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Recentemente il matematico Athanassios S. Fokas ha proposto un nuovo approccio [1 ]A. S. Fokas, A novel approach to the Lindelöf Hypothesis, Arxiv preprint http://arxiv.org/abs/1708.06607, 2017/2018 alla cosiddetta ipotesi di Lindelöf, una delle possibili strategie per cercare di dimostrare la congettura di Riemann. Anche se il risultato è solo preliminare, abbiamo creduto opportuno cercare di spiegare di cosa si tratta, grazie al contributo del nostro Alessandro Zaccagnini.

L’Ipotesi (ma sarebbe meglio chiamarla Congettura) di Riemann è uno dei problemi aperti piú famosi dell’intera matematica. Può essere formulata, letteralmente, in decine di modi equivalenti: in [2 ]A. Zaccagnini, Una versione elementare della Congettura di Riemann, Sito web MaddMaths! (2016), https://maddmaths.simai.eu/divulgazione/una-versione-elementare-della-congettura-di-riemann/. ne abbiamo visto una versione relativamente elementare, in termini della distribuzione dei numeri primi. In modo un po’ grossolano, possiamo dire che l’Ipotesi di Riemann equivale al fatto che i numeri primi sono distribuiti in modo “ottimale,” il migliore possibile tenendo conto di alcune limitazioni scoperte all’inizio del XX secolo. Esiste un’altra formulazione che riguarda la posizione degli zeri complessi della funzione \(\zeta\) di Riemann, cosí chiamata per rendere omaggio al matematico che ne dette un gran numero di proprietà nell’importantissimo articolo [3 ]G. F. B. Riemann, Über die Anzahl der Primzahlen unter einer gegebenen Grösse, Monatsber. Königl. Preuss. Akad. Wiss. Berlin (1859), 671–680, in “Gesammelte Mathematische Werke” (ed. H. Weber), Dover reprint 1953. English translation: http://www.claymath.org/sites/default/files/ezeta.pdf del 1859. Naturalmente questa funzione era già stata studiata dall’immancabile Eulero nel Settecento ed era comparsa in qualche caso particolare un secolo prima. La celebre definizione è data da una serie \[\zeta(s)
=
\sum_{n \ge 1} \frac1{n^s}
=
1
+
\frac1{2^s}
+
\frac1{3^s}
+
\frac1{4^s}
+
\frac1{5^s}
+
\dots\]
dove \(s = \sigma + i t\) è un numero complesso la cui parte reale \(\sigma\) è maggiore di \(1\), in modo che la serie risulti convergente. Eulero e i suoi predecessori hanno considerato solo valori reali di \(s\) (cioè quelli per cui \(t = 0\)), mentre Riemann fece il passo decisivo di studiare la funzione \(\zeta\) quando la variabile \(s\) è un numero complesso (e quindi \(t\) può essere diverso da \(0\)). La Congettura o Ipotesi di Riemann, cosí come formulata in origine nell’articolo citato, è che gli zeri di zeta che hanno \(t \ne 0\) abbiano tutti la parte reale \(\sigma = 1/2\), cioè giacciano tutti su una stessa retta verticale, detta retta critica.

I lettori attenti avranno notato che c’è una contraddizione tra la definizione data sopra, che è valida solo in una certa porzione del piano complesso (precisamente il semipiano “destro” delimitato dalla retta di tutti i numeri complessi di parte reale \(1\)) e l’ipotesi appena enunciata, che riguarda quello che succede su una retta che non ha neppure un punto in comune con il detto semipiano. Per evitare questa contraddizione è necessario un procedimento chiamato prolungamento analitico, che spieghiamo ricorrendo ad un esempio molto classico: la serie geometrica e la sua somma. Se \(z\) è un numero complesso di modulo \(< 1\), sappiamo fin dall’antichità che la serie \(G(z) = 1 + z + z^2 + z^3 + z^4 + \dots\) è convergente: in effetti, è il prototipo delle serie convergenti; invece se \(z\) ha modulo \(> 1\) la serie è divergente. Sappiamo anche che, quando la serie converge, la sua somma vale \(F(z) = 1 / (1 – z)\). Per tutti questi \(z\) abbiamo \(G(z) = F(z)\), ma \(F\) e \(G\) sono due funzioni diverse perché hanno dominio diverso. Il dominio di \(F\) come funzione complessa è l’insieme di tutti i numeri complessi \(z \ne 1\); questo insieme contiene dei valori (per esempio \(z = 2\)) nei quali la funzione \(G\) non è definita perché la serie geometrica non converge, anzi diverge. Provare per credere: si tratta di un famoso esempio di Eulero; se fosse vero che \(G(2) = F(2)\) allora avremmo dimostrato l’uguaglianza paradossale \[G(2)
=
1 + 2 + 4 + 8 + 16 + 32 + \dots
=
F(2)
=
-1.\]
Grosso modo, il principio del prolungamento analitico per una certa classe di funzioni di una variabile complessa, dette appunto analitiche, ci assicura che se due di queste funzioni coincidono all’interno di un disco (cioè se pur essendo date da formule diverse hanno esattamente lo stesso valore in ciascun punto interno al disco) come nel nostro esempio, allora coincidono in tutto il dominio comune, che può essere ben piú ampio del solo disco. In sostanza, se è possibile prolungare in piú modi una formula fuori dal suo dominio naturale, tutti questi prolungamenti hanno gli stessi valori nei punti comuni, anche se le formule possono avere un “aspetto” diverso, purché sia soddisfatta una proprietà topologica dei domini sulla quale soprassediamo.

Torniamo alla funzione zeta: con una dimostrazione relativamente semplice, che usa integrali impropri e poco piú, si trovano queste formule: \[\zeta(s)
=
s
\int_1^{+\infty} \frac{ [ x ] }{x^{s + 1}} \, \mathrm{d} x
=
\frac s{s – 1}

s
\int_1^{+\infty} \frac{ \{ x \} }{x^{s + 1}} \, \mathrm{d} x.\]
Qui \([x]\) e \(\{ x \}\) indicano rispettivamente la parte intera e la parte frazionaria del numero reale \(x\). Quest’ultima espressione ha come dominio l’insieme di tutti i numeri complessi \(s\) di parte reale positiva, tranne il valore \(s = 1\), per il quale, chiaramente, il membro all’estrema destra non ha senso. Dunque, continueremo a chiamare funzione \(\zeta\) anche l’espressione piú generale scritta qui sopra: per quest’ultima ha perfettamente senso chiedersi come siano disposti gli zeri rispetto alla retta critica \(\sigma = \Re(s) = 1/2\).

Un breve inciso: esistono altre formule che permettono di prolungare la funzione \(\zeta\) ad un dominio ancora piú ampio. La piú importante di queste è stata enunciata e dimostrata da Riemann nell’articolo citato e si chiama equazione funzionale. Naturalmente il solito Eulero l’aveva già scoperta, ma solo in alcuni casi particolari e solo per valori reali della variabile. L’equazione funzionale mette in relazione il valore assunto dalla funzione \(\zeta\) in un punto \(s\) del piano complesso con il valore assunto nel punto \(1 – s\). Un po’ come la formula \(e^{-x} = 1 / e^x\) mette in relazione il valore assunto dalla funzione esponenziale nel punto \(x\) e nel punto \(-x\). La trigonometria abbonda di esempi simili.

Il principio del prolungamento analitico garantisce che tutte queste espressioni, diverse nella forma, danno lo stesso risultato se le valutiamo in un punto comune ai loro domini. In particolare, se una di queste espressioni si annulla in un certo punto del piano complesso, anche tutte le altre (se sono definite in quel punto, beninteso) si annullano. Non sarebbe necessario entrare nei dettagli in questa sede perché stiamo solo discutendo della possibilità, in linea di principio, di parlare delle proprietà della funzione zeta anche fuori dal suo dominio “naturale” di definizione, cioè dove la serie converge, ma possiamo fare una piccola digressione. Introduciamo la funzione \[\xi(s)
=
\frac12 s (s – 1) \pi^{-s / 2} \Gamma \Bigl( \frac s2 \Bigr) \zeta(s),\]
dove \(\Gamma\) è la famosa funzione Gamma di Eulero, legata alla funzione fattoriale. Riemann ha dimostrato che la funzione \(\xi\) è intera, cioè è una funziona analitica su tutto il piano complesso, e soddisfa l’equazione funzionale \[\xi(s) = \xi(1 – s),\] qui enunciata nella cosiddetta forma simmetrica. Con un po’ di pazienza, scrivendo esplicitamente il secondo membro e ricavandone \(\zeta(1 – s)\) si ottiene la formula a cui abbiamo accennato sopra, in cui si mettono in relazione i valori della funzione \(\zeta\) nei punti \(s\) ed \(1 – s\), e che scriveremo nella forma tradizionale \[\zeta(s)
=
\chi(s) \zeta(1 – s).\]
Qui \(\chi\) è una certa funzione, che è possibile ricavare esplicitamente, che contiene fra le altre cose dei rapporti di funzioni \(\Gamma\) valutate in punti opportuni. Riemann non spiega come sia riuscito ad immaginare una relazione cosí complicata, in omaggio ad una tradizione a cui appartiene anche Gauss, secondo la quale era necessario coprire le proprie tracce. Lo stile del suo articolo può senz’altro essere definito brachilogico, se si pensa che nel libro di Edwards [4 ]H. M. Edwards, Riemann’s Zeta Function, Academic Press, 1974, Dover Reprint 2001..ci vogliono circa 40 pagine per spiegarne adeguatamente il contenuto. È possibile immaginare una strada per arrivare sospettare questa connessione tra i valori di \(\zeta\) nei due punti \(s\) ed \(1 – s\)? A mero titolo di ipotesi suggeriamo questa: sostituiamo nell’integrale in alto la funzione \(\{ x \}\) con \(\phi(x) + \frac12\), dove \(\phi(x) = \{ x \} – \frac12\), e procediamo con qualche manipolazione formale; in questo modo si trova un’altra espressione integrale per \(\zeta\) valida nella striscia \(-1 < \Re(s) = \sigma < 0\) e cioè \[\zeta(s)
=
-s
\int_0^{+\infty} \frac{\phi(x)}{x^{s + 1}} \, \mathrm{d} x.\]
L’integrale converge perché la funzione \(\phi\) è periodica di periodo \(1\) ed ha media nulla sul periodo, ma la sua proprietà piú importante, decisiva nel nostro caso, è che la funzione \(\phi\) ha uno sviluppo in serie di Fourier piuttosto semplice. Scrivendo questo sviluppo e “scambiando” l’integrale improprio con la serie (cosa non facile da giustificare rigorosamente!) si trova ancora un’altra espressione per il secondo membro qui sopra, che contiene la funzione \(\zeta\) calcolata in \(1 – s\), nonché la funzione \(\Gamma\) (e chi l’avrebbe mai detto!). Questo è un procedimento “euristico,” cioè non del tutto rigoroso, ma fa almeno venire il sospetto che i valori della funzione \(\zeta\) nei punti \(s\) ed \(1 – s\) debbano essere collegati in qualche modo relativamente diretto. La verifica dei dettagli è data a pagina 15 del libro di Titchmarsh [5 ]E. C. Titchmarsh, The Theory of the Riemann Zeta–Function, second ed., Oxford University Press, Oxford, 1986.: si tratta di dimostrare che lo scambio fra le due operazioni “infinite,” cioè l’integrazione impropria e la somma della serie, in questo caso particolare è legittimo. L’importanza dell’equazione funzionale è indirettamente testimoniata dal fatto che nelle pagine successive se ne possono trovare altre sei dimostrazioni alternative.

La prima delle tre “mosse” di cui si parla nel titolo è la dimostrazione dell’Ipotesi di Densità, la cui formulazione precisa è molto tecnica e per questo motivo la omettiamo. Semplificando un po’, è una traduzione quantitativa forte dell’affermazione che “quasi tutti” gli zeri sono sulla retta critica. Si tratta di “contare” quanti zeri ha la funzione zeta nel rettangolo che ha per base il segmento \([0, 1]\) sull’asse reale e per altezza il segmento \([0, T]\) sull’asse immaginario, e di confrontare questo numero, tradizionalmente indicato da \(N(T)\), con il numero di zeri che la stessa funzione ha nel rettangolo con la stessa altezza ma come base il segmento dell’asse reale \([\frac12 + \varepsilon, 1]\), dove \(\varepsilon\) è un numero positivo arbitrario. Chiamiamo quest’ultimo numero \(N_1(T, \varepsilon)\). L’Ipotesi di Densità, pur essendo quantitativamente molto piú forte di quanto stiamo per affermare, ha come conseguenza il fatto che \[\lim_{T \to + \infty} \frac{N_1(T, \varepsilon)}{N(T)}
=
0,\]
qualunque sia \(\varepsilon > 0\) fissato. Martin Huxley nel 1972 ha dimostrato una versione debole dell’Ipotesi di Densità originale, perché valida solo per \(\varepsilon > \frac1{12}\), ma pur sempre utile in una grande varietà di problemi. Uno dei motivi di interesse è che in diverse circostanze l’Ipotesi di Densità ha conseguenze paragonabili a quelle dell’Ipotesi di Riemann, pur essendo decisamente meno forte.

Rivolgiamoci ora al secondo passo, la seconda mossa verso il vero bersaglio, l’Ipotesi di Riemann vera e propria. Il matematico finlandese Ernst Lindelöf ha studiato il comportamento della funzione zeta sulla sola retta critica. In altre parole, ha considerato la funzione \(f(x) = \vert \zeta(1/2 + i x) \vert\), dove \(x\) è un numero reale. L’equazione funzionale a cui abbiamo fatto cenno prima mostra che \(f\) è pari, cioè \(f(-x) = f(x)\), e quindi ci possiamo limitare a considerare \(x \ge 0\). Per un teorema dimostrato da G.H. Hardy nel 1914, e poi successivamente raffinato da A. Selberg (1942), N. Levinson (1975), B. Conrey (1989) e recentemente da S. Feng (2012), sappiamo che \(f\) si annulla infinite volte (per \(x\) reale positivo); d’altra parte, è anche noto che sulla retta critica \(\zeta\) è illimitata: quindi la funzione ausiliaria \(f\) deve oscillare furiosamente!

L’ipotesi di Lindelöf riguarda l’ampiezza di queste oscillazioni. Lindelöf ha sviluppato una teoria generale delle serie di Dirichlet (simili a quella che definisce la funzione \(\zeta\) che abbiamo dato all’inizio di questo articolo), la quale garantisce che \(f(x) < C x^{1/4}\), dove \(C\) è una costante sufficientemente grande. Questo fatto dipende dall’equazione funzionale di cui abbiamo parlato prima. La congettura di Lindelöf è che sia possibile rimpiazzare l’esponente \(1/4\) qui sopra con una qualunque costante positiva, pur di prendere \(C\) molto grande. Dunque, la funzione \(f\) oscillerebbe tra il suo valore minimo \(0\), assunto infinite volte per il Teorema di Hardy, e valori solo moderatamente grandi. La difficoltà del problema è dimostrata indirettamente dalla storia dei progressi fatti nel tentativo di abbassare l’esponente \(1/4\) di Lindelöf e che sono stati molto lenti e di modesta entità, dal punto di vista numerico. Il primo risultato è stato quello di G. H. Hardy & J. E. Littlewood che nel 1916 hanno dimostrato che è possibile mettere qualunque numero \(> 1/6\) al posto di \(1/4\). Omettendo un gran numero di risultati intermedi, il record oggi spetta a Jean Bourgain, che nel 2017 ha ridotto ancora l’esponente ammissibile al valore \(53/342\). Si noti che \(1/4 = 0.25\), \(1/6 \approx 0.16667\) e \(53/342 \approx 0.15497\). Il progresso è stato veramente molto piccolo e lento! In cento anni, una diminuzione dell’esponente di circa \(0.012\). È importante osservare che la Congettura di Riemann implica che vale l’Ipotesi di Lindelöf che a sua volta implica l’Ipotesi di Densità. Dunque, l’ordine delle implicazioni suggerirebbe di tentare di dimostrare le cose al contrario, partendo dall’Ipotesi di Densità in quanto piú “facile” delle altre due. Sempre ammesso che ci sia qualcosa di facile in questo campo …

Chiudiamo dunque quest’ampia premessa per introdurre un nuovo personaggio che si è appena affacciato sulla ribalta della Teoria dei Numeri. Si tratta del matematico greco Athanassios S. Fokas, che ha al suo attivo un’impressionante mole di lavori in campi molto diversi della matematica, ma principalmente sulle equazioni differenziali alle derivate parziali. Visti i numerosissimi premi e riconoscimenti che ha ricevuto, può certamente collocarsi sul podio dei piú grandi matematici greci dell’era moderna. La novità di cui parliamo qui, contrariamente a quanto detto sopra, è rappresentata da un recente articolo di Fokas [6 ]A. S. Fokas, A novel approach to the Lindelöf Hypothesis, Arxiv preprint http://arxiv.org/abs/1708.06607, 2017/2018 che propone un diverso approccio nella direzione dell’Ipotesi di Lindelöf, senza prima dimostrare l’Ipotesi di Densità. La strada proposta non è però radicalmente nuova: si tratta di utilizzare in modo appropriato alcune tecniche che possiamo senz’altro definire classiche, partendo da un’approssimazione della funzione zeta mediante le somme parziali della serie che la definisce e usando la cosiddetta “equazione funzionale approssimata” scoperta da Hardy & Littlewood nel 1923. Quest’ultima mette in relazione il valore assunto dalle somme parziali della serie calcolate in un punto \(s\) con il valore assunto nel punto \(1 – s\), al costo di un piccolo “errore di approssimazione,” che non è presente nell’equazione funzionale tout court e che è dovuto, appunto, al fatto di trattare somme finite invece di serie infinite. Per completezza, l’equazione funzionale approssimata, valida nella “striscia critica” dei numeri complessi \(s\) per cui \(0 < \Re(s) = \sigma < 1\), è \[\zeta(s)
=
\sum_{n \le x} \frac1{n^s}
+
\chi(s)
\sum_{n \le y} \frac1{n^{1 – s}}
+
E(x, y, \sigma),\]
dove \(\chi\) è la funzione che abbiamo già incontrato nell’equazione funzionale, \(x\) ed \(y\) sono sufficientemente grandi, ed \(E\) rappresenta l’errore di approssimazione, per il quale è possibile dare una maggiorazione relativamente esplicita in termini di \(x\), \(y\) e \(\sigma\). Qui dunque vediamo che, anche nella striscia critica dove la serie data all’inizio di questo articolo non converge, la funzione zeta può essere approssimata per mezzo di due somme parziali della serie stessa, una calcolata in \(s\) e l’altra in \(1 – s\). Nelle applicazioni, \(x\) ed \(y\) sono scelti in modo da rendere piccola la quantità \(E\): questa scelta dipende dal tipo di problema che si vuole affrontare e per questo motivo è utile avere la maggiorazione a cui abbiamo accennato sopra.

La principale novità dell’approccio di Fokas sembra essere il fatto che l’Autore tratta alcune somme doppie strettamente legate alle somme parziali della serie che definisce zeta: a prima vista potrebbe sembrare che il problema diventi piú complicato, ma, a conti fatti, questa potrebbe essere la chiave per la sua soluzione. In conclusione, la cautela in questo campo è d’obbligo: l’Autore stesso è estremamente prudente e riassume il suo lavoro in termini molto dubitativi. Nel sunto in cui presenta i risultati annuncia un successivo articolo non ancora reso pubblico con la dimostrazione rigorosa di alcuni passaggi, e non si potrà dire la parola “fine” senza averlo letto. Torneremo dunque a parlarne appena questo nuovo lavoro vedrà la luce.

Se andiamo a rileggere quanto Riemann stesso scrive nell’articolo [7 ]G. F. B. Riemann, Über die Anzahl der Primzahlen unter einer gegebenen Grösse, Monatsber. Königl. Preuss. Akad. Wiss. Berlin (1859), 671–680, in “Gesammelte Mathematische Werke” (ed. H. Weber), Dover reprint 1953. English translation: http://www.claymath.org/sites/default/files/ezeta.pdf, a proposito della sua congettura, ci accorgiamo che appare molto dubbioso: nel confrontare la quantità che abbiamo chiamato \(N(T)\) ed il numero di zeri della funzione zeta con parte reale esattamente uguale ad \(1/2\) e che siano contenuti nello stesso rettangolo, osserva che queste quantità sono circa uguali, euristicamente. “Certo si vorrebbe avere una dimostrazione piú rigorosa, ma nel frattempo ho messo da parte questa ricerca dopo qualche vano tentativo, perché al momento non appare necessaria per il mio prossimo obiettivo.” Non resta che aspettare pazientemente la seconda parte di questo lavoro.

Per approfondire i legami tra numeri primi e funzione zeta si possono consultare anche [8 ]A. Zaccagnini, Breve storia dei numeri primi, Ithaca: Viaggio nella Scienza III (2014), 67–83, http://ithaca.unisalento.it/nr-03_04_14/index.html. e [9 ]A. Zaccagnini, C’è veramente un nuovo approccio alla Congettura di Riemann?, Sito web MaddMaths! (2017), https://maddmaths.simai.eu/divulgazione/langolo-arguto/nuovo-approccio/..

Roberto Natalini [coordinatore del sito] Matematico applicato. Dirigo l’Istituto per le Applicazioni del Calcolo del Cnr e faccio comunicazione con MaddMaths! e Comics&Science.

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Note e riferimenti

Note e riferimenti
1, 6 A. S. Fokas, A novel approach to the Lindelöf Hypothesis, Arxiv preprint http://arxiv.org/abs/1708.06607, 2017/2018
2 A. Zaccagnini, Una versione elementare della Congettura di Riemann, Sito web MaddMaths! (2016), https://maddmaths.simai.eu/divulgazione/una-versione-elementare-della-congettura-di-riemann/.
3, 7 G. F. B. Riemann, Über die Anzahl der Primzahlen unter einer gegebenen Grösse, Monatsber. Königl. Preuss. Akad. Wiss. Berlin (1859), 671–680, in “Gesammelte Mathematische Werke” (ed. H. Weber), Dover reprint 1953. English translation: http://www.claymath.org/sites/default/files/ezeta.pdf
4 H. M. Edwards, Riemann’s Zeta Function, Academic Press, 1974, Dover Reprint 2001.
5 E. C. Titchmarsh, The Theory of the Riemann Zeta–Function, second ed., Oxford University Press, Oxford, 1986.
8 A. Zaccagnini, Breve storia dei numeri primi, Ithaca: Viaggio nella Scienza III (2014), 67–83, http://ithaca.unisalento.it/nr-03_04_14/index.html.
9 A. Zaccagnini, C’è veramente un nuovo approccio alla Congettura di Riemann?, Sito web MaddMaths! (2017), https://maddmaths.simai.eu/divulgazione/langolo-arguto/nuovo-approccio/.
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