Il geniale matematico Renato Caccioppoli (1904-1959) era anche ateo e fortemente anticlericale. Tuttavia il suo assistente all’Università di Napoli – nonché suo caro amico – era un sacerdote, e si chiamava don Savino Coronato. Un giorno, durante un esame di Analisi, don Savino scrisse alla lavagna una complicata equazione differenziale ordinaria e assegnò allo studente il compito di risolverla. Purtroppo, il poveretto non riuscì a portare a termine la richiesta e non passò l’esame. Il giovane non fu però vittima della sua scarsa preparazione ma di un altro piccolo problema: l’equazione differenziale scritta da don Savino non era affatto risolvibile in termini elementari. Caccioppoli, ovviamente, se n’era accorto da subito ma sulle prime preferì non dire nulla, perfettamente in linea col suo spirito goliardico. Al termine degli esami, quando tutti gli studenti se ne furono andati, rimasto solo in aula con don Savino, Caccioppoli gli si avvicinò e, con tono beffardo, gli disse: “Savi’, ci sono solo due ragazzi che possono risolvere l’equazione che hai scritto: io e il tuo capo”.
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