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In questi primi giorni di settembre, mentre i bagnini sono già impegnati a riporre sdraio e ombrelloni per la prossima stagione, ai tavolini dello stabilimento balneare di Viareggio vedo bambini e ragazzi di tutte le età intenti a compitare con occhi spiritati, pagine e pagine di esercizi di matematica apparentemente di una noia mortale (ho evitato di indagare troppo, bastavano gli occhi spiritati). Alcuni di loro in realtà non hanno mai smesso durante l’estate. Questi ragazzi sono un esercito in marcia, l’esercito dei futuri (e attuali) odiatori della matematica.

In questo aggiornamento di Maddmaths! abbiamo aperto un Forum per cercare di raccogliere qualche idea per rendere più attraente l’insegnamento della matematica. Vi invitiamo a partecipare proponendo le vostre idee, ma che siano concrete, e le vostre esperienze, anche solo immaginarie. Che ci sia un problema lo sappiamo tutti. Nonostante gli sforzi eroici di alcuni (molti) insegnanti validi e preparati, la quasi totalità degli studenti rimane con un’impressione profondamente sbagliata. Dopo 13 anni di studio (5 di elementari+ 3 di medie + 5 di superiori), la maggior parte delle persone, non solo in breve tempo avrà grosse difficoltà a fare un ragionamento matematico che vada al di là delle quattro operazioni (fate un test con un trentenne medio su cosa si ricordi della matematica studiata a scuola), ma soprattutto avrà sviluppato un’incredibile avversione verso questa scienza, che solo nel migliore dei casi si declinerà in un semplice riconoscimento di inadeguatezza (“proprio non la capivo”) con annesso senso di colpa, quando non si sarà trasformata in un vero e duraturo disgusto (e odio verso i professori di matematica). È vero, questo succede un po’ per tutte le materie. I capolavori della letteratura italiana e straniera, una volta passati per il “tritacarne scolastico”, difficilmente conserveranno il loro fascino (tranne “L’infinito” di Leopardi, che è breve e tutti se lo ricordano). Ma per la matematica questo problema è sicuramente più marcato.

Ha ragione Paul Lockart nel suo ” A mathematician’s lament” (tradotto in Italia con il titolo un po’ disorientante di “Contro l’ora di matematica“) quando dice che il metodo usato per l’insegnamento della matematica oggi corrisponderebbe per la musica a imparare tutta la notazione musicale e le regole dell’armonia senza mai arrivare a suonare una nota. Manca la capacità di affrontare dei problemi interessanti, e ci si concentra molto sulla nomenclatura (ascissa e ordinata, numeratore e denominatore, quoto (sic! mi sono dovuto far spiegare cosa fosse), apotema, minuendo (una forma di danza barocca?) e sottraendo, equazioni numeriche fratte), e su regole abbastanza inutili. Le regole sulle proporzioni che confondono solo le idee e poi, dopo un anno di esercizi, non si trova un adulto che capisca le percentuali. L’inutile regola di Ruffini. Le formule di prostaferesi, senza mai far vedere cose interessanti come il calcolo della distanza di oggetti reali con la trigonometria. La razionalizzazione, che forse nasce nei tempi in cui i numeri irrazionali non erano ben capiti e accettati, ma che non ha senso in nessun contesto moderno (ma perché non dovrei dividere per radice di 2?). Una matematica arbitraria, mnemonica (mnemonica?? eh sì) che spegne le idee e si presenta con la spigolosità e anche il fascino di un contratto assicurativo dove siamo sempre noi ad avere le peggio (e un sacco di roba è scritta piccola piccola). Non ci si abitua ad avere delle idee, a impostare i problemi, a capire le connessioni tra le cose e mancano del tutto l’immaginazione e la fantasia,  che invece sono quello che caratterizza la matematica.

Cosa si può fare allora concretamente per cambiare le cose? Di idee ce ne sono tante in giro, e speriamo di nuove ne emergano nel nostro Forum. Io intanto mi sono letto il bellissimo libro Matematica e Realtà di Emma Castelnuovo e Mario Barra (del 1976, ristampato nel 2000). Contiene i materiali del laboratorio svolto dal gruppo della Castelnuovo presso la scuola media (sic!) Tasso di Roma nel 1974. Ci sono rettangoli di area massima (ma anche solidi di volume massimo), il bellissimo Teorema di Pick (lo conoscete?), variazioni esotiche sul teorema di Pitagora (tipo le lunule di Ippocrate), Fibonacci, le spirali, le serie convergenti e divergenti (arisic!), alcune proprietà bellissime della cicloide, definita come “la curva percorsa dalla vavola della nostra bicicletta” (per esempio si dimostra che l’area sotto la cicloide è 3 volte l’area del cerchio che la genera, cosa che Galileo ai suoi tempi non riuscì a calcolare), la topologia con la Formula di Eulero, i grafi e il problema dei ponti di Königsberg (ariarisic!).
Scrive la Castelnuovo, a proposito della Cicloide, subito dopo aver riportato la definizione presa da un testo universitario: “La definizione è concisa e rigorosa, ma nello stesso tempo arida e priva di ogni suggestione. Suona quasi comeuna frettolosa necrologia della cicloide stessa, e, tacendo sulle notizie storiche, le applicazioni e le proprietà di cui gode, viene presentata come un argomento di studio cervellotico, senza motivazioni. In particolare, si prescinde dalla considerazione che, per studiare bene qualsiasi cosa è necessario, se non proprio l’amore per l’argomento, almeno l’apprezzamento, la simpatia o il riconoscimento di un’utilità concreta. Inoltre spesso, avendo a disposizione degli strumenti molto potenti, si tende a limitare il piacere del ragionamento particolare e a soffocare l’intuizione e il saper vedere la matematica.”

Insomma servirebbe, da parte degli insegnanti in primo luogo, la riscoperta del senso del divertimento nel fare matematica. E svegliare le energie nascoste dei ragazzi, che di solito, quando si parla di matematica, entrano nel panico e bloccano qualsiasi processo mentale. Come dice Terence Tao nell’articolo tradotto dal suo blog che presentiamo in questo aggiornamento, tra le qualità che un matematico deve sviluppare c’è sicuramente la capacità di fare domande stupide. Oggi questo non è incoraggiato nella scuola, e forse è da lì che bisogna ricominciare. Togliere la matematica dal piedistallo e portarla a spasso in cortile, tra l’altalena e i giochi con la palla. Che se fosse un disegno, non sarebbe la copia di quadri di autori famosi, ma disegni di bambini pieni di fantasia, magari solo scarabocchi colorati. Che se fosse una musica, sarebbe imparare a trovare la propria, anche cominciando solo dal fare un rumore sgradevole per vedere l’effetto che fa, seguire un ritmo stupido che poi a un certo punto si fa interessante. Una matematica in cui si possa provare a dividere per zero e capire come questo comporti dei problemi (in fondo è da lì che sono partite le derivate, no?). Dove non ci siano “trucchi” o “regole”, ma ragionamenti e intuizioni. Una matematica che porti a “vedere” e “capire” e non solo a “calcolare”. Una matematica forse un po’ meno formale e un po’ più sostanziale. Il rigore sarà anche importante in matematica, ma temo che per ora gli studenti vedano soprattutto il rigor mortis.

di Roberto Natalini

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