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Il Paradosso di San Pietroburgo tiene impegnata la comunità matematica da oltre trecento anni. Tra le soluzioni, c’è quella del casinò a risorse finite. Ce ne parla Marco Menale.

Circa trecento anni fa veniva formulato il Paradosso di San Pietroburgo. Nato nel contesto del gioco d’azzardo, ha fornito diversi spunti alla comunità matematica; e ancora continuo a farlo. Le soluzioni proposte sono andate oltre il puro gusto matematico, come successo con la soluzione della funzione utilità in ambito economico. Tuttavia, il paradosso è nato con i giochi d’azzardo, e quindi ha da sempre avuto interesse in quel mondo. È il caso della soluzione del casinò a risorse finite.

La storia del Paradosso di San Pietroburgo è legata a una delle famiglie con il maggior tasso di matematici: i Bernoulli. Fu enunciato per la prima volta da Nicolaus Bernoulli (non l’unico Nicolaus della famiglia) in una lettera indirizzata al matematico francese Pierre Rémond de Montmort. Tuttavia, il nome lo si deve a Daniel Bernoulli (nemmeno lui l’unico Daniel della famiglia!), dopo aver esaminato alcuni giochi d’azzardo di un casinò di San Pietroburgo, nell’opera “Commentarii Academiae Scientiarum Imperalis Petropolitane”.

Il gioco di partenza è semplice. Paghiamo una cifra fissata per partecipare. Si lancia una moneta non truccata (\(50 \%\) di probabilità testa e \(50 \%\) di probabilità croce) fino all’uscita della croce. E se la croce esce dopo \(k\) lanci, allora vinciamo \(2^{k}\) euro. Detto \(E\) il valore atteso, si dimostra che in questo gioco \(E=+\infty\). Ossia, possiamo essere disposti a investire una qualsiasi cifra, anche infinita, per partecipare al gioco. Ma chi spenderebbe una cifra infinita? E, soprattutto, chi ha infiniti euro? Ecco la natura del paradosso.

Vediamo cosa propone la soluzione del casinò a risorse finite. In questo caso, come suggerisce la descrizione, assumiamo che il banco del casinò ha a disposizione una cifra massima che può pagarci in caso di vittoria. Superata questa cifra, il gioco si interrompe. Questa ipotesi rende il gioco più realistico, perché così come nessun giocatore può investire infiniti euro, allo stesso modo nessun banco può pagare infiniti euro a un giocatore. Già il matematico francese Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon aveva calcolato come dopo non molti lanci non sarebbero bastate tutte le monete del regno di Francia per pagare il fortunato giocatore.

Passiamo al dettaglio matematico di questa soluzione. Sia \(S\) il totale a disposizione del banco. Allora, il numero massimo di lanci di moneta, \(k_{\max}\), che il casinò può pagare è

\[S=2^{k_{\max}}.\]

E, dunque,

\[k_{\max}=\log_2 S.\]

A questo punto, il valore atteso diventa

\[E=\sum_{k=1}^{k_{\max}} p_k 2^k=\sum_{k=1}^{k_{\max}} \frac{1}{2^k} 2^k = k_{\max},\]

ossia è finito. Resta così risolto il paradosso, avendo ottenuto un più realistico valore atteso finito.

Facciamo qualche esempio. Se il banco ha come totale \(1\) milione di euro, ossia \(S=10^6\), allora il valore atteso è circa \(20\) euro. E sale a circa \(30\) euro con un miliardo di euro, \(S=10^9\). E seppure consideriamo un banco con un googol di euro, ossia \(10^{100}\), un numero davvero enorme, possiamo spingerci a scommettere non oltre \(332\) euro. Quindi, con una banco a risorse finite, la cifra da investire resta piuttosto limitata.

Questa è solo una soluzione del Paradosso di San Pietroburgo. Forse, ne arriveranno delle altre in futuro, con nuovi punti di vista. Nel mentre, prima di farci illusioni su vincite da sogno, teniamo presente che le disponibilità del banco contro cui scommettiamo sono finite.

Marco Menale

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