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Alessandro Zaccagnini ci propone un suo “Dialogo sui numeri primi”, un esercizio di stile in cui cercherà di parlare dei numeri primi in modo interessante senza usare formule, o quasi. Nel dialogo, che qui presentiamo a puntate, o meglio “giornate”, troveremo tre personaggi presi a prestito da Galileo: Salviati, che è un copernicano (un teorico dei numeri analitico), Sagredo, che è un patrizio (un matematico di un altro settore), e Simplicio, che è un tolemaico (un dilettante). Questa è la Giornata settima, nella quale si discute della Congettura di Riemann. Tutte le puntate le trovate sempre a questo link.

Giornata settima, nella quale si discute della Congettura di Riemann

[I tre amici si ritrovano la mattina dopo. Il mucchio di carte davanti a loro è ulteriormente cresciuto nella notte.]

Simplicio. Ho sentito molto parlare della Congettura di Riemann, e l’altro giorno Salviati l’ha ricordata. Mi piacerebbe saperne di piú.

Sagredo. Non è un argomento semplice, a quanto ne so.

Salviati. Dobbiamo ricordare quanto abbiamo discusso ieri e l’altro ieri.

Simplicio. Abbiamo parlato della quantità dei numeri primi e del Teorema dei Numeri Primi.

Salviati. Esattamente. Nel 1859 Riemann ha scritto un articolo, diventato famosissimo, proprio con questo titolo: “Sul numero dei numeri primi al di sotto di una data quantità.”

Simplicio. Ne ho sentito parlare, ma quando ho provato a leggerlo mi è parso molto difficile da capire.

Sagredo. [A parte.] Ovviamente …

Salviati. Dobbiamo prima ricapitolare quanto abbiamo discusso ieri.

Sagredo. Non credo che ci possa far male.

Salviati. Brevemente: siamo partiti ricordando la congettura di Gauss–Legendre sul numero dei numeri primi che non superano un certo numero grande \(N\), osservando che sono equivalenti, da un certo punto di vista, ma hanno un’accuratezza diversa.

Sagredo. Ci hai detto che la formula “predetta” da Gauss è piú precisa.

Salviati. Infatti, i suoi valori vanno piú vicino alla verità, come è stato dimostrato alla fine dell’Ottocento.

Simplicio. Ne abbiamo parlato ieri al termine della nostra discussione.

Salviati. L’altro giorno abbiamo discusso della possibilità di trovare una formula esatta per il numero dei numeri primi che non superano una certa quantità, basata sul Teorema di Wilson, ma abbiamo concluso che è troppo laboriosa e dispendiosa per essere utilizzabile come strumento pratico.

Sagredo. Ma abbiamo anche detto, proprio ieri, che può essere molto interessante trovare una formula approssimata “semplice.” E poi mi pare che fosse il punto della disputa fra Gauss e Legendre: funzione piú semplice ma meno accurata per Legendre, piú complicata ma piú accurata per Gauss.

Salviati. Proprio cosí. Circa un secolo dopo, Chebyshev ha mostrato che è piú facile, dal punto di vista tecnico, affrontare un problema leggermente diverso: invece di contare quanti sono i numeri primi fino ad \(N\), determiniamo il logaritmo del loro prodotto.

Sagredo. Fammi capire bene: è un po’ come dire che “pesi” diversamente i numeri primi a seconda della loro grandezza.

Salviati. Esatto: dai un peso lentamente crescente, che serve a bilanciare la lenta decrescita del numero dei numeri primi, della loro densità, per cosí dire.

Simplicio. Fate capire anche a me?

Salviati. Il logaritmo del prodotto è uguale alla somma dei logaritmi dei singoli fattori. Invece di contare i numeri primi grandi e piccoli allo stesso modo, come dire che “uno vale uno,” li “pesiamo” assegnando loro un peso crescente, seppur molto lentamente.

Sagredo. Un numero primo piccolo conta poco, uno grande conta di piú.

Simplicio. Ma in questo modo non state veramente contando i numeri primi.

Salviati. No, questo è vero, ma c’è un procedimento standard, simile all’integrazione per parti, che permette di trasformare le informazioni su questa nuova quantità introdotta da Chebyshev in informazioni sulla funzione che conta realmente i numeri primi tutti con lo stesso peso.

Simplicio. Integrazione per parti? Mai vista.

Sagredo. [A parte.] Vuoi fare nuove scoperte sui numeri primi e non conosci l’integrazione per parti? Che figura mi fai fare con Salviati?

Simplicio. E Riemann?

Salviati. Nell’articolo del 1859 introduce la funzione zeta come funzione di una variabile complessa. Come dicevo, alcune proprietà erano già note ad Eulero in una forma o nell’altra, ma Eulero pensava in termini di una variabile reale.

Sagredo. Quali sono le proprietà che Eulero conosceva?

Salviati. Per prima cosa, quello che oggi chiamiamo “prodotto di Eulero,” che è uno degli ingredienti fondamentali della sua dimostrazione del teorema di Euclide e che dà il modo di collegare un problema sui numeri primi ad un problema di analisi matematica. Ne abbiamo già parlato nella quinta giornata del nostro incontro, l’altro ieri.

Sagredo. E al secondo posto?

Salviati. Eulero conosceva una forma dell’equazione funzionale: sapeva che è possibile ricavare certi valori della funzione zeta conoscendone altri, ma limitatamente ai valori reali.

Simplicio. Perché si chiama equazione funzionale?

Salviati. Perché collega, cioè mette in relazione i valori della funzione zeta in punti diversi. È una cosa analoga a quello che succede con le funzioni trigonometriche, per esempio.

Simplicio. Non capisco.

Sagredo. Per esempio, ricorderai che è possibile calcolare il seno della somma di due archi, se si conoscono le funzioni seno e coseno degli archi di partenza.

Simplicio. Non ricordo molto della trigonometria …

[Sagredo scuote la testa sconsolato]

Salviati. Tornando a noi, Riemann ha avuto la funzione di pioniere in questo campo e con le sue affermazioni ha motivato la ricerca per alcuni decenni successivi.

Sagredo. In che senso?

Salviati. Riemann non ha dato dimostrazioni formali di tutte le sue affermazioni; fra breve ci torniamo. L’articolo è troppo breve per contenere tutto.

Simplicio. Sí, ricordo che l’articolo che ho visto è breve, solo poche pagine.

Salviati. È molto breve e molto denso. Riemann ha dimostrato rigorosamente che vale l’equazione funzionale nel piano complesso e che la funzione zeta ha un prolungamento analitico, al di là dell’insieme in cui è stata definita inizialmente.

Sagredo. Già, ora che ci penso ne abbiamo parlato tanto ma non l’abbiamo nemmeno definita.

Salviati. È una cosiddetta serie di Dirichlet, in onore del matematico che per primo le ha studiate sistematicamente e di cui abbiamo già parlato. La definizione della funzione zeta si trova nei libri sul tavolino qui davanti.

[Sagredo sfoglia un libro fino a trovare quello che cerca. Simplicio guarda con curiosità, ma si accorge subito che la cosa non fa per lui]

Salviati. Come vedi, c’è una definizione “naturale” per i numeri reali maggiori di 1, ed è quella usata da Eulero. Riemann ha usato la stessa definizione, ma per i numeri complessi con parte reale maggiore di 1.

Sagredo. Non sembrerebbe un passo avanti cosí importante, soprattutto per quanto riguarda i numeri primi.

Salviati. Ricorda che la connessione tra funzione zeta e numeri primi è stata scoperta da Eulero. Però hai ragione, perché la parte piú importante delle ricerche di Riemann è un’altra.

Sagredo. Hai detto piú volte che Riemann è andato “ben oltre” Eulero.

Salviati. Sí, perché ha scoperto molte proprietà della funzione zeta che sono condivise da una vasta classe di funzioni analitiche, come la fattorizzazione in prodotto di Weierstrass.

Sagredo. Mi pare di rilevare un altro anacronismo.

Salviati. In effetti sí. Per la funzione zeta è stata scoperta da Riemann, ma in generale è stata studiata da Weierstrass anni dopo.

Sagredo. E gli altri contributi di Riemann?

Salviati. Ha scoperto un modo per contare il numero degli zeri della funzione zeta in certe zone del piano complesso e ha trovato una formula molto precisa.

Sagredo. Che ha preso il nome da un altro matematico, immagino.

Salviati. Si chiama formula di Riemann-von Mangoldt. Ma la cosa piú importante a mio modo di vedere è la cosiddetta formula esplicita che collega gli zeri della funzione zeta e la loro posizione al termine di errore nel Teorema dei Numeri Primi.

Simplicio. Cosa vuoi dire, Salviati? Stai parlando di molte cose che sono piuttosto lontane dalle mie conoscenze di matematica.

Salviati. Abbiamo detto molte volte che uno dei problemi centrali sui numeri primi è la bontà dell’approssimazione data dalle varie formule congetturate da Legendre e Gauss.

Simplicio. Sí, certo, lo abbiamo discusso piú volte, anche pochi minuti fa.

Salviati. Uno dei tanti problemi è trovare un bilanciamento tra quanto è complicata la famosa “funzione semplice” e quanto questa funzione sta vicina al valore vero del numero dei numeri primi fino all’intero grande \(N\). Nel nostro gergo, questa differenza tra il valore vero e quello dato dalla funzione semplice, o meglio il suo valore assoluto, si chiama errore o termine d’errore.

Sagredo. E vorresti che fosse piccolo, immagino.

Salviati. È precisamente questo il punto.

Simplicio. Salviati, puoi dirmi due parole sulla dimostrazione del Teorema dei Numeri Primi?

Salviati. Le prime due dimostrazioni, quelle date alla fine dell’Ottocento, richiedono l’analisi complessa. Come ho già detto, si basano entrambe sull’articolo di Riemann e quindi si connette il termine d’errore di cui parlavo prima ad un certo integrale nel piano complesso.

Simplicio. Devi fare un integrale complesso? Ho sentito parlare di integrali, ma pensavo che si potessero fare solo sugli intervalli della retta reale.

Salviati. Sembra strano ma è proprio cosí. E per stimare in modo accurato questo integrale hai bisogno di sapere nel modo piú preciso possibile quanti sono e dove sono gli zeri complessi della funzione zeta per poter scegliere il miglior cammino di integrazione possibile.

Sagredo. Dunque si usano tecniche abbastanza standard? A sentirti parlare sembrano strumenti piuttosto comuni.

Salviati. Sono standard ai giorni nostri, con la nostra prospettiva. Nella seconda metà dell’Ottocento è stato un lavoro pionieristico cominciato all’indomani della pubblicazione dell’articolo di Riemann.

Simplicio. Cos’è successo dopo la pubblicazione?

Salviati. Tutte le affermazioni di Riemann, tranne la famosa congettura, sono state dimostrate da von Mangoldt e Weierstrass nei 35 o 40 anni successivi. Poi, nel 1896, sono arrivate ben due diverse dimostrazioni del Teorema dei Numeri Primi.

Simplicio. Addirittura due dimostrazioni diverse? Per un secolo solo congetture e poi da un momento all’altro ben due dimostrazioni nello stesso anno?

Salviati. Sí, ne abbiamo parlato ieri. Sono diverse, ma seguono entrambe le idee presentate da Riemann nel suo articolo ed entrambe usano in modo determinante l’analisi complessa. E se pensi a quanti matematici hanno lavorato alla dimostrazione delle singole parti non puoi dire che la dimostrazione completa arrivi da un momento all’altro.

Sagredo. E per dimostrare una proprietà dei numeri primi si usano le funzioni olomorfe, cioè le funzioni complesse di una variabile?

Salviati. Sembra strano, ma Riemann ha dimostrato che le proprietà della funzione zeta come funzione complessa si riflettono sui numeri primi e ora sappiamo che è vero anche il viceversa.

Sagredo. E l’uso della variabile complessa è inevitabile? Non se ne può proprio fare a meno?

Salviati. È quello che pensavano in tanti, tra il 1896 e il 1948 quando prima Selberg e poi Erdős hanno dato una dimostrazione “elementare” del Teorema dei Numeri Primi.

Simplicio. In che senso è elementare? È facile da capire?

Salviati. Tutt’altro. La dimostrazione complessa segue un “programma,” essenzialmente dovuto a Riemann: se facciamo 5 o 6 istantanee della dimostrazione la struttura è molto chiara. Non si può dire lo stesso della dimostrazione elementare che è molto piú involuta.

Sagredo. Puoi spiegarci questa cosa piú in dettaglio? Cosí non abbiamo capito molto!

Salviati. Dobbiamo partire dalle formule scoperte da Selberg negli anni quaranta del ventesimo secolo, che sono il fulcro su cui ruota la dimostrazione elementare. Contengono in forma implicita le informazioni necessarie a dimostrare il Teorema dei Numeri Primi.

Simplicio. Che vuoi dire precisamente?

Salviati. Tanto per cominciare, Selberg ha scoperto e dimostrato queste formule senza usare l’analisi complessa: a partire da queste, usando sempre e solo l’analisi reale, è riuscito a dare una dimostrazione radicalmente nuova del Teorema dei Numeri Primi. Piú o meno contemporaneamente anche Erdős ha fatto la stessa cosa, sempre sulla base delle formule scoperte da Selberg.

Simplicio. Quindi ora l’analisi complessa non serve piú?

Salviati. Al contrario! Le dimostrazioni che usano l’analisi complessa sono di solito piú semplici da capire, e comunque è uno strumento molto piú potente e quindi si possono ottenere risultati molto piú forti.

Simplicio. Prima hai detto che la dimostrazione elementare è piú difficile da capire. Non è una contraddizione in termini?

Salviati. Non del tutto. Come dicevo, le formule di Selberg contengono implicitamente le informazioni che servono a dimostrare il Teorema dei Numeri Primi, ma il procedimento di estrazione di queste informazioni risulta piuttosto oscuro e un po’ macchinoso.

Sagredo. Simplicio, tieni conto del fatto che gli strumenti di analisi complessa che Salviati ha citato prima sono veramente molto potenti e non è poi cosí sorprendente che si ottengano risultati molto forti.

Salviati. E li si ottengono in modo piú naturale, in un certo senso.

Sagredo. Anche se in matematica spesso le cose sono naturali solo a posteriori.

Salviati. Senz’altro!

Simplicio. Ho una domanda per voi.

Sagredo. Dimmi, Simplicio.

Simplicio. Ieri sera ho ripassato le proprietà degli esponenziali e dei logaritmi e mi è venuta in mente una domanda.

Salviati. Sentiamo.

Simplicio. Invece di dire che il logaritmo del prodotto dei numeri primi fino ad \(N\) è molto vicino ad \(N\), non potremmo passare all’esponenziale e dire che il prodotto dei numeri primi fino ad \(N\) è molto vicino ad \(\mathrm{e}^N\)? Sarebbe un enunciato piú facile da capire.

Sagredo. Questa è una deduzione che non puoi assolutamente fare in generale perché la funzione esponenziale amplifica le differenze tra le funzioni e la cosa che suggerisci non è vera. Quello che stai dicendo tu equivale ad una proprietà molto piú forte.

Salviati. Per i numeri primi è certamente falso.

Simplicio. Potete spiegarmi meglio, per favore?

Salviati. Quando diciamo che una funzione, di quelle che ci interessano qui, è “molto vicina” ad un’altra con un “piccolo errore,” intendiamo dire che il limite del rapporto fra le due funzioni principali vale 1, mentre il piccolo errore misura la “velocità” con la quale il rapporto tende ad 1.

Sagredo. In questo caso, le due funzioni principali, per quanto ci ha raccontato Salviati in questi ultimi due giorni, sono \(N\) ed il logaritmo del prodotto dei numeri primi fino ad \(N\).

Salviati. Precisamente. Una delle formulazioni alternative del Teorema dei Numeri Primi, dovuta a Chebyshev, dice proprio questo.

Sagredo. Per fare un esempio molto piú semplice, se prendi le due funzioni \(N + 1\) ed \(N\), è certamente vero che il limite del loro rapporto vale 1. Però, se passi agli esponenziali, non è vero che il limite del rapporto fra \(\mathrm{e}^{N + 1}\) ed \(\mathrm{e}^N\) vale 1.

Simplicio. [Ci pensa un po’ su e fa qualche calcolo su un foglio] Hai ragione, il rapporto è costante e vale la costante di Nepero \(\mathrm{e}\).

Sagredo. Benissimo! Salviati, che ne dici di darci finalmente l’enunciato preciso della congettura di Riemann?

Salviati. Come abbiamo detto molte volte, il Teorema dei Numeri Primi può essere formulato in modi equivalenti, ma con la stessa struttura. Una certa funzione che conta i numeri primi, eventualmente con un certo peso, si può approssimare con una funzione “semplice” con un “errore” piccolo.

Simplicio. Anche se non mi è ancora del tutto chiaro il concetto di funzione semplice. Me lo potete spiegare meglio?

Sagredo. La definizione di “funzione semplice” non è rigorosa, a quanto ho capito.

Salviati. Infatti: c’è da trovare un equilibrio fra varie esigenze in conflitto. Ad ogni modo, se consideriamo il logaritmo del prodotto di tutti i numeri primi fino ad \(N\) allora la funzione semplice è davvero semplice perché è \(N\).

Sagredo. Per curiosità, che succede se conti veramente tutti i numeri primi senza peso?

Salviati. Devi introdurre una nuova funzione trascendente che si chiama logaritmo integrale: trovi la definizione sullo stesso libro che hai già consultato. Quale che sia la tua definizione di funzione semplice, questa non lo è.

Sagredo. [Sfoglia il libro fino trovare quello che cerca.] Su questo non ci piove. E la Congettura di Riemann cosa dice esattamente?

Salviati. Riguarda la grandezza dell’errore. Se vale la Congettura di Riemann, allora questo errore è poco piú grande della radice quadrata di \(N\); in realtà le due cose sono equivalenti.

Sagredo. E che succede se non vale?

Salviati. Non si può spiegare in modo semplice senza scrivere formule, ma questo errore è piú grande, potenzialmente molto piú grande. In realtà, l’errore è una funzione che oscilla molto, e talvolta, frequentemente come si dice in matematica, ha un valore assoluto grande.

Sagredo. Io ho sentito dire che è in qualche modo collegato alla posizione degli zeri della funzione zeta. [Fa una breve pausa e poi ride da solo.] Che sbadato: l’hai detto tu stesso pochi minuti fa.

Salviati. Infatti, è cosí. È una delle conseguenze della “formula esplicita” scoperta da Riemann.

Simplicio. Non capisco.

Salviati. È una cosa molto sorprendente: forse la cosa piú incredibile scoperta da Riemann, che in questo caso non ha predecessori. Una delle formulazioni alternative della sua congettura è questa: i punti in cui la funzione zeta si annulla si trovano su due rette.

Sagredo. Non sembra molto legato ai numeri primi …

Salviati. Infatti, è una delle cose piú stupefacenti che Riemann ha scoperto; una delle due implicazioni dell’equivalenza dipende dalla formula esplicita di cui parlavo prima, l’altra è piú semplice e segue considerando il prolungamento analitico di una certa funzione legata alla zeta di Riemann.

Simplicio. E non c’è un modo alternativo di spiegare queste cose anche a chi sa poca matematica?

Salviati. Ci sono diverse altre formulazioni equivalenti della Congettura di Riemann, ma non è sempre facile far vedere che queste affermazioni le equivalgono in senso rigoroso.

Simplicio. Ce ne puoi descrivere una, la piú semplice che conosci?

Salviati. Secondo me le piú semplici sono quella di Mertens, quella di Robin, e quella legata alla distribuzione delle cosiddette frazioni di Farey.

Sagredo. Pendiamo dalle tue labbra.

Simplicio. Non ci tenere sulle spine!

Salviati. Dato che non posso scrivere formule, vi descriverò quella di Mertens: vi darò una formulazione “dinamica.” Per prima cosa scegliete un punto di partenza.

[Simplicio si alza e si mette in piedi davanti al tavolino pieno di carte]

Salviati. Benissimo. Ora considera gli interi 1, 2, 3, …, in successione e immagina di fare questa cosa; prendi il numero attuale \(n\): se ha un numero pari di fattori primi distinti ti muovi di un passo verso destra, se dispari verso sinistra, se \(n\) ha qualche fattore primo ripetuto stai fermo dove sei.

Simplicio. Quanti fattori primi ha il numero 1?

Salviati. Diciamo che ne ha 0, un numero pari.

Sagredo. È ragionevole, sulla base della nostra prima discussione.

[Simplicio si muove secondo la regola, mentre spiega quello che sta facendo]

Simplicio. Quindi quando \(n\) vale 1 faccio un passo a destra, poi faccio un passo a sinistra quando \(n\) vale 2, un altro quando \(n\) vale 3, sto fermo quando \(n\) vale 4, poi a sinistra quando \(n\) vale 5, a destra quando \(n\) vale 6, poi a sinistra, poi sto fermo due volte, poi ancora a destra quando raggiungo 10.

Salviati. Esatto! Dove sei arrivato dopo 10 “passi”?

Simplicio. Ho fatto quattro passi a sinistra e tre passi a destra. Tre volte sono rimasto fermo; quindi mi trovo un passo a sinistra della posizione iniziale.

Salviati. Ora torna pure al tuo posto e immagina di ripetere questa operazione 100, 1000, …, \(N\) volte, prendendo nota del punto piú lontano che hai raggiunto, a destra o sinistra della posizione iniziale non importa.

Simplicio. Allora, fammi pensare: ad un certo punto mi sono trovato due passi a sinistra rispetto al punto di partenza. Anzi, per la precisione mi ci sono trovato due volte, dopo il quinto e dopo il settimo passo, e poi sono rimasto lí fermo per l’ottavo e il nono.

Salviati. Esattamente. Ora, la domanda è questa: si può dare una stima approssimativa della massima distanza dal punto di partenza alla quale possiamo arrivare dopo \(N\) passi?

Sagredo. Non sono un probabilista, ma questa cosa ricorda molto da vicino un cammino casuale, o sbaglio?

Simplicio. Cos’è un cammino casuale?

Sagredo. Immagina di fare la stessa cosa che ti ha proposto Salviati, ma all’ennesimo passo invece di guardare la scomposizione in fattori primi di \(n\) e fare quello che dicevamo, lanci una moneta “equa” e ti sposti di un passo a destra se viene testa e di un passo a sinistra se viene croce.

Simplicio. E con ciò?

Sagredo. Questo è un semplice modello per simulare fenomeni “casuali” ed è il capostipite di una famiglia di modelli simili. Se io fossi un probabilista probabilmente ti direi che dopo \(N\) passi ti puoi essere spostato al massimo di una quantità dell’ordine di grandezza della radice di \(N\), con probabilità molto vicina ad 1.

Salviati. È quello che uno si aspetta, non è vero?

Sagredo. Piú o meno sí. Ti puoi aspettare che il numero di passi verso destra sia bilanciato da un numero equivalente di passi verso sinistra, con delle oscillazioni dell’ordine di grandezza che dicevo.

Salviati. Che è un po’ come dire che un intero \(n\) ha la stessa probabilità di avere un numero pari o dispari di fattori primi distinti.

Simplicio. Sí, perché non è cosí? Mi sembra abbastanza logico, non credete?

Salviati. Nessuno lo sa. Il massimo spostamento dal punto di partenza dopo \(N\) passi è dell’ordine della radice quadrata di \(N\) o poco piú se e solo se vale la Congettura di Riemann.

Sagredo. Davvero? Sembrerebbe una cosa molto piú semplice da dimostrare!

Salviati. E invece è equivalente.

Sagredo. E la dimostrazione dell’equivalenza è difficile?

Salviati. Con l’analisi complessa è mezza pagina, una al massimo.

Simplicio. E senza l’analisi complessa, per me che non la so?

Salviati. Prima studi l’analisi complessa, poi è sempre mezza pagina.

Sagredo. Salviati vuole dire che ci sono strumenti indispensabili per poter capire i risultati piú importanti. Un conto è capire l’enunciato di un teorema che può avere una versione semplice e comprensibile senza tanti preliminari, tutt’altro è entrare nel merito delle dimostrazioni.

Salviati. È già un mezzo miracolo che la congettura di Riemann si possa esprimere in tanti modi equivalenti che sono relativamente semplici da spiegare …

Sagredo. De hoc satis. È l’ora di pranzo!

Fine della settima giornata

In copertina un dettaglio della prima pagina del manoscritto su cui Riemann ha formulato la sua “ipotesi”. Fonte Claymath.org.

 

Alessandro Zaccagnini

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