuove traiettorie: le autostrade interplanetarie presentano l’indubbio vantaggio che il costo della missione diminuisce notevolmente. Tuttavia, ciò avviene a discapito del tempo impiegato a percorrere la traiettoria. Ad esempio, seguendo un’orbita tradizionale di Hohmann abbiamo visto che sono sufficienti 5 giorni per raggiungere la Luna; usando invece le complesse traiettorie che sono fornite dalla teoria del caos, si può calcolare che il tempo per raggiungere la Luna sale a circa 6 mesi. Si tratta di un tempo sicuramente troppo lungo per inviare delle missioni sulla Luna con equipaggio umano; tuttavia, se si intende usare queste traiettorie per inviare delle missioni robotiche (quindi solo con strumentazione a bordo), allora il vantaggio della teoria del caos risulta evidente.

La prima sonda che ha sfruttato il caos e i risultati della teoria dei Sistemi Dinamici è stata la International Sun/Earth Explorer 3 (ISEE-3), lanciata nel 1978 per studiare il campo magnetico terrestre e il vento solare. Ad essa hanno fatto seguito numerose missioni che hanno utilizzato la moderna concezione delle traiettorie spaziali, partendo dalle leggi di Keplero per arrivare alla teoria del caos. Tra queste missioni ricordiamo: SOHO (SOlar and Heliospheric Observatory) lanciata nel 1995, WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe) lanciata nel 2001, GENESIS lanciata nel 2011 e ideata per raccogliere campioni di vento solare, HERSCHEL-PLANCK, inviata nel 2009 con a bordo un osservatorio spaziale per studiare i misteri dell’universo.

Insomma, assemblando pezzi di ellissi kepleriane e di traiettorie caotiche – tramite le teorie matematiche proprie della Meccanica Celeste – ci sarà da divertirsi, esplorando in lungo e in largo il sistema solare.

 

Alessandra Celletti,

Dipartimento di Matematica, Università di Roma Tor Vergata

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