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Marco Abate è un matematico 47enne ordinario di geometria presso l’Università di Pisa. Ma è anche, nel quasi inesistente tempo libero, autore di  racconti e sceneggiature di fumetti. Al suo attivo molte storie, pubblicate tra l’altro da Star Comics e Sergio Bonelli editore.

Qual è il suo campo di studi matematici?

Geometria complessa, e in particolare i sistemi dinamici olomorfi.

Quando ha cominciato a dedicarsi alla matematica? c’è qualche aneddoto che può raccontarci, che l’ha ‘stimolata’ a intraprendere questo percorso?

Mi e’ piaciuta fin da bambino. Ricordo ancora mio padre che mi raccontava il teorema di Pitagora usando le piastrelle di una veranda al mare, ero ancora alle elementari… e il piacere provato quando (avevo circa 10-11 anni) mi accorsi che la somma dei primi numeri dispari dava sempre un numero quadrato… ma sicuramente un ruolo cruciale e’ stato svolto dai libri di Martin Gardner, che ho letto verso i 14-15 anni.

Quando e com’è nata la sua passione per la scrittura?

Piu’ o meno nello stesso periodo di quella per la matematica… cosa forse piu’ comprensibile, visto che mio padre era giornalista. Da piccolo “pubblicavo” riviste fatte in casa con i miei racconti dell’epoca… poi crescendo ho continuato a scrivere: racconti, avventure per Dungeons & Dragons, mystery parties, sceneggiature per fumetti… e no, non ho un romanzo nel cassetto (ma una sceneggiatura cinematografica sì).

Che tipo di storie scrive?

Non facendolo per professione, e avendo poco tempo per farlo, cerco di scrivere solo storie che sento profondamente, il cui contenuto per qualche motivo stimoli corde importanti del mio essere.

Come mai ha scelto la sceneggiatura di fumetti, come forma di narrazione?

Non e’ l’unica forma che uso; anzi, negli ultimi anni la mia (scarsissima) produzione narrativa e’ stata principalmente di racconti. Comunque, i fumetti mi sono sempre piaciuti (fin da piccolo…). Negli anni ’90 la Star Comics indi’ un concorso per la creazione di supereroi italiani, e decisi di provare a sottoporre qualcosa. Non se ne fece niente, ma mi resi conto che scrivere sceneggiature mi piaceva; quindi continuai, e inviai qualche prova ad Ade Capone, che fu cosi’ gentile da rispondere e da fornirmi critiche e consigli che sono stati per me fondamentali. Dopo un anno circa gli proposi il soggetto de “Il lemma di Levemberg”; gli piacque, e cosi’ comincio’ l’avventura…

Nei fumetti comunica la matematica?

In un paio di casi (“Il lemma di Levemberg” e’ l’esempio migliore) ho costruito la storia usando anche (ma non solo) idee prese dalla matematica, che sono per quanto possibile spiegate all’interno del racconto.

Consiglierebbe questa come forma di divulgazione su cui puntare?

Dipende dal livello di divulgazione a cui si vuole puntare. Il fumetto e’ un mezzo di comunicazione che mescola una importante parte visuale con una non secondaria parte verbale; come tale puo’ funzionare bene per attirare il lettore e incuriosirlo nei confronti di vari argomenti. Da questo punto di vista permette una maggiore riflessione da parte del lettore rispetto a mezzi quali la televisione o il cinema. Ma in ogni caso la parte visuale è spesso difficilmente adattabile alla comunicazione di concetti astratti. Per una divulgazione più approfondita della matematica la parte verbale deve prendere il sopravvento, e allora il fumetto non è più adatto.

Lei ha tenuto un ciclo di seminari Perché Nobel?: come e perché si vince un premio Nobel?

Ah, saperlo…

Ora sta lavorando su qualche nuova storia a fumetti?

No, non ne ho davvero il tempo, quindi non posso dare nessuna anticipazione su storie future. Ma sul mio sito web www.dm.unipi.it/~abate  nella sezione Fumetti si può trovare una mia storia inedita disegnata da Fabio Bartolini qualche anno fa, che continua a sembrarmi piuttosto ben riuscita.

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