Prevedere il futuro non è semplice. La matematica può aiutare con i suoi modelli e i suoi teoremi. È il caso del teorema di ricorrenza di Poincaré. Ce ne parla Marco Menale.
Fare previsioni è difficile, soprattutto se riguardano il futuro. Pare che l’abbia detto, più o meno in questa forma, il fisico e premio Nobel danese Niels Bohr. Come ogni citazione trita e ritrita meglio non sbilanciarsi sulla paternità; è il significato che ci interessa. Capita di pensare alla matematica e ai suoi modelli soprattutto (se non esclusivamente) in chiave predittiva, una sorta di sfera di cristallo in cui vederci il domani. Ma i modelli hanno un ruolo principalmente descrittivo, uno strumento per capire come avvengono i fenomeni che ci circondano, con la loro complessità. Tra le varie difficoltà per le predizioni c’è il caos: piccole variazioni nei dati iniziali producono grandi variazioni nei risultati finali. Succede con la circolazione atmosferica e la conseguente difficoltà delle previsioni meteorologiche. Eppure, anche in casi come questi, è possibile dire qualcosa di certo sul futuro grazie al teorema di ricorrenza di Poincaré.
Come d’uso in questa rubrica partiamo dal nome del protagonista, anche se in questo caso ci riferiamo a uno dei più noti matematici persino presso il grande pubblico: Jules Henry Poincaré. Matematico e fisico francese, ha lasciato contributi in svariati ambiti. Si è occupato di matematica pura e matematica applicata (con uno stereotipo, forse, superato). Ha lavorato al problema dei tre corpi e ha formulato una congettura che porta il suo nome, risolta dopo quasi cent’anni dal matematico russo, e medaglia Fields, Grigorij Jakovlevič Perel’man. E, poi, ha posto le basi proprio a quella teoria del caos di cui si diceva.
Passiamo alla matematica. Il teorema di ricorrenza di Poincaré si inserisce nella teoria dei sistemi dinamici. Si consideri un sistema dinamico, per esempio tante palline che si muovono, governato da un sistema di equazioni differenziali ordinarie. Supponiamo che lo spazio delle fasi P dove evolve la soluzione, ossia l’insieme delle traiettorie e delle velocità delle palline (è uno spazio enorme, per ogni pallina ha 6 dimensioni, tre per la posizione e tre per la velocità!) sia limitato. E, infine, supponiamo che questo movimento conservi i volumi: se un certo numero di palline occupava un certo volume all’inizio, anche spostandosi occuperà lo stesso volume.
Allora, assegnato un dato iniziale x_0, la relativa soluzione x(t) tornerà dopo un certo tempo vicino a x_0, per quanto piccolo si intenda quel vicino. Per questo c’è la parola ricorrenza nel nome del teorema. Se vogliamo scriverlo più formalmente, sia \Phi_t: X \to X il flusso del sistema sullo spazio X. Per ogni sottoinsieme A di volume positivo di questo spazio, sia \Phi_t(A) l’insieme trasformato al tempo t. A priori questo nuovo insieme può essere molto lontano dall’insieme di partenza, le palline si spostano, rimbalzano, insomma se ne vanno per conto loro. Però il teorema dice che esiste un tempo T tale che l’intersezione dell’insieme di partenza (qualsiasi esso sia) e dell’insieme trasformato al tempo T è di volume positivo, in formula:
\mu(A \cap \Phi_T(A)) > 0,
dove \mu è una misura di volume nello spazio X.
Per comprendere la portata del risultato, passiamo a una versione semplificata del sistema di palline. Ora, non ce ne sono più tante, ma una soltanto. E questa pallina rimbalza in modo elastico contro le pareti di una stanza chiusa: il nostro spazio ha 6 dimensioni. Ovviamente, la stanza è limitata. Partiamo da una posizione iniziale x_0. Passiamo al sistema dinamico che descrive l’evoluzione delle posizioni della pallina a seguito degli urti. In Figura 1 sono rappresentate traiettorie e posizioni.

Figura 1. Le traiettorie seguite dalla pallina a seguito degli urti elastici. La pallina, in rosso, è tornata vicina alla posizione inziale, in verde, dopo 7305 iterazioni.
In verde c’è la posizione all’istante iniziale, mentre in blu le traiettorie percorse. In rosso è rappresentata la posizione della pallina al tempo T>0 quando viene a trovarsi vicina a sufficienza alla posizione iniziale. Sono stati necessari diversi urti e diverse traiettorie per tornare vicina alla posizione iniziale, proprio come descritto dal teorema di ricorrenza di Poincaré. Cambiando il quanto vicino potrebbero essere necessarie più o meno iterazioni dell’algoritmo, ossia più o meno urti.
In definitiva, il teorema di ricorrenza di Poincaré assicura che, sotto alcune ipotesi, c’è un ritorno a certe condizioni. È un modo per fare previsioni sul futuro, per dire cosa può succedere. Se il 12 maggio è piovuto per l’intera giornata, allora il sistema ritornerà sufficientemente vicino a quella condizione in futuro (supposte vere per la circolazione atmosferica le ipotesi del teorema, cosa non proprio scontata). Tuttavia, non è possibile esprimersi sul tempo T in cui ciò accade; potrebbe essere anche molto lungo, ben oltre gli orizzonti di vita degli esseri umani. Ed ecco perché fare previsioni sul futuro è difficile.