Cosa vuol dire fare comunicazione della matematica all’interno e all’esterno della nostra comunità, come ci si può interfacciare con i più giovani e con il grande pubblico, e alcuni problemi aperti da risolvere. Di tutto questo e molto altro si è parlato nel workshop “Communicating Mathematics” dall’8 all’11 agosto, a cui ha partecipato Alice Raffaele.
Cosa vuol dire fare ricerca in matematica? Qualcuno potrebbe dire che sia trovare nuovi teoremi e dimostrarli in maniera rigorosa. Certo, questa rappresenta una buona parte, ma, senza un’altra, forse, rischia di non portare troppo lontano. Tra gli scopi principali del nostro lavoro come persone di matematica c’è infatti quello di avanzare la comprensione della nostra disciplina da parte dell’umanità. E se vogliamo che l’umanità capisca la nostra disciplina, allora non c’è che una cosa da fare: dobbiamo comunicare.
Il workshop
Di comunicazione della matematica in tutte le sue declinazioni principali si è discusso durante il workshop dal titolo “Communicating Mathematics”, che si è tenuto dall’8 all’11 agosto in modalità ibrida, sia in presenza presso la Cornell University a Ithaca, NY, sia online su Zoom.
Durante l’atto della comunicazione della matematica, mantenere un buon bilanciamento tra accuratezza e facilità di comprensione non è affatto semplice. Anzi, più si va in profondità, a livello di tematiche trattate, più diventa difficile continuare a essere efficienti e chiari nella comunicazione e, soprattutto, comprensibili. Come si può comunicare meglio? Anzi: cosa intendiamo, proprio con questo “meglio”? Durante il workshop sono state discusse domande simili a questa, concentrandosi ogni volta su un aspetto diverso.
Alcune sessioni sono state registrate e i video sono disponibili qui fino al 5 settembre.
All’interno della comunità matematica
Partiamo da qualcosa che riguarda molto da vicino noi ricercatori e ricercatrici. Uno dei mezzi che abbiamo a disposizione per comunicare qualcosa, specialmente ad altri gruppi di ricerca che lavorano nella stessa area, è la redazione e pubblicazione di articoli scientifici.
Durante il workshop sono emerse alcune questioni, alcune forse più semplici da affrontare, come la scelta di una rivista scientifica adeguata per l’oggetto del lavoro, e altre invece più ardue perché, per essere risolte, potrebbero implicare di dover cambiare il sistema. Spesso gli articoli scientifici sono scritti in una maniera non del tutto comprensibile, cosa che non agevola nessuna tipologia di lettori, persino matematici esperti di altre branche. Altre volte alcune nozioni vengono date per note o etichettate come triviali dai ricercatori più esperti, mentre quelli all’inizio della loro carriera potrebbero comunque fare fatica, e spiegazioni chiare non se ne trovano.
Le presentazioni alle conferenze
Kathryn Mann, Associate Professor presso la Cornell University, ha menzionato un passaggio di “On proof and progress in mathematics” di William Thurston, tradotto qui di seguito in italiano:
“I matematici hanno sviluppato abitudini di comunicazione che sono spesso disfunzionali. Gli organizzatori delle conferenze esortano i relatori a spiegare le cose in termini elementari. Tuttavia, la maggior parte del pubblico a un colloquio medio ne ricava poco valore. Forse si perdono entro i primi 5 minuti, ma siedono in silenzio per i restanti 55 minuti. O forse perdono rapidamente interesse perché l’oratore si immerge in dettagli tecnici senza presentare alcuna ragione per cui valga la pena approfondirli. Alla fine della presentazione, i pochi matematici che lavorano su cose affini al campo dell’oratore fanno una o due domande per evitare imbarazzo.”
Leggendo o anche revisionando articoli di questo genere, si può provare frustrazione. Lo stesso può accadere durante le conferenze, dove può capitare di riuscire a seguire un talk per i primi cinque minuti, e poi ritrovarsi completamente smarriti.
I talk alle conferenze sono un altro veicolo importantissimo per diffondere i risultati delle nostre ricerche o per coinvolgere altre persone. Bianca Viray, Professor presso la University of Washington, ha fornito alcuni consigli per migliorare le presentazioni, aggiungendo di concentrarsi sul migliorare una, due, poche cose di volta in volta. È stato caldamente raccomandato anche l’articolo di John E. McCarthy, intitolato “How to Give a Good Colloquium”.
La comunicazione è una transazione
Essere chiari tuttavia è solo la parte “tattica”. Se al destinatario il vostro argomento non interessa, potrete essere chiari quanto volete, ma comunque sarà vano. Per dirlo con le parole di Italo Calvino ne “Le città invisibili”, “Chi comanda al racconto non è la voce: è l’orecchio”. Come far sì che le persone possano essere coinvolte anche in questi casi? Inna Zakharevich, Associate Professor presso la Cornell University, ha suggerito di tenere in considerazione il pubblico che si avrà davanti e puntare su alcuni argomenti dove gli interessi si intersecano.
Emerge perciò il bisogno di avere dei lavori progettati pensando a un lettore destinatario che non necessariamente ha le nostre conoscenze o le nostre basi. Come convincere autori, lettori ed editori che servono anche tipologie di articoli diverse rispetto a quelle che siamo tipicamente abituati a scrivere? In questi termini, sorge di conseguenza un problema di accessibilità: come rendere una matematica molto statica più flessibile?
“La comunicazione è difficile persino nei casi più semplici”, ha commentato a riguardo Steven Strogatz, Jacob Gould Schurman Professor presso la Cornell University, tra gli speaker principali del workshop. Celeberrimo divulgatore noto fra tante cose per i suoi libri o per i suoi pezzi sul New York Times, ha ammesso di sentirsi spesso un outsider nella sua comunità di ricerca per via del suo background in matematica applicata e non pura. Ha detto di essersi sentito incerto nell’ammettere di non avere capito. E quindi ha osservato che la comunicazione non può essere solo un problema di chi la fa, ma anche di chi la riceve: la comunicazione è una transazione.
“Se il lettore vuole capire cosa intende lo scrittore, lo scrittore deve capire di cosa ha bisogno il lettore”, scrivevano George Gopen e Judith Swan su American Scientist.
All’esterno della comunità matematica: in classe e non solo
Sam Vandervelde, della Proof School noto per essere uno degli ideatori delle Mandelbrot Competition, si è focalizzato invece sulla comunicazione verso i giovani, ponendo ai partecipanti del workshop la seguente domanda: perché i matematici dovrebbero essere attivi nella comunicazione della loro materia verso i giovani?
Perché noi sappiamo cosa renda un argomento emozionante, o se un metodo possa essere applicabile; perché noi siamo, per esperienza e allenamento, abituati a esplorare ed espandere le nostre idee; perché incoraggiamo il farsi domande e congetturare; perché vogliamo sdoganare il pregiudizio che la matematica sia inutile o meccanica; perché vorremmo che non solo gli studenti già appassionati si appassionino di più, ma dovremmo rivolgerci soprattutto agli altri.
I principi chiave da tenere in mente per divulgare ai più giovani
- Evitare di dare definizioni, ma guidare i ragazzi nell’arrivare alle loro.
- Presentare le idee dando sempre un contesto che aggiunga motivazione e renda i problemi rilevanti, importanti, per loro.
- Lasciare del tempo affinché i ragazzi possano esplorare per conto proprio.
- Usare titoli a effetto e stimolare la loro curiosità.
- Incoraggiare il lavoro di gruppo, sottolineando che molte delle scoperte in matematica si fanno proprio collaborando, non da geni solitari.
Vandervelde ha anche enunciato il lemma fondamentale sulla motivazione:
Dato un argomento accessibile a un gruppo di giovani, all’interno di un contesto che consenta loro di esplorare, allora per quell’argomento esiste una motivazione efficace.
Tale motivazione è solo da trovare e fornire.
Al di fuori della classe
Ci sono poi tantissime occasioni per comunicare la matematica al di fuori dell’ambiente scolastico. Durante il workshop, Vandervelde ne ha elencate una decina, a cui si sono aggiunti alcuni suggerimenti dei partecipanti.
Ecco l’elenco qui di seguito:
- Proporre attività di matematica come le Math Circle session;
- Allestire delle “stazioni” dedicate alla matematica a un festival, in un museo, o in città;
- Fare da coach a una squadra per una gara matematica;
- Organizzare un corso estivo a base di matematica;
- Presentazioni online o lezioni;
- Progettare e descrivere problemi matematici (per esempio, raccogliendoli e promuovendoli su un blog);
- Intrattenere i propri figli con giochi e puzzle quando si è impegnati a fare altro (come quando si è in fila alla cassa o si è in viaggio in auto);
- Partecipare ad attività extracurricolari;
- Fare da tutor volontari presso i centri comunitari locali (come per esempio le biblioteche comunali);
- Creare contenuti sotto forma di video su YouTube (pensate per esempio al canale di Alberto Saracco);
- Scrivere libri per bambini (come “Sono il numero uno” e “Le sorelle cinque dita” di Anna Cerasoli);
- Fare podcast (quello di Stefano Pisani chiamato Fantamatematica l’avete già sentito?).
All’esterno della comunità matematica: il grande pubblico
Oltre ai giovani, come riuscire ad arrivare a un pubblico più generale, di varie fasce d’età, ben più ampio? Il problema della comunicazione si sposta in una dimensione più grande e diventa più complesso. In questa parte del workshop, moderati da Kathryn Mann, ad alternarsi sono stati ancora Steven Strogatz e Jordan Ellenberg, John D. MacArthur Professor e Vilas Distinguished Achievement Professor della University of Wisconsin, anch’egli autore su quotidiani come il New York Times o il Washington Post, ma anche scrittore di saggi e romanzi.
Da sinistra in senso orario, Kathryn Mann, Steven Strogatz e Jordan Ellenberg,
durante la sessione “Communicating to the broader public”.
Strogatz ed Ellenberg hanno cominciato a dialogare partendo dai libri che leggevano quando erano piccoli, sottolineando come decenni fa era molto arduo trovare dei libri divulgativi. Sono passati poi alle ragioni che li hanno spinti a scriverne dei loro.
Storytelling per la comunicazione della matematica
Strogatz ha raccontato di aver sempre voluto diventare insegnante, e di essersi appassionato al giornalismo scientifico. Alla fine del college, aveva provato a entrare in qualche redazione, senza successo. Durante i primi anni da ricercatore, si è sentito dire “Don’t do that kind of things, there’s no place for that, you should do research” (frasi che purtroppo ci si sente dire ancora adesso). Però ha sempre voluto essere attivo nella divulgazione scientifica, e così ha fatto.
Negli ultimi anni ha collaborato con Quanta Magazine per realizzare i podcast “The Joy of X” e “The Joy of Wh(y)”. Essendo i podcast molto potenti nel trasmettere emozioni, il modo migliore per sfruttarli e comunicare anche la matematica è quello di puntare sulle storie. Anche Ellenberg ha condiviso questo concetto, osservando come l’aspetto narrativo possa essere molto forte.
La difficoltà sta ancora una volta nel mettersi nei panni di chi ascolta o legge. A volte è chi commissiona il lavoro a mettere dei voti, come per esempio il fatto di non poter utilizzare il termine “esponente” perché non è detto che tutti possano comprenderlo. In questo caso, un trucco è quello di inviare la bozza dell’articolo che si sta scrivendo a un proprio amico che non fa matematica e integrarne i feedback.
I social network
Al giorno d’oggi, i social network possono essere una palestra per allenarsi a comunicare, sia all’interno sia all’esterno della propria comunità. Ellenberg ha commentato che ogni piattaforma ha i suoi punti di forza e di debolezza. YouTube riesce a raggiungere tantissime persone in tutto il mondo, più di giornalisti e scrittori, perché ciò che si può potenzialmente fare con immagini e animazioni è fantastico. Twitter può essere invece la piattaforma per sperimentare frasi corte e in forma attiva, collegate tra loro da un filo logico, riducendo il numero di parole usate per focalizzarsi sul cuore del messaggio.
Spazio per creare nuovi contenuti
Infine, Strogatz ha sottolineato dov’è che sembra esserci un gap nella comunicazione al grande pubblico: non vi sono note molte biografie di donne matematiche, se non per i giovanissimi. Eppure ci sono tantissime ricercatrici di cui si dovrebbe raccontare la storia.
I problemi aperti
L’ultimo giorno del workshop è stato dedicato a identificare quali sono i problemi aperti nell’ambito della comunicazione della matematica e se ne è discusso in piccoli gruppi.
Ne riportiamo qui alcuni:
- Quale potrebbe essere un modello o un paradigma per fare una buona presentazione?
- Come si può scrivere di matematica in maniera tecnica, non solo per informare ma per rendere la lettura piacevole?
- Come possiamo comunicare meglio quando stiamo lavorando a un problema di ricerca con un collaboratore e dobbiamo interagire di persona o in maniera virtuale?
- Quali potrebbero essere strategie di comunicazione all’interno della comunità più rapide della lettura dei paper e più coinvolgenti delle presentazioni alle conferenze?
- Come si potrebbe riconoscere il lavoro fatto in ambito divulgativo e di comunicazione della matematica? È giusto che sia poco o per niente considerato per avanzamenti di carriera?
- Come convincere colleghi e colleghe del proprio dipartimento a organizzare seminari e colloqui divulgativi?
- Come si motiva la matematica pura al grande pubblico?
- Come si può democratizzare l’accesso all’educazione matematica e scientifica nei Paesi in via di sviluppo?
Comunicazione della matematica con ComUNICAMat
Dal 12 al 14 ottobre ci sarà qui in Italia un workshop analogo organizzato presso l’Università di Camerino, e giunto ormai alla sua quarta edizione. Sul sito è già disponibile il programma. Gli eventi saranno trasmessi online sui canali YouTube e Facebook della Sezione di Matematica di Unicam.
Locandina della quarta edizione di “Comunicare la Matematica”.
Ci sono altre questioni interessanti da trattare in merito alla comunicazione della matematica? Fatecelo sapere con un commento qui sotto.