Pietro Di Martino, didattico della matematica, rivolge un appello ai ministri Messa e Bianchi sulla necessità di fornire un percorso adeguato di formazione agli insegnanti di scuola secondaria, che da troppi anni è assente nel nostro paese.
Clicca qui per firmare la petizione di sostegno a questa lettera!Cara ministra Messa, caro ministro Bianchi,
so che non dovrei iniziare in questo modo una lettera formale rivolta a Voi, ma questo è un appello accorato e molto sentito, e spero dunque mi perdonerete. Sulla stampa e in rete ormai quasi ogni giorno escono indiscrezioni preoccupanti sul tema fondamentale della riforma della formazione iniziale degli insegnanti di scuola secondaria (di primo e secondo grado), sulla quale si dice che i Ministeri da voi condotti stiano lavorando. Forse tali indiscrezioni, che immaginano percorsi fai-da-te durante il percorso di laurea o addirittura post-immissione in ruolo, sono confezionate ad arte, ma sento la necessità – e spero come me tanti altri – di condividervi le mie preoccupazioni.
È curioso come nel dibattito pubblico ci si lamenti sempre più frequentemente della scarsa preparazione degli studenti, preoccupandosi delle conseguenze socio-economiche e culturali di tale scarsa preparazione e tipicamente attribuendo la responsabilità principale di questa situazione agli insegnanti. Da una parte, dunque, si svilisce la funzione fondamentale e la professionalità del corpo insegnante, dall’altra si richiedono sempre più competenze in ambiti diversificati e si attribuiscono sempre più responsabilità agli insegnanti, senza che sia previsto alcun percorso specifico di formazione iniziale alla professione. Siamo attualmente l’unico Paese in Europa senza un serio (e sottolineo serio) percorso di formazione pre-immissione in ruolo per gli insegnanti di scuola secondaria (per l’infanzia e la primaria è necessaria un’apposita laurea magistrale a ciclo unico…).
Nell’ultimo periodo si sta parlando di istituire finalmente un percorso di formazione iniziale per gli insegnanti, dovrei esserne felice, ma, come scritto all’inizio, le notizie che escono sono in realtà estremamente preoccupanti. In particolare, l’aspetto sostanziale: “come pensiamo dovrebbe essere un percorso serio di formazione pre-immissione in ruolo degli insegnanti?” nel dibattito emerso sembra essere ausiliario (sparisce quasi) di fronte alle discussioni su come sviluppare questo percorso per “non disturbare”. Non disturbare chi tra i docenti universitari è preoccupato per l’istituzione di lauree magistrali specifiche per l’insegnamento (un giorno poi qualcuno mi spiegherà il perché), non disturbare chi non vuole un anno di specializzazione post-laurea perché, a suo parere, il percorso complessivo richiederebbe troppo tempo. E qui arriva la mia prima accorata richiesta, cara ministra, caro ministro: non usate, almeno Voi, la frase “troppo tempo / perdita di tempo” in nessun caso quando parlate di eventuali percorsi formativi, in particolare non la usate in relazione ai percorsi formativi di coloro che, una volta insegnanti, dovranno condividere con gli allievi l’importanza della formazione e del tempo a questa dedicato.
Le indiscrezioni (e i documenti ufficiali di alcuni consessi) fanno trapelare possibili proposte veramente mortificanti: si parla addirittura di formazione iniziale relegata esclusivamente all’anno di prova o di “allargamento” dei famosi 24CFU a 60 CFU spalmati nei percorsi universitari.
Tali soluzioni restituiscono un’idea della formazione iniziale e della sua rilevanza francamente avvilente. Una formazione iniziale seria degli insegnanti deve essere sviluppata prima dell’immissione in ruolo, co-progettata e portata avanti assieme tra scuola e università, e sicuramente non può essere concepita come un fai da te, una sorta di raccolta punti di crediti universitari. Non può essere concepita senza immaginare un percorso coerente, unitario e sviluppato creando una comunità, un gruppo di persone che condividono gli stessi spazi, lo stesso percorso formativo e durante tale percorso si confrontano tra loro e con gli esperti. Per questo non esistono alternative, è necessario creare dei percorsi autonomi – siano essi lauree magistrali ad hoc (che come Scienze della Formazione Primaria coinvolgano anche personale scolastico), siano corsi di specializzazione post-laurea di durata almeno annuale – e progettarli considerando principalmente le necessità formative sostanziali dei futuri docenti piuttosto che stabilendo esclusivamente necessità formali (tipo l’acquisizione di crediti in determinati settori scientifico disciplinari, come se l’etichetta garantisse il contenuto) che da sole svuotano di qualsiasi senso e coerenza il percorso formativo.
E qui viene il secondo e più accorato appello a Voi, cara ministra, caro ministro: se, come penso, credete nell’importanza della formazione iniziale insegnanti, focalizzateVi principalmente sull’aspetto sostanziale formativo: create lauree magistrali per l’insegnamento o corsi di specializzazione ad hoc, dove ai futuri docenti siano offerti percorsi coerenti e integrati con riflessioni di didattiche disciplinari, di aspetti storico-epistemologici, di pedagogia, psicologia, antropologia e con un tirocinio co-progettato scuola-università.
Se invece la formazione iniziale degli insegnanti sostanziale di questo tipo Vi sembra una perdita di tempo, per favore lasciate tutto com’è, non gettate ulteriore sale sulla ferita di chi crede nella formazione iniziale, con riforme che immaginano percorsi fai da te che, credo sarei facile profeta, amplificherebbero tutto ciò di avvilente a cui abbiamo assistito anche per i 24 CFU. Per favore, se non credete nell’importanza della formazione iniziale per gli insegnanti, non perpetrate l’ipocrisia legislativa di istituire formalmente un percorso formativo, senza crearlo sostanzialmente. Penso che il modo peggiore per far entrare i futuri insegnanti nel mondo della scuola sia proprio farlo svilendo l’importanza della formazione e permettendo la ricerca di scorciatoie formative.
Mi scuserete se questa lettera è così diretta ed è diventata, mentre la buttavo giù, più lunga del previsto, ma si parla di uno dei temi a cui tengo di più e per il quale spero di non dover ricevere una ulteriore grande delusione. Come ho scritto, sono consapevole che anche tra i miei colleghi universitari, siano in diversi a non ritenere così importante la formazione iniziale degli insegnanti, alcuni la temono quasi, ma spero che siano molti di più, nel mondo dell’università, nel mondo della scuola, nel mondo politico e nella società civile tutta, a condividere i miei appelli e a firmare idealmente con me questa lettera.
Pietro Di Martino
Università di Pisa
Immagine di copertina creata by freepik – www.freepik.com
condivido la richiesta di una formazione iniziale degli insegnanti, precedente all’entrata in servizio, adeguatamente strutturata e con la dignità e la durata di un serio percorso universitario. La giudico una premessa ad uno sviluppo di carriera per chi scelga di dedicarsi all’insegnamento, con la possibilità di trovare diversificati sbocchi lavorativi sviluppando non solo occasionalmente le svariate competenze richieste per un degno funzionamento del sistema scolastico, e con possibilità di accesso non solo ancillare alla ricerca didattica. La giudico anche una garanzia perché si formino nuclei di persone esperte capaci di intervenire in modo efficace e serio per la formazione in servizio del personale docente.
Ringrazio Pietro Di Martino per la lettera così chiara e ben descrittiva dei problemi relativi alla formazione della Scuola Secondaria di primo e secondo grado. Spero che i ministri ascoltino una voce che viene dal mondo della scuola e che non si limitino invece ad ascoltare le voci di coloro che non conoscono a fondo il mondo della scuola. E’ stato già scritto inoltre che la formazione che valga la pena di seguire, perché l’unica che sia in grado di dare dei frutti, è quella permanente, strutturale… Quindi comunque la formazione
prevista nel corso di laurea o richiesta durante l’anno di prova è veramente poca cosa per affrontare il così grande compito dell’insegnamento. Se si comprende lo scopo, il ruolo dell’insegnante, è chiaro che niente è abbastanza. Aggiungo che la scuola secondaria di primo e secondo grado accoglie i ragazzi in uno dei periodi più delicati della loro crescita e chi li accoglie, può fare la differenza. Grazie anche alle sue competenze relativamente alla sua disciplina in primis, alla psicologia dell’apprendimento, alla relazionalità, alla possibilità di avere gruppi di lavoro finalizzati al confronto e alla ricerca.
Grazie a Pietro Di Martino per questa lettera. Sottolineo in particolare la frase
“[la formazione]…non può essere concepita senza immaginare un percorso coerente, unitario e sviluppato creando una comunità, un gruppo di persone che condividono gli stessi spazi, lo stesso percorso formativo e durante tale percorso si confrontano tra loro e con gli esperti.”
Sulla formazione degli insegnanti della scuola secondaria il nostro Paese negli ultimi anni non è stato fermo…ha fatti giganteschi passi indietro!
Esperienze importanti come le SSIS e i TFA, che pur nei limiti della precarietà costante che le ha caratterizzate hanno rappresentato un cambiamento significativo rispetto al passato, sono state chiuse da un giorno all’altro con la motivazione di forme alternative e migliori di formazione che non hanno mai visto la luce.
Il DL 17 ottobre 2005 n.227 prevedeva l’istituzione di lauree magistrali specifiche per l’insegnamento, in sostituzione delle SSIS e del TFA: nonostante il lavoro convulso delle università per predisporre le tabelle necessarie (richieste come al solito in tempi strettissimi dal Ministero) il progetto non ha avuto seguito.
Dieci anni dopo Il TFA fu soppresso con la legge sulla “buona scuola”, che prevedeva percorsi di Formazione, Inserimento e Tirocinio (FIT) mai realizzati. I FIT hanno lasciato solo l’eredità dei 24 CFU, banalizzati e diventati una certificazione facile da acquisire con scorciatoie discutibili.
Alla luce di tutto questo, concordo pienamente con Pietro Di Martino: se i cambiamenti devono essere di questo tipo… per favore, lasciate stare le cose così come sono! Possiamo almeno continuare a sperare che un giorno le cose possano veramente cambiare in meglio, e che anche il nostro Paese possa avere percorsi di formazione adeguati.
Ben venga questa lettera, sono più di 15 anni che parlo da sola circa l’incresciosa situazione scolastica, purtroppo, molti colleghi hanno avuto e continuano ad avere gli occhi bendati e il marcio non si vuole vedere. Mi dispiace che il coraggio di mettere nero su bianco sia giunto così in ritardo da fonti accademiche, più attente e determinanti in alcune circostanze più critiche, rispetto ai docenti di base. Concordo pienamente l’idea di:
create lauree magistrali per l’insegnamento o corsi di specializzazione ad hoc, dove ai futuri docenti siano offerti percorsi coerenti e integrati con riflessioni di didattiche disciplinari, di aspetti storico-epistemologici, di pedagogia, psicologia, antropologia e con un tirocinio co-progettato scuola-università.
In molti paesi europei, si sceglie se voler diventare “insegnante” prima del conseguimento della laurea, in modo da seguire un percorso ad hoc, biennale/o triennale, con tirocini opportuni, seri e molto impegnativi, Test psicologici e altro. Solo se si superano questi ostacoli sul campo, si potrà affermare di essere pronti a svolgere il mestiere di insegnante, diversamente, ognuno potrebbe accorgersi di essere pronto per fare altro ed indirizzarsi verso altri studi. Solo in Italia, il mestiere di insegnante è invece svolto come “ripiego” a qualcos’altro di diverso che ognuno aveva inizialmente programmato. Il fenomeno del ripiego si verifica, soprattutto, in Matematica; ecco che fioriscono “tuttologi” che si improvvisano docenti di matematica, è sufficiente un banalissimo esamino di matematica nel corso degli studi per ABILITARTI all’insegnamento. È increscioso a dirsi, ma la situazione è diventata così paradossale.
Allo stato attuale, diventa doverosa la formazione iniziale:
“Una formazione iniziale seria degli insegnanti deve essere sviluppata prima dell’immissione in ruolo, co-progettata e portata avanti assieme tra scuola e università”
Qui è necessario puntualizzare: la formazione iniziale seria, …..possibilmente, scegliendo con attenzione e oculatezza i docenti che devono intervenire nel progetto e di propendere per un dignitoso percorso di tirocinio a scuola, almeno annuale. Sarebbe necessario un monitoraggio continuo di tutti gli apparati che intervengono nel progetto, per garantirne l’effettiva validità su tutto il territorio nazionale. Evitiamo gli errori commessi con i precedenti corsi di formazione.
Sono totalmente d’accordo con l’accorato appello di Pietro ( magari sarebbe stato meglio cancellare alcuni errori di stampa prima di inviarlo)
se ci dice quali ci fa un favore (ormai non vediamo più nulla…). Grazie!
Sostengo le parole e le accorate richieste del Prof. De Martino per la formazione dei futuri insegnanti e aggiungo che anche la mancanza di obbligo di aggiornamento in itinere potrebbe incancrenire metodi obsoleti di insegnamento.
Vorrei poter firmare questo accorato appello, anche se in questi tempi c’è un eccesso di appelli da firmare, perché come docente di scuola secondaria superiore che ha lavorato per 10 anni nella SSIS ho visto concretamente quanto possono essere positivi gli effetti di un “percorso serio” di formazione degli insegnanti.
Ora si può! https://chng.it/HFP9WNtycL
Grazie a Pietro Di Martino per questo accorato appello condivisibile nella sostanza e in ogni suo dettaglio