Anna Capietto è Professoressa Ordinaria di Analisi Matematica presso il Dipartimento di Matematica “G. Peano” dell’Università di Torino. Si occupa dell’accesso agli studi universitari di giovani con disabilità. È responsabile del Laboratorio “S. Polin” per Ricerca e Sperimentazione di Nuove Tecnologie Assistive per le STEM. La intervista Marco Menale.
Marco Menale: Ciao, Anna. Come stai e cosa stai facendo in questo periodo?
Anna Capietto: Ciao, e grazie per l’invito. Sto bene, sono come tutti molto indaffarata. Ho due corsi in questo semestre, mancano nove lezioni alla fine. E poi c’è il Laboratorio “S. Polin” di cui sono responsabile. Di recente, sono anche stata all’Accademia dei Lincei per il convegno “L’insegnamento della Matematica”, partecipando alla tavola rotonda “Digitale e nuove metodologie per il miglioramento dell’educazione matematica”.
MM: Prima di parlare del Laboratorio “S. Polin”, ci racconti della tua ricerca matematica, e di come e quando sei passata a occuparti di disabilità?
AC: Mi sono laureata in Matematica all’Università di Torino nel 1986, per poi conseguire il dottorato in Matematica, sotto la direzione di Fabio Zanolin alla SISSA di Trieste nel 1990. Nello stesso anno sono diventata ricercatrice all’Università di Torino. Mi occupo di metodi topologici dell’analisi nonlineare. In particolare, mi sono concentrata sul grado topologico per lo studio di problemi ai limiti nell’ambito delle equazioni differenziali ordinarie. Il grado topologico permette di vedere astrattamente i problemi ai limiti. In questo contesto, ho lavorato con l’indice di Maslov, così da passare dallo studio di problemi ai limiti associati a equazioni scalari del secondo ordine, il che corrisponde a lavorare nel piano delle fasi in \(R^2\), a sistemi di \(n\) equazioni del secondo ordine, nello spazio delle fasi \(R^{2n}\) (qui e qui per i dettagli). La mia ricerca mi ha appassionato molto. Ho tenuto anche un corso CIME a Cetraro nel 2011.
Mi occupo di disabilità da circa 15 anni. Comincia tutto con l’introduzione negli atenei della figura del “referente per la disabilità” e il successivo obbligo per ogni dipartimento di averne uno. Io sono da sempre il referente nel Dipartimento di Matematica “G. Peano” dell’Università di Torino. Il referente per la disabilità rappresenta l’interfaccia tra l’ufficio disabili dell’ateneo e i dipartimenti. Appena studentesse e studenti con disabilità si rivolgono a questo ufficio, mi sono comunicati i loro nomi e le email. Da quel momento, possono segnalarmi le loro necessità. Ad esempio, circa barriere architettoniche e non, oppure per mettersi in contatto con il docente di un corso che seguono.
Una decina di anni fa, con la dottoressa Tiziana Armano, tecnico della ricerca del Dipartimento di Matematica, comincio a interessarmi del problema dell’accesso a testi con formule e grafici per studentesse e studenti con disabilità, in particolare visive. Ci concentriamo dunque sulle tecnologie che consentono a studenti con disabilità di accedere alle materie STEM, perché in ogni corso di laurea almeno un esame di matematica lo si trova.
Esistono diversi dispositivi digitali per le disabilità visive. In primo luogo, non esiste la disabilità visiva, ma ce ne sono diverse. Basti pensare a chi è cieco dalla nascita o a chi lo diventa nel corso della vita. Inoltre, non bisogna dimenticare l’ampia classe delle persone ipovedenti. Oggi una persona con disabilità visiva può accedere a un computer in diversi modi. Ci sono i dispositivi di sintesi vocale che traducono in audio quanto compare su schermo. Oppure c’è il display Braille (figura 1).
Si tratta di una piccola tastiera collegata al pc che traduce in Braille quanto scritto sullo schermo. Può essere usato anche come dispositivo di input, ossia lo studente non vedente può scrivere direttamente in Braille. Tuttavia, questo utilizzo è in molti casi secondario dato che gli studenti non vedenti riescono ad usare una tastiera con tutte e dieci le dita. Per lo studio della matematica e, in generale, delle discipline STEM è importante accedere ai grafici. Anche qui sono stati fatti dei progressi. Ora ci sono dispositivi come il “fornetto” (figura 2). Si disegna un grafico su di un apposito foglio e lo si inserisce in questo dispositivo. Il calore solleva il nero dell’inchiostro, ottenendo così un grafico in rilievo che può essere utilizzato dallo studente. E poi ha costi accettabili.
Tuttavia, quando ho cominciato a interessarmi di disabilità, questi dispositivi non risolvevano il problema di rendere accessibili formule e grafici di un testo a studentesse e studenti con disabilità visive. Ad esempio, se il display Braille incontrava \(\sqrt{3}/3\) si bloccava e non riusciva a trascriverlo in Braille.
MM: Com’è nato il Laboratorio “S. Polin”?
AC: Gennaio 2012. Sto approfondendo con Tiziana alcune di queste tecnologie. Una nostra collaboratrice laureata in matematica, ipovedente, ci presenta una persona che può darci una mano. Si tratta di un dipendente non vedente di una banca, esperto di tecnologie assistive. Aiuta a domicilio studenti non vedenti. Questa persona è Sergio Polin. Comincia una collaborazione proficua, perché avere il feedback di un non vedente è cruciale per le nostre attività. Purtroppo, la vita sa essere amara. Nell’ottobre dello stesso anno, Sergio muore dopo essere stato investito da un’auto. Questo tragico evento spinge me e Tiziana a continuare l’impegno intrapreso grazie a Sergio, anzi a occuparcene ancora di più. Cominciamo a visitare scuole secondarie di secondo grado per approfondire la tematica dell’accesso alle discipline STEM per studentesse e studenti con disabilità visive.
Conosciamo due studentesse non vedenti; una di loro ha come insegnante di matematica un mio ex-studente di fisica. In quell’occasione comprendiamo tutta la difficoltà di studiare la matematica per quelle due studentesse. Le formule sono il principale problema. C’è un software, ma è a pagamento. Le due studentesse ci dicono anche che è possibile a volte ottenere un testo di matematica scritto in Braille. Tuttavia, si tratta di un libro enorme; infatti ogni libro in Braille corrisponde a circa cinque libri degli altri studenti. Essendo scritto solo in Braille un tale testo è tutt’altro che inclusivo. Inoltre, c’è il problema dei grafici. Per aiutare le due studentesse, alcuni compagni di classe tracciano sulla loro schiena il grafico di funzione. Usciamo da quella scuola consapevoli che il lavoro da fare è proprio tanto. E questo solo per le disabilità visive.
Da quel momento comincia a esistere il Laboratorio “S. Polin”, anche se nasce ufficialmente solo nel 2018. Ho il piacere di ricordare i nomi di due persone non vedenti che sono state fondamentali per la sua nascita. Il professore Luciano Paschetta dell’ Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, purtroppo scomparso nel 2020. E Federico Borgna, sindaco di Cuneo dal 2012 al 2022. Grazie al professore Paschetta si è resa possibile nel 2014 una convenzione proprio con l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti.
MM: Ci racconti di qualche risultato ottenuto?
AC: Abbiamo pensato al LaTeX. Ogni matematico lo utilizza ed è molto inclusivo. Per questo ci siamo detti “usiamolo”. E così abbiamo creato il pacchetto Axessibility, grazie soprattutto al contributo di Sandro Coriasco, professore associato di Analisi Matematica all’Università di Torino. Inserendo nel file sorgente .tex il comando \usepackage{axessibility}, il file .pdf risultante è fruibile anche per una persona con disabilità visive. E può avvenire in due modi diversi. Il pacchetto Axessibility può interagire direttamente con il display Braille così che questo trascriva in Braille il contenuto della formula. Oppure può interagire con la sintesi vocale che, tramite opportuni dizionari, legge la formula all’utente. Il pacchetto è tuttora oggetto di lavoro, soprattutto per migliorarne l’interazione con i prodotti di sintesi vocale comunemente utilizzati.
Fra le altre cose, stiamo arricchendo la Biblioteca Accessabile con testi di materie STEM per studentesse e studenti non vedenti, di diversi corsi di laurea, anche non scientifici. Il materiale è realizzato con le tecnologie sviluppate o in fase di sviluppo. Tra queste, c’è la webapp Audiofunctions.web. In sintesi, per una persona con disabilità visiva è possible, toccando in maniera casuale un certo tablet, essere guidati al grafico della funzione rappresentata sul tablet mediante l’altezza e la frequenza del suono emesso dal dispositivo, e ottenere alcune informazioni, ad esempio su eventuali massimi e minimi. AudioFunctions.web è stata sviluppata da Dragan Ahmetovic. Per il suo aggiornamento ci avvaliamo tra gli altri di un borsista di ricerca, Mattia Ducci, informatico presso un’azienda privata.
Infine, c‘è il progetto NoVAGraphS – Non-Visual Access to Graphical Structure, per approfondire l’accesso all’informazione scientifica contenuta nei grafici. Ne è responsabile Alessandro Mazzei, professore associato di Informatica all’Università di Torino.
Abbiamo osservato come alcuni di questi prodotti possono essere utilizzati con soddisfazione anche da persone con DSA. Ad esempio, proprio una studentessa di Fisica dell’Università di Torino con DSA, e oggi dottoranda presso il Politecnico di Torino, ce ne ha dato conferma per il pacchetto Axessibility.
MM: Quali sono i progetti futuri?
AC: Uno dei principali è VoiceMath. Nasce come ricaduta positiva della pandemia. Durante quel periodo terribile, abbiamo fatto tutti lezione online, registrando ore e ore di contenuti. Con VoiceMath stiamo sviluppando il modo per ottenere il file .tex e il file .tex compilato a partire da questo materiale audio/video. VoiceMath è ancora in sperimentazione, con la collaborazione della Direzione Sistemi Informativi dell’Università di Torino ed un’azienda esterna, la H-FARM Innovation, con la quale abbiamo potuto collaborare grazie al sostegno ottenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Torino. L’Ateneo ha deciso di investire per ottenere il brevetto. VoiceMath risulta utile anche per altre forme di disabilità e di DSA. A dire il vero, sarebbe comodo per qualsiasi matematico che fa ricerca. E non è l’unica volta che una tecnologia che nasce nell’ambito delle disabilità ha una ricaduta molto più ampia.
Ancora, c’è il progetto SpeechMatE. In questo caso guardiamo a studentesse e studenti con disabilità degli arti superiori, ossia che non possono scrivere. In questo caso, pensiamo a un sistema che consente di scrivere quanto dettato, formule comprese. Un prodotto simile è stato sviluppato alcuni anni fa in lingua inglese, ma è scomparso dal mercato. Google stesso affronta questo problema, ma al momento funziona solo per una formula alla volta. Noi intendiamo poter trattare un testo completo. Come lo facciamo? Lo studente parla, avviene una traduzione in LaTeX e una successiva compilazione. Tuttavia, al momento abbiamo solo un prototipo. Servono investimenti, personale e sperimentatori, come nel caso di VoiceMath, per vederlo realizzato.
MM: Chi lavora al Laboratorio e alle sue attività?
AC: Io sono la responsabile. Poi c’è Tiziana Armano, il mio braccio destro e sinistro. Ho già citato il professore Sandro Coriasco, grande esperto di LaTeX, e il professore Alessandro Mazzei, che lavora su Natural Language Processing. Finora, il Rettorato ha destinato interamente al Laboratorio un assegnista di ricerca e un tecnico informatico per 3 anni. Per diversi anni è stato assegnista Nadir Murru, ora professore associato di algebra all’Università di Trento. Purtroppo, ogni successivo assegnista è rimasto meno di un anno. Sia perché i fondi sono limitati, sia perché i nostri assegnisti ottengono quasi tutti posizioni altrove.
Ad esempio, c’è stato Dragan Ahmetovic, ora all’Università degli Studi di Milano, Adriano Sofia, fisico non vedente, ora in Intesa San Paolo, e Carola Manolino, ora ricercatrice presso l’Università della Valle d’Aosta. Attualmente l’assegnista di ricerca in servizio presso il Laboratorio è Silvia Funghi, che ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienze Umanistiche. La Professoressa Susanna Terracini, direttrice del nostro Dipartimento, è informata delle attività del Laboratorio e ci sostiene davvero tanto. Cerchiamo di compensare la carenza di personale a tempo indeterminato con dei borsisti di ricerca, come ad esempio il dottore Cristian Bernareggi, tecnico informatico dell’Università degli Studi di Milano. Essendo non vedente, il suo contributo è cruciale per le nostre attività. Autorità indiscussa sulle tecnologie assistive a livello (almeno) europeo, è sia sviluppatore che sperimentatore, ossia crea, imposta e valuta potenzialità, efficacia e limiti di quanto facciamo nel Laboratorio.
Sebbene questi aiuti a tempo determinato e il tenersi in contatto con chi va via, resta il problema del personale. Se gli assegnisti vanno via dopo meno di un anno, non è colpa loro. Hanno proposte da altri posti, hanno la loro carriera; come biasimarli? Non basta un assegno di ricerca annuale, servono maggiori investimenti
MM: Cosa ti lascia l’esperienza del Laboratorio?
AC: Da un punto di vista operativo, ho imparato che una persona con disabilità visive può tranquillamente lavorare, con le dovute tecnologie digitali assistive. Da un punto di vista umano, ho capito che non ci si arrende. È un messaggio di “se voglio posso”. E poi mi ha insegnato a declinare la matematica con la parola servizio. La forma mentis di noi matematiche e matematici può essere utile per la società, a dare un aiuto. E questo può succedere anche se non ci sono teoremi, come nel caso del Laboratorio, ma comunque cercando una soluzione a partire da un problema. La nostra esperienza mostra che ci si può dedicare ad attività di servizio anche continuando a fare ricerca, a dimostrare teoremi. Credo che valga la pena mettere in gioco la propria testa a servizio della società. La matematica è astratta, ma non discosta dalla realtà, come quella del nostro Laboratorio.
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