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I numeri primi sono quei numeri interi divisibili solo per se stessi e per uno. \(13\) e \(73\) sono primi, mentre non lo è \(51=17\cdot 3\). Questa classe di numeri è importante poiché dal teorema fondamentale dell’aritmetica sappiamo che ogni numero intero può essere scritto come prodotto di numeri primi elevati ad una certa potenza. Ad esempio \(55.125=3^2\cdot 5^3\cdot 7^2\). Sono studiati da secoli ed il loro valore è emerso in svariate applicazioni, come per lo sviluppo del crittosistema RSA.

Consideriamo ora il numero \(294.001\). È un numero primo (potete verificarlo qui), ma non solo. Cambiando una qualunque delle sue cifre si ottiene un numero composto, cioè non primo. Per ogni \(d\in(0,\dots,9)\), si ha che

\[d94001, 2d4001, 29d001, 294d01, 2940d1, 29400d\]

o è composto oppure è uguale al numero di partenza. Numeri come \(294.001\) sono chiamati digitally delicate primes (primi dalle cifre delicate). Studiati per la prima volta nel 1978 dal matematico americano Paul Seymour Klamkin, è stato Paul Erdos a dimostrare che esistono e che sono infiniti, indipendentemente dalla base numerica scelta. Nel 2011, il matematico australiano e Medaglia Fields Terence Tao dimostra che la distanza tra questi numeri resta costante all’aumentare dei numeri primi; in sostanza questi numeri sono ben distribuiti.

Nel 2020 il matematico americano Michael Filaseta, professore alla University of South Carolina, ed il suo collaboratore Jeremiah Southwich nell’articolo “Primes that become composite after changing an arbitrary digit” introducono una nuova classe di primi. Consideriamo un numero primo p e facciamolo precedere da una stringa infinita di zeri. Cambiando una qualsiasi di queste cifre, compresi gli zeri che lo precedono, il numero diventa composto? I due matematici chiamano i primi che manifestano questo comportamento widely digitally delicate (primi dalle cifre in massima parte delicate). Osservano subito che \(294.001\), della classe precedente, non rientra in questa nuova, infatti \(10.294.001\) è primo. Dimostrano che questi numeri esistono, almeno in base 10, e ce ne sono infiniti, pur tuttavia non trovando ancora esempi almeno fino ad una grandezza di \(10^9\).

Lo scorso gennaio nell’articolo “Consecutive primes which are widely digitally delicate”, Micheal Filaseta dimostra con un altro suo collaboratore, Jacob Juillerat, che esistono sequenze di lunghezza arbitraria fatte di numeri primi del tipo widely digitally delicate. Ad esempio è possibile trovare \(10\) primi consecutivi che godano di questa particolare proprietà. Per fare questo, come scrive Filaseta, bisogna analizzare un quantitativo di numeri primi paragonabile al numero di atomi dell’intero universo osservabile, che sono dell’ordine  \(10^{80}\).

Quali applicazioni hanno questi numeri? Beh per ora non possiamo dirlo. Come nel caso dei numeri primi, sarà il tempo a rivelarlo e comunque non ha molta importanza. Riportando il commento di Carl Pomerance all’ultimo lavoro di Filaseta “Quando un matematico decide di affrontare un problema ostico, non può sapere in anticipo se lo risolverà né se porterà a qualcosa di importante. E non puoi farci nulla. Ma continuiamo a farlo, anche oggi: ed è fantastico quando poi tutto funziona”.

 

 

[Illustrazione di Luca Manzo]

Marco Menale

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