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Dopo la laurea in Matematica e due anni di borsa di studio al CNR, Maria Rosa Menzio decide di prendere una specializzazione in Filosofia della Scienza e si dedica alla diffusione della scienza attraverso varie modalità espressive. E’ direttore artistico da diversi anni della rassegna “Teatro e Scienza” di Torino. La matematica è la base della sua attuale atività e della sua vita, “ il ‘fiato’ matematico che occorre per dosare realtà e fantasia …”

Dove si è laureata e perché ha scelto matematica?

A Torino, e ho scelto matematica perché mi sembrava la materia meno complicata, senza incertezze. Poi… volevo studiare l’infinito.

Quale materia le piaceva di più?
Fisica matematica, in particolare la teoria della relatività

Dopo la laurea ha avuto altre esperienze in campo strettamente matematico?
Due anni di borsa di studio CNR, poi quattro anni di insegnamento nelle superiori.

C’e’ un teorema che porta anche il suo nome, come mai ha deciso di abbandonare la ricerca matematica?
Il teorema è frutto di una collaborazione occasionale nella geometria simplettica, che è la base matematica della meccanica quantistica. A me in realtà piaceva molto la ricerca sulla relatività generale, ma non c’era posto, né concorsi che vi si avvicinassero. Mi hanno proposto di andare in Canada a proseguire gli studi di geometria simplettica, ma io ho rifiutato.

Cosa è per lei il “Teatro e Scienza”?

Il modo per avvicinare le persone alla conoscenza e alla scienza con tutta la forza graffiante del teatro. Il teatro e’ il mezzo di “divulgazione” per la scienza o e’ anche altro? La parola d’ordine per me è EMOZIONE. Divulgare lo può fare un libro, una conferenza, ma l’indimenticabile imprinting che dà il teatro è pura energia dionisiaca.

Come entra il ragionamento matematico nelle sue opere teatrali e nella sua attività di insegnamento?

In modo molto colloquiale, senza formule ma con tanto entusiasmo. In un corso ho addirittura paragonato una poesia di Omar Khayyam e la dimostrazione di un teorema sull’uguaglianza di triangoli, per il tipo di emozione cognitiva che suscitano entrambi.

Ho letto che nelle sue rappresentazioni teatrali sulla vita di celebri matematici le parti teoriche vengono raccontate con estrema pecisione, qual e’ la reazione del pubblico?

Il pubblico ama essere informato, vuole certezze e se gliele si racconta non in modo arido ma solo in nuce, in quel momento in cui la lampadina si accende per una rivoluzione scientifica, per un cambiamento di prospettiva, allora sì che lo si emoziona! La scienza è bella, se raccontata con passione e con metodi inusuali (tombole matematiche, leggende fra magia e realtà, paradossi…): l’Infinito di Leopardi e quello di Barrow messo in scena da Ronconi vogliono entrambi avvicinarsi a un limite estremo!

C’è mai stato un momento in cui si è pentita di aver studiato matematica o ritiene sia la base fondamentale della sua attuale attività?

E’ la base della mia attività e della mia vita. Il “fiato” matematico che occorre per dosare realtà e fantasia, scienza “dura” e vita reale oppure libro dei conti e magia, detto “fiato” è lo stesso che colloca gli zeri di una curva algebrica.

 

(intervista raccolta da Maya Briani)

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