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Possiamo descrivere l’evoluzione di un fenomeno a più livelli. Come una lente, ci avviciniamo e ci allontaniamo per vedere dettagli e particolari. È l’approccio dei modelli multiscala. Ce ne parla Marco Menale.

Questa rubrica si chiama “La Lente Matematica”. Proprio come una lente, vogliamo ingrandire quanto succede intorno per capirne di più. Anche solo per afferrare qualche dettaglio, che a occhio nudo scappa. È un cambio di scala, regolato dalla matematica e i suoi strumenti. Perché cambiare scala è un modo per comprendere meglio un fenomeno, sia in una direzione che nell’altra. Negli ultimi anni (qualche decennio, per essere più precisi) sta aumentando l’interesse di matematiche e matematici per lo sviluppo di modelli multiscala, con applicazioni in diversi contesti: dalla biologia alla medicina, passando per l’economia e le scienze sociali.

Ci sono diversi approcci per descrivere un modello multiscala. Anzi, dovremmo dire modellazione multiscala, perché questo è l’obiettivo ultimo dei ricercatori. Tra gli altri, c’è quello della teoria cinetica. Si rivede il sistema come un insieme di particelle interagenti per via probabilistica.  Il significato delle particelle e delle interazioni dipende dalla particolare applicazione considerata. Ad esempio, in un sistema socio-economico, le particelle sono le persone che interagiscono, scambiandosi soldi e beni.

Individuato il sistema, la sua descrizione avviene lungo tre scale. Si parte da quella microscopica. A questo livello, si guarda all’interazione tra i singoli agenti del sistema. In generale, si tratta di interazioni binarie, cioè tra coppie di agenti. Tuttavia, le interazioni possono essere tantissime, basti pensare al quantitativo di cellule che interagiscono nei nostri tessuti. Dunque, la scala microscopica rischia di essere proibitiva, anche solo per il numero di equazioni risultanti.

Come si esce da questo problema? Si introducono delle funzioni di distribuzione sul sistema, così da passare a una descrizione statistica delle interazioni. Non siamo più interessati alla singola interazione tra due agenti, ma a come evolve il numero di agenti con certe caratteristiche, a seguito delle interazioni. Abbiamo cambiato scala, siamo a quella mesoscopica.

E se non ci basta? Se vogliamo un’evoluzione del sistema nella sua totalità? Introduciamo i momenti delle funzioni di distribuzione del livello mesoscopico. La loro evoluzione fornisce l’evoluzione del sistema nella sua totalità, come un corpo unico in movimento. Eccoci arrivati alla scala macroscopica.

Un esempio può fare chiarezza. Consideriamo il traffico veicolare (qui per approfondire). Ci sono delle auto che si muovono lungo una strada. L’obiettivo è trovare un modello che ne descrive l’evoluzione. Ciascuna auto è caratterizzata da velocità e, tra le altre, l’esperienza del guidatore. Queste quantità descrivono il sistema a livello microscopico, dove troviamo le singole auto. Con la scala mesoscopica, abbiamo l’evoluzione temporale del numero di auto caratterizzate da una certa velocità e da un certo guidatore. Mentre, a livello macroscopico vediamo il numero totale di auto lungo la strada. Non esiste una scala prioritaria, perché ciascuna fornisce delle informazioni, proprie di quel livello. Quindi, la scelta della scala dipenda da cosa vogliamo osservare e (sperabilmente!) capire.

Il traffico veicolare è solo uno dei fenomeni modellati con approccio multiscala. Tra gli altri troviamo anche il funzionamento del cuore (ne abbiamo parlato, qui su MaddMaths!, nel podcast “Il cuore matematico”). Certo, di problemi aperti ne restano. Matematicamente, c’è il passaggio rigoroso da una scala all’altra. Computazionalmente, lo sviluppo di metodi per la risoluzione delle equazioni alle diverse scale. Malgrado questi limiti, i modelli multiscala consentono di vedere il mondo con una lente sempre più efficace.

 

Marco Menale

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