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Nicola Ciccoli ci presenta il suo diario di bordo di questi mesi di didattica universitaria a distanza. Un racconto appassionante di come si possa ripensare la propria professione. Questa è la sesta e ultima puntata. Tutte le puntate le trovate a questo link.

Musica a volontà

Dopo le prime tre lezioni, dopo aver scelto i pezzi musicali e deciso che li avrei messi non commentati, nonostante ciascuna scelta corrispondesse a delle specifiche motivazioni, ho deciso che non aveva troppo senso costringere i miei studenti a fare un viaggio attraverso i miei gusti musicali personali.

Si, certo, poteva essere per loro un modo per conoscermi meglio; ma il background culturale legato a ciascuna canzone è molto diverso per me o per loro. Se per me un pezzo degli anni ’80 rappresenta uno stralcio di giovinezza, per loro rappresenta archeologia musicale, qualcosa di analogo a ciò che provo io sentendo le canzoni di Modugno degli anni ’50. Allora ho chiesto a loro di indicarmi dei pezzi da mettere, ho chiesto a loro di guidarmi nella scelta della musica. Pur con le comprensibili timidezze sono iniziate ad arrivare risposte e indicazioni, e la musica ha continuato ad aprire (con un paio di eccezioni dovute a problemi tecnici) le nostre lezioni, andando a comporre una buffa compilation.

A un certo punto nella seconda metà del corso le indicazioni sono cessate e stanco di dover sempre sollecitare risposte ho riniziato a improvvisarmi DJ. La reazione dei ragazzi alla scelta di aprire le lezioni con un pezzo musicale, riportate nei diari di bordo, sono chiarissime.

  • Azzurra: Sono stata piacevolmente colpita quando ho visto che la lezione è iniziata con una canzone.
  • Alberto: Infine sono stato colpito in senso positivo dai Nirvana a inizio lezione il Giovedì. Iniziare la lezione con un po’ di musica è, almeno personalmente, un modo per rimanere molto più concentrato e di questi tempi di didattiche in telematica la concentrazione è come l’oro.
  • Luigi: Infine, rileggendo le parti di diario precedenti, mi sono accorto di non aver mai espresso un’opinione riguardo alla musica che ci tiene compagnia prima dell’inizio di ogni lezione. Non è strettamente connesso con la geometria ma ci tengo comunque a dire che la trovo una cosa geniale e dagli effetti incredibilmente benefici considerando la facilità con la quale viene messa in pratica. Non solo ci permette, in un modo completamente diverso dal solito, di far “emergere” la nostra personalità attraverso i gusti musicali, ma getta anche le basi per un vero e proprio ambiente piacevole, che, in un periodo in cui il distanziamento e l’impossibilità di fare lezioni in compagnia si fanno sentire sempre di più, riporta in superficie quella sensazione di felicità e spensieratezza che ho ahimè sempre data per scontata.
  • Marcella: Fin da subito mi piace l’approccio del prof che a inizio lezione, con una semplice canzone, ci mette a nostro agio: Nirvana-Smells like teen spirit. Nonostante le difficoltà che la pandemia ha portato, riscopro una bellezza nelle lezioni e penso: che carica!!

E’ stato abbastanza divertente scoprire, dopo la fine del corso, che non sono stato l’unico ad avere questa idea e che anche in altre aule virtuali di matematica alcuni miei colleghi abbiano avuto l’idea di analoghe iniziative.

La playlist del corso

Note storiche e biografiche

Per ciò che riguarda le note storiche e biografiche non ho seguito una regola ma l’ispirazione del momento. Come già detto le divagazioni biografiche principali hanno riguardato V. Jones e M. Mirzakhani (non casualmente matematici di entrambi i sessi). Spesso comunque, quando a un Teorema o a un oggetto matematico è stato associato un nome ho cercato di spendere un paio di parole sulla persona corrispondente. Direi che le risposte seguenti sono esplicative degli obiettivi che mi proponevo [da notare che una delle risposte è praticamente una spiegazione del significato della espressione: role-model.] e che considero pienamente raggiunti:

  • Marcella: La cosa bella di tutto il racconto fatto [qui si riferisce a Vaughan Jones] va anche oltre la parte matematica che stiamo affrontando, soprattutto per il modo in cui il professore stesso ne parla, raccontando di lui non solo come matematico ma come persona.
  • Alberto: Tra queste quella che di gran lunga mi ha aperto più gli occhi è stato il nominare il matematico da poco scomparso Vaughan Jones. Questo breve ma profonda digressione mi ha fatto riflettere parecchio: tutti noi da bambini ci siamo appassionati ad uno sport guardando i più grandi campioni (contemporanei e del passato) giocare sugli schermi: da Ronaldo a Lebron James; qualsiasi sport regalava passione e motivazione che si concentrava poi nel voler diventare proprio come quei campioni, e molto spesso gli sport di maggior “successo” erano (e sono ancora oggi) proprio quelli che sanno trasmettere meglio questa passione. Invece in quel momento mi sono reso conto che era la prima volta in assoluto che sentivo parlare di un matematico dei nostri tempi, e per di più non solo di teoremi o scoperte, ma anche di personalità, passioni e modi di vivere. Non so perché sia diventato così raro affrontare argomenti del genere, sono però sicuro del fatto che in generale divagazioni di questo tipo possano (oltre che rompere la classica monotonia del “Proposizione, definizione, teorema, dimostrazione”) fornire appunto motivazione e passione, illuminandoci un obbiettivo da raggiungere.
  • Francesca: Questo approfondimento è particolarmente importante perché fu lei la prima donna a vincere la medaglia Fields per la matematica. Mi ha fatto sorridere che la figlia pensasse che fosse una pittrice […] perché aveva bisogno di disegnare molto.
  • Irene: Una cosa che ho apprezzato molto è stato l’excursus sulla matematica iraniana Maryam Mirzakhani che, tra i suoi lavori, si dedicò anche alle geodetiche chiuse. In particolare il professore ci ha letto una sua frase, la quale dice che la matematica si mostra nella sua bellezza solo ai suoi seguaci più pazienti. Ebbene, ritengo che questa frase sia molto veritiera, perché spesso nel corso di questi anni universitari, mi sono trovata a dover studiare cose delle quali non vedevo utilità, che per me in matematica è anche sinonimo di bellezza, e la cosa mi buttava giù di morale, sino a farmi pensare di cambiare strada.[Fa riflettere leggere queste ultime righe, soprattutto sulle modalità di una, a mio giudizio malintesa, caratteristica delle attività di orientamento, troppo spesso confuse con la divulgazione e che finiscono per promettere agli studenti cose che i corsi di laurea solo parzialmente riescono a mantenere]
  • Davide: L’aspetto più interessante che ho trovato in questa sfigura è la grandissima libertà nel fare matematica: il suo definirsi “slow” mathematician, ma anche l’uso di quei fogli giganti. [..] Mentre Maryam, tra tutti questi giganti, si definisce “slow”; sembra quasi assurdo.[…] In conclusione mi sento molto ispirato da questa matematica, e spero di poter essere di ispirazione per qualcuno almeno un decimo di quanto lei lo è per me.

Un seminario di Maryam Mirzakhani

 

Vedersi e non toccarsi

Come detto l’aggravarsi della situazione del Covid ha reso impossibile incontrarsi fisicamente anche se all’aperto, come avevo pianificato di fare. Ho cercato di ovviare proponendo ai ragazzi un primo video party all’inizio di Ottobre e un secondo video party per gli auguri di Natale. Alle fine della lezione, video camere accese e un brindisi comune. Credo che dell’idea sia passato soprattutto l’intento. Troppo timido io, troppo difficile il contatto per videocamera, troppa distanza tra noi. Ha prevalso un po’ di imbarazzo. Ma poter associare a qualche nome il relativo viso (e sorriso) è stato utile e motivante soprattutto per me. Le loro reazioni sono simili alle mie:

  • Maurizio: Funfact: Martedì abbiamo fatto un videoparty con il professore: è stato imbarazzante da un lato ma mi piacerebbe provare a rifarlo anche più avanti.
  • Teresa: Martedì pomeriggio abbiamo fatto un video-party. Ho apprezzato tanto questa idea, perché mi manca proprio il rapporto interpersonale. Il professore non lo sa (e ora lo leggerà) ma avevamo preparato ognuno anche vino e patatine per fare aperitivo tutti insieme, però la situazione poi era un po’ imbarazzante, perché nessuno iniziava a parlare e quindi alla fine non abbiamo comunicato al Prof. le nostre intenzioni. Personalmente non sono una persona timida, ma devo ammettere che lo schermo davanti mi ha reso molto silenziosa. Però, potrebbe essere una bella idea rifarla.
  • Gioia: ho acceso la videocamera e ho parlato, anche solo per venti secondi […] la cosa mi ha dato molto sollievo. Una persona che voleva conoscere i suoi studenti.

Un ringraziamento di cuore a chi ha stappato vino e aperto panettoni per l’occasione. Non vedo l’ora di riuscire a brindare in vostra compagnia!

Ho infine ricevuto questo feedback sul materiale caricato relativo ai metodi di studio. Roberto mi scrive: Un aspetto che esula un po’ dal programma del corso ma a cui voglio dedicare due parole è quello dei video caricati dal prof in Unistudium riguardanti il come prendere appunti e il come studiare una dimostrazione. Avrei voluto vedere questi video magari all’inizio del primo anno perché penso che diano consigli e strumenti essenziali per la “vita” di un aspirante matematico e credo che mi sarei risparmiato molte fatiche e preoccupazioni. A mio avviso, a riguardo andrebbe dedicato non dico un corso, ma almeno 4/5 ore (magari durante i pre-corsi) al come affrontare lo studio della vera matematica, dell’approccio alle dimostrazione ed all’avvio della costruzione di una forma mentis matematica (che è anche un obiettivo del corso di laurea), poiché, secondo la mia esperienza, le matricole e i nuovi studenti di matematica non sono abituati a questa tipologia di rigorosità e ragionamento che lo studio della matematica richiede.

Mi sembra uno stimolo importante su cui forse, nei nostri Dipartimenti, sarebbe utile avviare una riflessione. Dopo tutto dare per scontata la capacità, per i nostri studenti, di imparare velocemente e da soli un metodo di studio che non può che essere radicalmente diverso da quello a cui erano abituati al tempo della scuola secondaria superiore è probabilmente poco funzionale allo scopo che ci proponiamo.

Conclusioni

Forse parlare di conclusioni è un po’ esagerato: in fondo le reazioni che ho avuto sono limitate a un 60% degli studenti frequentanti e manca ancora il riscontro finale di molti esami. Ma certamente mi sento di fare alcune considerazioni sull’esperienza vissuta.

Anzitutto le note dolenti. Un corso svolto in questo modo è troppo oneroso per il docente, se questi è solo. Alcune delle attività non sono state completate non tanto dagli studenti quanto da me, nel modo in cui avrei voluto. Alcune difficoltà personali, legate all’epidemia, hanno certamente contribuito a rendermi meno semplice la mia parte del lavoro e certamente avere le note del corso già tutte pronte e disponibili sin dal primo giorno avrebbe parecchio semplificato le cose. Ma la valutazione formativa non è uno scherzo. Una correzione di 15 elaborati non standard, comprensiva di dettagliate indicazioni individuali, richiede come minimo una decina di ore di lavoro, probabilmente più. A questo si aggiunga che la eterogeneità dei formati di consegna dei compiti mi ha aggravato del compito ulteriore dei tempi tecnici di apertura di file diversi e modi per commentarli (facile commentare un .pdf, difficile commentare un .jpg, complicato restituire un file quando preparato con sistemi operativi diversi). Purtroppo al terzo anno non è possibile dare per scontato per tutti l’utilizzo di LaTeX, cosa che potenzialmente avrebbe reso le cose più semplici.

Avrei voluto poter dare più esercizi, non tanto per aumentare il carico, già sostanzioso [Per chi pensasse che tra musica e divagazioni il corso sia stato una passeggiata posso offrire rassicurazione: più di uno studente lo ha definito nel suo diario un corso estremamente impegnativo], del corso quanto per consentire di fare una esperienza di lavoro approfondito anche sugli argomenti delle ultime lezioni. Non è stato possibile per limiti di tempo ed energie.

Anche la parte di valutazione formativa del progetto, come detto, è stata meno approfondita di quello che avrei voluto e il numero di feedback è andato calando con il progredire delle lezioni, mentre sarebbe dovuto accadere l’esatto contrario. Penso che un corso che voglia tenere assieme consegne continuative di esercizi durante le lezioni e una decente valutazione formativa sia necessaria la presenza di uno o più tutor ben preparati.

Scrivere su carta è sempre un buon modo per aiutare le proprie riflessioni.

Veniamo alle note positive. Quasi tutte le altre. Credo che in un anno così difficile l’unico modo per ricreare una esperienza di istruzione significativa e in cui la relazione umana non rimanesse sacrificata fosse quello di sperimentare e ciò che ho vissuto mi ha rafforzato nella idea. In parte ne ho la controprova. Ho tenuto un altro corso parallelamente a questo in maniera assai più tradizionale e a dispetto della mia buona volontà il rapporto personale con gli studenti ne ha sofferto. Se volevo risposte sul piano delle parole d’ordine che le riflessioni di Su mi avevano stimolato posso dire di averle trovate. Gli studenti hanno reagito con entusiasmo e disponibilità e hanno mostrato un sincero interesse. Questo, almeno, gli studenti che sono riuscito ad agganciare. Non scordo, ovviamente, che una quota dei miei studenti è rimasta nascosta, dietro telecamere spente e senza interazione con le attività del corso. Cercherò di capirne le motivazioni (comunque tutti sappiamo che i nostri studenti non seguono con la stessa intensità tutti i corsi che frequentano). Ho imparato molte cose su ciò che gli studenti trovano facile e difficile del mio corso, su quali sono gli ostacoli alla comprensione di alcuni concetti, su come il corso appare quando visto dall’altra parte dell’aula – ops, dovrei dire dello schermo?

Chiudo con una ultima citazione di un diario di bordo. Quella di Valeria che dice: mi sono mancati i compagni, gli stimoli delle lezioni in presenza e quei banchi sulle scale su cui passavamo ore a studiare assieme. Capisco e sottoscrivo e non posso che apprezzare il modo in cui i ragazzi che hanno seguito il corso hanno saputo convivere con le difficoltà, la pazienza che hanno avuto nei miei confronti e le grandi lezioni che mi hanno saputo dare. Queste note non sono che un pallido riflesso della vivida emozione che mi hanno restituito con il loro lavoro; spero di averlo riportato comunque in maniera almeno un po’ fedele. Non sarà un corso che scorderò facilmente.

6-Fine

 

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