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Maurizio Codogno, meglio noto in rete come .mau., racconta come lui vede la matematica, con la scusa di non doverla insegnare né crearne di nuova. Oggi svela quale sia per lui il segreto della matematica.

Dal lontano 2008 c’è una tradizione tra i blog che si occupano (anche) di divulgazione matematica: postare (quasi) ogni mese un elenco di quanto gli autori hanno scritto. È il Carnevale della Matematica, dove la parola “carnevale” non è da prendersi all’italiana come uno scherzo ma all’inglese come “festa, sagra”. D’accordo, non ci sono le salamelle, ma va bene lo stesso. Il Carnevale della Matematica si tiene il 14 del mese, perché 14 sono le prime cifre decimali di pi greco; tra meno di due settimane potrete leggere la nuova edizione nel blog di Daniela Molinari. Una sua caratteristica è che ogni edizione ha un tema, che non deve assolutamente essere seguito ma può servire a chi non ha idea di cosa scrivere. Il tema di questo mese è “il segreto dei matematici”: ma quale sarà questo segreto? Io sono un matematico non praticante, e non è detto che quindi conosca davvero il segreto dei matematici: ma mi è venuta comunque voglia di scrivere due parole al riguardo.

È assodato che i matematici vedono le cose in modo differente dal resto del mondo: del resto già Goethe diceva «I matematici sono come i francesi: ogni volta che dite loro una cosa, essi la traducono nel loro linguaggio e subito è qualcosa di interamente diverso» (e, aggiungo io, probabilmente incomprensibile). Ma questo non è certo un segreto, mi direte! Certo, ma il fatto che i matematici vedano le cose in modo diverso, e quindi le traducano nel loro linguaggio, è il punto di partenza per capire qual è effettivamente questo segreto. Dal mio punto di vista, il segreto dei matematici (e naturalmente delle matematiche: in questo il sessismo è inesistente) è che essi vedono le cose in modo da trovare somiglianze dove apparentemente non ce ne sono affatto. Potrei parlarvi del programma di Klein o di quello di Langlands, che nascono appositamente per trovare le somiglianze tra campi della matematica che si sono sviluppati indipendentemente e per conto loro, oppure della teoria delle categorie: ma non ne saprei abbastanza per darvi una spiegazione comprensibile, e quindi mi limiterò a esempi davvero terra terra.

Quando possiamo dire che nasce la matematica? Con il concetto, anche se inizialmente fumoso, di numero naturale. A un certo punto la razza umana si è accorta che per essere certi di non essersi persa qualche capra dopo che le si era portate al pascolo si poteva prendere un certo numero di sassolini, metterne in un sacchetto uno per ciascuna capra che al mattino usciva dal recinto e toglierne uno per ogni capra che era rientrata. Se alla fine non c’erano più sassolini le capre c’erano ancora tutte. Ma questa operazione significa che le quarantadue capre e i quarantadue sassolini devono somigliarsi in qualcosa. I sassi non belano, non tirano calci e non fanno latte: ciò che hanno in comune è appunto il “quarantadue”. Noi siamo abituati a trattare i numeri, e non facciamo nemmeno più caso a questa somiglianza: ma chi se n’è accorto per la prima volta deve avere avuto una specie di choc nel riuscire a fare questo passo, piccolo per un uomo ma enorme per l’umanità. Vediamo lo stesso approccio nella misurazione dell’altezza della piramide di Cheope fatta da Talete usando un bastone di altezza nota e confrontando la lunghezza delle ombre. Il bastone è essenzialmente monodimensionale, mentre la piramide di dimensioni ne ha chiaramente tre. Però per quello che vogliamo fare la differenza è irrilevante, e tutto quello che ci serve è il teorema (di Talete, appunto) sulla similitudine dei triangoli: anche stavolta abbiamo una somiglianza. Più in generale, la battuta sui matematici che non appena trovano un risultato cercano di generalizzarlo non è una battuta, ma un esempio di ricerca di somiglianza. Qual è il nocciolo del risultato appena ottenuto? Quali sono i casi simili in cui potremmo applicare questo nocciolo, magari con qualche semplice modifica?

Una curiosità: quando si dà una definizione di matematica, in generale non si parla di somiglianze ma di astrazione, sia nel senso più terra terra “la matematica è qualcosa di troppo astratto” che in quello un po’ più tecnico “la matematica crea un modello astratto di una situazione del mondo reale”. Io invece preferisco evitare il termine “astrazione”, proprio perché ritengo che persino le teorie più astratte nascono da esempi concreti da cui si vogliono estrarre le parti più simili. (D’accordo, d’accordo: il concetto di “concreto” per chi fa matematica spesso non appare affatto concreto, ma ricordate che buona parte dei matematici ancora oggi è platonista, e quindi gli enti matematici hanno una loro concretezza). Pensare alla matematica come ricerca di somiglianze, infine, può anche spiegare come mai tantissime persone dicono di non capire la matematica. Intuire che c’è qualcosa in comune tra due cose apparentemente diverse spesso non è facile, e richiede di pensare fuori dagli schemi: la scuola sicuramente non ce lo insegna, né in effetti saprei come farlo. Tutto ciò è tra l’altro indipendente dal “fare i conti”, e soprattutto non è ancora al momento automatizzabile. Insomma, avere svelato il segreto è solo un punto di partenza. Ma forse sapere da dove partire potrà aiutare a vedere anche voi la matematica in modo più favorevole, lasciando i conti ai computer e apprezzandone le cose davvero interessanti!

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Maurizio Codogno, noto online come .mau., è nato a Torino nel 1963, e si è laureato in matematica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e successivamente in informatica a Torino. Autore di numerosi libri di divulgazione scientifica, tra cui “Matematica in pausa caffè” e “Chiamatemi Pi Greco”, ha il suo blog “Notiziole di .mau.” dall’inizio del millennio ed è stato curatore della collana di libri Matematica di Gazzetta dello Sport e Corriere della Sera.

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