Un gruppo di scienziati giapponesi ha costruito con successo epidermide umana tridimensionale basata su previsioni compiute da un modello matematico dell’ “omeostasi epidermica” elaborato dallo stesso team. Lo studio contribuirà alla ricerca di base e allo sviluppo di nuovi farmaci. Sulla base dei risultati degli esperimenti del gruppo dell’Università di Hokkaido, questo “equivalente epidermico” ottenuto a partire da cellule epidermiche umane mostra un’eccellente funzionalità come barriera.
I modelli sperimentali delle epidermidi umane sono importanti strumenti di ricerca non solo per gli studi di base di funzioni epidermiche, delle malattie della pelle e dell’invecchiamento epidermico, ma anche per lo sviluppo di farmaci, cosmetici e altri prodotti. Finora, i modelli epidermici non erano riusciti a simulare a sufficienza un’epidermide umana (per esempio, con metodi precedenti, l’uso delle cellule epidermiche ha prodotto epidermidi troppo sottili).
Nel nuovo studio pubblicato su Scientific Reports, il gruppo coordinato da Masaharu Nagayama ha elaborato un modello matematico dell’omeostasi epidermica incorporando vari processi cellulari, differenziazioni delle cellule epidermiche e caratteristiche di cellule staminali epidermiche, allo scopo di costruire un’epidermide equivalente. Utilizzando il modello, il team ha condotto simulazioni al computer scoprendo che lo spessore e la struttura delle potenziali epidermidi erano influenzati dalla distribuzione spaziale delle cellule staminali della pelle di partenza e dalla struttura dello strato basale su cui erano state seminate.
I ricercatori, utilizzando un comune recipiente per coltura, hanno posizionato uno strato basale in maglia di poliestere con spessori di filo e densità del reticolo variabili in modo da rendere irregolare la superficie. Successivamente, hanno seminato su questo strato cellule epidermiche umane, o cheratinociti. Le cellule sono state coltivate per dodici giorni utilizzando un mezzo di coltura cellulare e un ordinario metodo di coltura al fine di produrre un equivalente epidermico.
Di questo equivalente epidermico sono stati quindi studiati spessore, funzionalità come barriera, numero e distribuzione delle cellule proliferate. I risultati hanno mostrato che il modello epidermico che si basa su una rete di poliestere con superficie irregolare, produce un’epidermide equivalente molto spessa che, inoltre, presenta le consuete caratteristiche delle cellule epidermiche umane. La misurazione della perdita di acqua transepidermica ha poi indicato che il modello funzionava benissimo come barriera e questo valore era due volte superiore a quello degli equivalenti ottenuti senza l’uso del substrato in poliestere.
“Questo spesso equivalente epidermico tridimensionale aiuterà a svelare i meccanismi alla base delle malattie della pelle, tra cui lo xeroderma, e a testare l’efficacia dei medicinali e dei cosmetici transdermicamente somministrati”, ha spiegato Mituhiro Denda, altro autore dello studio. “I risultati supportano anche l’idea che la modellizzazione matematica di processi biologici complessi possa avere un valore fondamentale nei campi della medicina e delle scienze della vita”, ha concluso Nagayama.