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Molti concetti matematici in realtà non sono altro che il frutto della formalizzazione e/o della precisazione di “oggetti” concreti. Possiamo considerare, per esempio, il concetto di ‘distanza’.

“Quanto dista casa mia dal lavoro”, “Quanto tempo impiego per arrivare in un certo posto”, etc sono tutti pensieri che comunemente, spontaneamente, sorgono nella nostra mente.

Ci sono tanti ‘tipi’ di distanze. Una distanza in linea d’aria, per esempio, è diversa da quella che si copre seguendo una strada. Oltre alle distanze di fisiche ci sono poi le distanze temporali e anche lì la situazione può essere di vari generi: Quanto tempo impiegherò? Andrò a piedi, in macchina, in moto, con l’autobus?

Ogni distanza è relativa ad un problema, ad una situazione diversa. Questa è una caratteristica della matematica: scoprire che quantità che si introducono in contesti diversi, sono alla fine esempi concreti di uno stesso concetto astratto. E’ da lì che segue la definizione, cioè che si arriva all’operazione di definire precisamente che cosa indica una certa parola.

Si battezza allora “distanza” un oggetto che ha determinate proprietà, in modo da rendere chiaro ed inequivocabile per tutti cosa possa essere considerato distanza e cosa no. Si tratta di determinare un vocabolario comune con tutti quelli che si occupano dell’uso del linguaggio matematico.

La più importante proprietà della distanza è una proprietà di “minimizzazione”. L’idea è che la distanza sia sempre quella che corrisponde al minimo valore rispetto a tante strategie possibili.
Se, per esempio, chiedo la distanza da Roma a Firenze, mi riferisco alla strada minima che devo percorrere, non mi viene in mente di dire la strada che devo
fare passando per Napoli o per Milano, ma cerco la strada più diretta.
La codifica, la formalizzazione, di questa proprietà di minimizzazione è data dalla
cosiddetta disuguaglianza triangolare: la distanza da Roma a Firenze è minore (o al più uguale) della strada che devo fare da Roma per andare ad una terza località più quella che devo fare per andare da questa località a Firenze. Passare per una terza località non può accorciare il percorso (alla meglio la lunghezza è la stessa).

In genere, inoltre, si riconoscono un altro paio di proprietà alla distanza. Una di queste è che punti diversi si trovano sempre a una distanza positiva (insomma, si vieta il dono dell’ubiquità e/o la possibilità del teletrasporto).
Un’altra è quella della simmetria: per andare da Roma a Firenze devo fare gli stessi
chilometri che devo fare per andare da Firenze a Roma. Ma ci sono casi, nella vita reale, in cui la simmetria non è verificata. Pensiamo al caso della disposizione dei sensi unici: alle volte andare in macchina da un posto ad un altro può essere molto più breve che fare il percorso a ritroso…

Infine ci chiediamo: che vantaggio c’è ad introdurre il nome di distanza?
Essenzialmente, quello di vedere sotto uno stesso punto di vista problemi diversi.
Oggetti e quantità introdotte in un caso possono essere infatti trasportate ad un altro e la cosa può essere estremamente proficua.  Insomma si spera (e spesso succede) di risolvere due problemi al prezzo di uno. Una pura questione di convenienza…

 

Corrado Mascia

 

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